Tutti giù per terra - Parte III

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Lucas s'era avventato sul ladro tatuato e gli aveva sferrato un gancio in bocca, che ben aveva fatto sperare per il decorso della zuffa.

Nella caduta, la pistola era slittata fuori dai pantaloni di Carl, ma troppo lontana da tutti per agguantarla. Il complice, che tanto beota non doveva essere, aveva subito letto la situazione e aveva spinto la propria arma più a fondo nel collo del cassiere, stroncando sul nascere ogni nostra illazione di agire.

Smaltito l'iniziale disorientamento, Carl s'era rialzato, s'era calato la bandana sotto al mento per cacciare uno sputo e per ostentare uno sfavillante sorriso 24 carati da Stregatto gansta; si sgranchì le dita e, in postura da combattimento, accennò Lucas di farsi avanti, di nuovo.

Quest'uomo ha gli occhi cattivi. Nella mia testa, fu la vocina di mia sorella Holly quando era ancora bambina, a suggerirmi quel pensiero. Né il grillz d'oro, né i tatuaggi rendevano Carl un vero duro, bensì gli occhi neri e spiritati di chi passava le giornate a scalare i gironi dell'inferno, il suo personale inferno, interiore, esteriore, qualunque esso fosse.

Tuttavia, colui che ama, non ha paura. Lucas non era intimorito dalle tenebre negli occhi o dalle fiamme dell'inferno, perché Max era sacra quanto la vita e se di vite lui ne avesse avuto cento, gliele avrebbe donate tutte.

Lucas lottava, si dimenava, pugno su pugno, di destro, di sinistro, incassava e rispondeva finché la disparità di forze divenne incontrovertibile. Le nocche fendevano la carne e impattavano sugli zigomi, sulla mascella, sulle arcate sopraccigliari, e su tutto ciò che era possibile colpire nel viso di una persona.

Al quinto scrocchio d'ossa, lo sguardo mi crollò sul pavimento, imbrattato di sangue e caramelle spiaccicate, ironicamente, il dolce e l'amaro, antipodi convoluti nella medesima pasta dell'esistenza.

Carl deturpava senza pietà i connotati del povero ragazzo davanti a noi belle statuine, e gli strilli, gli improperi di Max scrosciavano in un bagno di lacrime in cui desiderava affogare. Max non piangeva mai, così mi aveva detto. Anche quando aveva appreso che i suoi genitori stavano divorziando, non una stilla.

Jane serrò gli occhi, le spalle crucciate a volersi rannicchiare e nascondersi dal resto del mondo. Se quella violenza non aveva alcun senso, ancor di meno ne aveva il suo immobilismo.

Come riusciva a sopportare un minuto oltre, che lo stesso ragazzo per il quale lei s'era dannata l'anima il giorno prima a causa di un bacio galeotto, fosse lasciato al macello? Forse non le importava abbastanza? Forse non le importava di nessuno?

«Devi sempre urlare, Zoomer? Vedrai, andrà tutto bene.» sibilò Lucas sorridendo, ed esalò un respiro lunghissimo e affannoso. Lo sforzo che sostenne per compiere quel gesto...

Un'ondata, la sentii distintamente, travolgermi sotto l'epidermide e cancellare orme di farneticazioni che avevo piantato per seguire un sentiero di comprensione. Scattai verso Jane e senza mezzi termini imputai: «Ce l'avrai tutto tu sulla coscienza!»

Max si frappose tra me e lei, mi spintonò all'indietro per rimettermi al mio posto e farmi calmare, o almeno provarci, perché lo scagnozzo alto s'era indispettito.

«JJ muovi le chiappe, Carl sta quasi per ammazzare qualcuno!», lo stangone sollecitò il terzo furfante della banda, la mano gli tremava pigiando il telefono, ma lo stridio di una sgommata fuori al parcheggio la fece smettere all'istante.

Jane continuava a guardarmi con terrore e sconcerto; doveva guardare Lucas invece, lì ormai sulle ginocchia, dalle labbra gli colava un filo di saliva, e Carl era in preda a una trance psicotica, pronto a caricare il colpo di grazia.

Mi piazzai di fronte a Max per coprirle la visuale. Lei no, lei non doveva vedere.

Poi tutto cominciò a vibrare: gli scaffali, gli oggetti, le pareti, il pavimento e persino noi. I peli delle braccia si drizzarono come stuzzicadenti e le fascette attorno ai polsi si allentarono autonomamente. 

Dal nulla, si creò una corrente magnetica che investì con tale irruenza il ladro tatuato da farlo schiantare contro il muro.

«Che ca-» l'amico di Carl non poté finire la frase poiché la pistola gli fu strappata dalla mano e fatta volare via in un angolo del locale.

Finalmente, Jane.

Mi gettai sullo spilungone e lo atterrai, dando modo al cassiere di fuggire e chiamare gli sbirri. Diedi un paio di cazzotti, che a dir la verità gli fecero solo il solletico, volevo tenerlo occupato mentre Jane se la sbrigava col terzo componente della gang appena entrato.

La polizia non si aspettava di trovare uno scenario del genere: tre criminali imbavagliati e ammanettati, due dei quali messi totalmente al tappeto e l'altro insisteva a fargli credere che era stata la minuta fanciulla dai capelli castani a generare il pandemonio.

«Siamo ragazzi pieni di risorse!» Conclusi la mia dichiarazione all'agente, che annotò ogni parola sul taccuino con aria perplessa. Comunque, tutti noi avevamo fornito la stessa versione dei fatti, compreso il cassiere, al quale avevamo caldamente raccomandato di tacere per sempre sulla vicenda.

Nonostante la rottura del setto nasale, al nostro Ranger sarebbe potuta andare molto peggio, date le ingenti percosse ricevute. Quel ragazzo aveva la scorza dura.

Anch'io me l'ero cavata; avevo solo un cerotto sul sopracciglio e le nocche delle dita bendate. Raggiunsi Jane, che se ne stava silenziosa in disparte ad osservare la sua migliore amica e il proprio fidanzato nell'ambulanza.

«Non vai da Lucas?» le chiesi, indeciso su cosa farmene delle mie braccia.

«No, non ce n'è bisogno. Non pensi?» replicò lei, in tono amareggiato.

Max non aveva mollato la mano di Lucas per un secondo, nemmeno mentre i paramedici lo medicavano. Strinsi quella di Jane e col pollice della mia le levai la macchia di sangue secco sotto il naso. 

Mi sorrise con la consueta timidezza. Quanto mi era mancato il suo sorriso nelle ultime ore.

«Quindi tu lo sapevi.» tuonò la voce inasprita della giovane rossa alle mie spalle. «Non so che diavolo...Che diavolo ho visto oggi, e ne parlerò in privato con Jane, però so che non voglio più vederti, Mike.»

Max tornò da Lucas, salì a bordo dell'ambulanza che insieme li avrebbe portati all'ospedale.

«Ti accompagno a casa.» disse Jane prendendomi la mano.


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Salve mie/miei cari lettrici/lettori!

E' passato un bel po' di tempo, ma son riuscita a pubblicare il nuovo capitolo entro Settembre!

Sarò breve perché sono stanchissima!

Mi auguro che stiate tutti bene, e soprattutto un in bocca al lupo ai ragazzi/ragazze che hanno ricominciato la scuola! 

Come sempre ringrazio i fedeli lettori/lettrici che ancora seguono la storia, e mi raccomando non mollate poiché la porterò a termine! Mi farebbe piacere se anche coloro che salvano questo racconto nella loro liste di lettura, lasciassero un commento o una stellina, sarebbero di gran supporto!

Un abbraccio

Minerva

L'ultimo treno | MilevenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora