Capitolo 1: Un ritiro indimenticabile

1.1K 30 7
                                    

Una giornata iniziata con coraggio richiede altrettanta pazienza. Nazli ha occupato la mia mente completamente ma ora che tutto sta tornando in equilibrio, ritorna anche la lucidità mentale. Ho una questione che preme sulle mie spalle come una spada di Damocle sul collo di un cavaliere. Quest'ansia ha un volto, un corpo, un nome: Deniz. Solo ora metto insieme i pezzi del suo comportamento e del suo parlare. Solo ora mi rendo conto di quanto è cambiato il suo rapporto nei mei confronti. Non è più gelosia per Nazli, ma morbosità di sapere, di scavare nelle viscere del nostro rapporto alla ricerca di una verità che non troverà mai, perché sua e non nostra. Deniz mi ha dichiarato guerra apertamente, ma la posta in gioco non è solo Nazli. La rabbia, l'invidia come serpenti lo hanno incatenato al palo. Morso, al pari di un vampiro non desidera altro che mordermi e dissanguarmi lentamente. Una lenta agonia, uno sfinimento che oltre alle membra logora la mia mente. Demet e Hakan hanno trovato un varco nella sua testa e poi nel suo cuore. Nazli il crivello con cui pertugiare l'anima di Deniz per insinuare il loro veleno. Le vene sono ormai gonfie di quella linfa malefica. È evidente. Ma d'altro canto non so come fare. Per quanto mi infastidisca, Deniz è come un fratello per me. Gli voglio bene. Suo padre lo ha affidato a me e a Demir. Certo...la sua stabilità mentale è sempre stata al limite della follia, ma ora...ora è troppo. Il suo modo di fare rischia di consegnare la società nelle mani di Demet e Hakan e questo solo per farmi male. Il possesso di Nazli, ammesso che si possa parlare di lei in questi termini, non lo avrà mai. Ma l'azienda? Beh...quella sì. Devo arginare i danni a tutti i costi. Parlare ancora con lui è inutile. Mi vede come il rivale e ora che Nazli non lavora più da me, si sentirà nel giusto e farà anche peggio. Deniz sta diventando una spina nel fianco per la Pusula...mi spiace dirlo, ma va messo al suo posto. Sento ribollire di nuovo il sangue, lo sento fluire libero come un tempo. Il leone è tornato e non permetterà a nessuno di siglare al suo posto il successo dell'azienda. La sensazione di padronanza di sé in questo momento è qualcosa di indescrivibile. Gli occhi ora vedono di nuovo tutto limpidamente. Davvero l'amore può diventare la follia degli stolti. Ci sono andato vicino. Solo ora mi rendo conto della fame ingorda con cui ho divorato me stesso soggiogandomi al piacere. Quel lupo pronto a sbrandellare il mio essere per appagare se stesso sembra ora così lontano. Eppure...ogni tanto sento ancora riecheggiare il suo ululato. Fa parte di me e non posso ucciderlo. Tenerlo alle catene sì! La pulizia del ponte è finita, Nazli si è volatilizzata dalla mia vista come la nebbia d'estate e i miei pensieri sono tornati a farmi compagnia, uno per uno. Mi mancava la familiarità con cui prendo a calci la mia pazienza nei momenti di tensione. Il fatto che riesca a sorridere ancora di me è buon segno. Credo che aver lasciato libera Nazli sia stata la cosa più giusta. Me ne pentirò sicuramente in seguito, sanguinerò ancora e il lupo che è in me difficilmente mi lascerà in pace, ma dovevo farlo per lei e per me. Il tempo di prepararmi e vado in azienda. La voglia di fare mi assale, mai come in questo momento il lavoro mi rende felice. L'arrivo inaspettato di Tarik frena però il mio entusiasmo. Il suo volto non preannuncia niente di buono. La novità riguarda Nazli. Il suo nome basta a riappiccare l'incendio. Ha acquistato un ristorante con una donna orientale. Questo spiega il motivo per cui si è licenziata da me. Dovrei essere felice perché non c'entra Deniz nella sua scelta e invece non lo sono. Prima di tutto perché non credo sia questo il vero motivo e poi perché...perché...mi pesa anche solo pensarlo. Perché non me lo ha detto? Perché mi ha tenuto nascosto l'acquisto? Paura? Se sì, di chi e di cosa? Un dolore cupo mi afferra e mi spezza il cuore. Una stretta potente che ha lo stesso effetto del tornio sugli acini di uva. Goccia dopo goccia, sento il mio sangue sgocciolare. Mai mi sono sentito così male. Un misto di rabbia e delusione e poi...quel sentirmi inutile, solo, inconsistente. Ecco la verità...io non sono nessuno per Nazli. Mi ha messo sullo stesso piano di un estraneo. Io sono fuori dalla sua vita. Ora ne ho la certezza. Ferito nell'orgoglio e mortificato nell'amor proprio, raccolgo la coda e incasso la sconfitta, tra le più cocenti della mia vita. Altro che assedio, altro che cittadella conquistata! Io sono deserto per Nazli. Ma per farmi più male, o forse per porre definitivamente fine alla storia, voglio che mi dica lei come stanno le cose e il perché non me l'abbia detto. Certo, rischio di sembrare invadente, ma il leone merita di avere il giusto riscontro anche sul punto di morte. La mia ira monta in furore man mano che mi avvicino al locale. Devo calmarmi. Devo raccogliere tutta la mia pazienza per tenere a freno la bestia in me. Le mani bruciano. Gli occhi vorrebbero aprire il varco alle lacrime ma...non le darò questa soddisfazione. La ritrovo immersa nei suoi sogni. È bella, terribilmente bella. Cerco di mantenere un atteggiamento serio, stizzoso addirittura, ma i miei occhi ancora una volta mi tradiscono. La dolcezza che sperimento ogni volta che mi trovo a sfiorare anche solo con il mio fiato il suo viso, mi spiazza. Recupero coraggio e le chiedo il perché di tanto mistero. Nazli, pungolata, esplode sottolineando tutta la sua voglia di indipendenza. È fiera, testarda, orgogliosa, agguerrita. È la mia Nazli, la donna che amo proprio perché è fatta così. Fremo di piacere nel vederla ergersi in tutta la sua femminilità. Piccola eppure così gigantesca. Fatico a tenere le braccia abbassate, mentre in realtà vorrei stringerla e gridarle quanto io ami questo suo modo di essere. Mi rende orgoglioso perché mi tiene testa. Si misura con la mia anima e più ancora con la mia mente. I suoi occhi sono scintille vive mentre le sue gote si tingono di fuoco. Le labbra si schiudono e non rivendicano solo indipendenza ma anche il possesso...sì...il possesso di me. Sono pazzo di lei ma ammettere di non avere nessun potere sulla donna che amo non è cosa facile. Io che vorrei proteggerla sotto le mie ali, mi ritrovo innamorato di una rondine che non conosce limiti alla propria libertà. Nazli è viva e mi rende vivo. Il leone abbassa il capo, scuote la criniera e sperimenta anch'esso l'amarezza di un trono che deve essere condiviso. Un ululato freddo si eleva nel mattino assolato dell'anima. Il lupo fa ritorno ma questa volta le sue fauci sono ben assestate. Si acquatta aspettando il momento propizio per azzannarmi nuovamente. Nazli senza esitazione mi rimette a posto. Mi ha escluso con piena consapevolezza. Anzi, ha escluso tutti, Deniz compreso...magra consolazione, ma almeno so che lui non ha guadagnato terreno in questa situazione. La mia mente comprende perfettamente la volontà e la linea di condotta di Nazli. Il mio cuore no. Alla fine ci somigliamo più di quanto immaginiamo. Quando la guardo, non posso evitare di innamorarmi perdutamente del particolare di turno. Imparo ad amarne volta per volta un pezzo e poi torno ad amarla tutta. Percorro le infinite autostrade del piacere per poi ripiombare nell'abisso dell'insoddisfazione. Mi prende e mi lascia come e quando vuole lei e io non ho alcun potere su di me. E dire che fino a pochi minuti prima ero pieno di orgoglio per essere rinsavito. Ferit Aslan...di nuovo ko. Ma ora è arrivato il momento di tremare. Perché la strada intrapresa prima di venire qua esige un pedaggio al capolinea. Accetto tutto, anche la sua voglia di indipendenza...ma è davvero questo il motivo di tanto mistero? Eh, già...perché tenere nascosto un sogno finché non si realizza a pieno ci può anche stare ma, posso davvero dormire sicuro perché ad oggi la mia signora non mi ha nascosto altro? Nazli è stata davvero sincera e leale con me sempre? Perché, ripeto, tutto questo può anche passare ma...il suo silenzio davanti a queste domande mi fanno crollare. Tutto ciò che temevo diventa realtà. Il locale è solo la punta di un iceberg. Nazli mi ha nascosto altro ed è in questo "altro" la vera motivazione del suo licenziarsi da me. Vedo i suoi occhi spegnersi. Si chinano. Non è più in grado di fronteggiarmi. Neanche io riesco a reggere la battaglia. La delusione è grande. Andare via è la cosa migliore. La lascio alle mie spalle e questa volta mi porto dietro con la forza la mia anima. In fondo non è più tempo di dormire sullo zerbino di casa di Nazli. La macchina sfreccia sull'asfalto. La velocità ingoia il tempo. Resto in attesa di una frenata che mi riporti alla normalità. La mia mente sembra impazzita, ma è il cuore il vero folle. Lo sento battere forte, salire in gola e oltrepassare ogni umano limite. L'idea di essere stato messo alla porta dalla donna che amo diventa ossessione, tragica ossessione. Dentro di me continuo a ripetermi che è finita, ma più lo dico e più ogni singola lettera di quella frase si imprime sulla mia pelle. Un marchio indelebile, che richiama arcane e macabre usanze. Dopo la follia, l'agonia...lenta, dolorosa, inesorabile. Sfioro con la mente i ricordi, accarezzo con il cuore i momenti passati con lei...tutto finito. Forse, e questa è la cosa più dolorosa, per Nazli non è mai iniziato. L'amore è fidarsi, rendere partecipe l'altro...almeno così lo descrivono tutti nei romanzi, nelle cartoline augurali. Se l'amore è questo e io non ho avuto riscontro di ciò, vuol dire che quello che ho vissuto è stata solo una volgare imitazione di esso. A questo pensiero, sento il sangue ribollire e tornare a fluire nuovamente nelle vene. Il leone si spulcia le zampe, affila gli artigli, restando guardingo sul trono faticosamente riconquistato. Da lontano sento i lamenti sempre più flebili della bestia che mi ha riempito lo stomaco negli ultimi mesi. Messo alle strette, il lupo si è rifugiato sotto la spessa coltre di ghiaccio. Torna il freddo. Torna l'inverno. Man mano che mi avvicino all'azienda, il pensiero di Nazli sembra offuscarsi. La mente si affolla di mille sagome che danzano in modo tribale intorno al fuoco. Riconosco appena alcuni volti, cerco di focalizzarli e di ricollocarli ognuno al proprio posto. Fatica immane ma necessaria perché per un po' è servita a tenere lontano la figura di Nazli. Entro in azienda e mi sembra di varcare l'ennesimo girone infernale. La superbia, l'arroganza e la vanagloria di Demet e Hakan mi danno alla nausea. Eppure, riesco a sopportare anche questo oggi. Demet mi porta il resoconto del suo lavoro e devo riconoscere che non è male il lavoro fatto, ma se l'esperienza non mi inganna, ad ogni buona azione corrisponde in lei una richiesta che non ha nulla di buono in sé. E in effetti, l'impressione diventa realtà e questa trova le sembianze di una velatissima ma palese minaccia. Demet rivendica il suo ruolo in azienda e sottolinea la sua vicinanza a Deniz...Deniz, Santo Cielo! Un nome, una garanzia di suscettibilità mista a follia. Il pericolo è diventato tangibile. Demet e Deniz insieme sono una bomba per l'azienda. Il rischio di vedere in fumo tutti gli sforzi di una vita mi fa trasalire. Non posso permettere che il mio mondo crolli in un solo colpo. In un attimo scorrono davanti agli occhi della mia mente i momenti di una vita. Il ricordo di mio padre mi commuove. E Bulut? Il mio leoncino...non posso mollare ora. Lo devo a loro, ma lo devo anche a me stesso. Ferit Aslan non può lasciarsi affondare in questo modo. Stringere i denti, ricucire gli strappi dell'anima, rattoppare la pelle sfilacciata, recuperare l'anima nella sua dimensione reale. Ecco cosa fare! Ferit, non puoi farti sopraffare dallo sconforto. Non è a questo che sei stato abituato. Con una sterzata e non senza dolore, il leone che è in me si rialza, ruggisce prima flebilmente e poi con sempre maggiore forza. Il mondo intorno a me mi appartiene e resterà mio. Demet e Hakan non mi strapperanno nulla, nemmeno Deniz. Con questa convinzione raggiungo Deniz al suo locale. Domani c'è un'importante riunione a Sapanca, ci saranno tutti e la nostra azienda sarà al centro dell'attenzione. Il posto è bellissimo e forse passare un po' di tempo insieme farà bene a entrambi. Con in cuore un barlume di speranza, chiedo a Deniz se vuole accompagnarmi. La risposta è negativa e non avevo dubbi su essa, ma quello che mi sconvolge è il muro che Deniz alza tra me e lui. Nazli questa volta non c'entra. Il veleno di Demet e Hakan serpeggia ormai nelle vene di Deniz, gonfia le sue arterie, nutre le sue parole impastandole di sfida, arroganza e tracotanza. Inutile insistere. L'evidenza dei fatti non lascia adito a diverse interpretazioni. Ritiro la coda, in attesa della prossima mossa. Scende la sera e le ombre iniziano a danzare intorno ai lampioni. La gente si rifugia nelle case alla ricerca di quella intimità che rende sopportabile l'insopportabile. La solitudine, compagna delle mie notti folli, stringe le sue fauci intorno al mio cuore e io, per la prima volta, la tradisco.  Con la proposta di una ritrovata e intima tranquillità essa mi seduce, ma l'anima avvezza ormai alla presenza di Nazli, aborrisce ogni forma di compromesso con l'uomo che ero e trova appagamento solo in ciò che sono diventato. È come essersi tolto un abito che le circostanze avevano imposto di indossare, ma che ora non va più bene. Immerso nei mei pensieri, non mi accorgo che i miei piedi e le mie mani hanno guidato la macchina al ristorante di Kadir. Il nostro ristorante. Mai dimenticherò la gioia provata nello stringere a me Nazli. Una serata indimenticabile, i cui segni sono ancora ben visibili sulla scorza dell'anima. Nazli meravigliosamente donna e io straordinariamente uomo. Kadir mi accoglie con la solita disponibilità. Il mio posto è lo stesso ormai da allora. Vengo spesso a cenare qua perché la vista del mare di sera mi riporta alla calma. I pensieri si distendono e come i gatti, padroni indiscussi del locale, si leccano il pelo, così il leone che è in me si rassetta la criniera. Il cibo, poi, una squisitezza che merita di essere assaporata almeno una volta nella vita. Seduto al tavolo come al bancone della vita, chiacchiero con il mio silenzio. È strano constatare l'abilità che la mente dell'uomo ha nell'adattare il flusso dei pensieri alle circostanze. Lo sciabordare del mare, si riproduce su di me e dentro sento quell'eterno e insistente andare e venire dell'onda sulla battigia. Ogni pensiero si abbatte sulla spiaggia dell'anima per poi ritirarsi, risucchiato dall'abisso dell'incertezza. Un dolore che ulula e che almeno per ora non può trovare pace. Assaporare il cibo di Kadir resta un piacere esclusivo del palato. Improvvisamente, però, una voce, un profumo, un richiamo. Nazli è qui. La mia non è supposizione ma certezza. Dentro di me, strattonata al richiamo di una stanza sì cara, fatico a tenere ferma la mia anima. Troppo forte il richiamo dell'anima di lei. Eppure...anche se solo per un attimo, ho sentito soffermarsi sulla soglia della mia, l'anima di Nazli. Una sensazione flebile ma così viva da far perdere la testa. Mi alzo per salutare la mia guerriera e le sue amiche. C'è aria di festa e non mi va di affossare gli umori. Il desiderio di poterla avere anche solo per un attimo tutta per me fa capolino, ma l'orgoglio, ancora fortemente ferito, abbassa le serrande impedendo ogni fuoriuscita. Seduto sul suo trono, faticosamente conquistato, il leone sgrana gli occhi e affila le unghia. Sa bene che si avvicina una dura e tormentata battaglia. Porgere la mano e salutare Nazli mi fa sentire un perdente. È come ammettere di aver fallito, di non aver capito nulla e di aver perso tempo. La disillusione che provo in questo momento è pari alla vergogna di un crociato che crede di avere il Sacro Graal in mano e invece ha una coppa delle più economiche. Il nulla rende la mia mente furiosa. Non sono abituato alla sconfitta né tanto meno all'inconcludenza. Eppure...questo è. Lascio andare Nazli e torno a sedere con la mia solitudine. Ma davanti ai miei occhi i suoi, aperti sì ma silenziosi. Per la prima volta quegli occhi non mi hanno parlato. O forse sono io a non saperne più decifrare il linguaggio. Forse è così. La sconfitta rende confuso e incerto tutto e davanti a ciò, come in una sorta di autodifesa, i sensi si chiudono e nulla più si percepisce. Questo mi fa stare anche peggio, perché io voglio percepire, voglio sentire...l'assenza di lei mi dilania il petto. Seduto, cerco di fare l'indifferente, ma le mie mani tradiscono il desiderio di dare importanza a Nazli. Correrei da lei, la afferrerei per non lasciarla andare mai più, ma può un uomo imporre la sua volontà in modo così schiacciante su una donna? Certo che no! A maggior ragione se l'uomo in questione è Ferit Aslan. Non mi resta da fare altro che finire la cena e andare via, senza dare troppo nell'occhio. Un buon proposito sicuramente che però non trova accoglimento da parte del destino, perché maledettamente imbarazzata Nazli si presenta al mio cospetto invitandomi a sedere con lei e le sue amiche. Certo, è solo buona educazione la sua, sapendo che non potrei mai fare una cosa del genere. Ma il modo in cui muove la testa e le sue mani freneticamente agitate mi fanno trasalire. Rigetto l'invito e quasi di getto le chiedo se vuole invece lei sedere con me. Impacciata e addirittura timida, Nazli si siede. Ora siamo uno di fronte all'altra. I suoi occhi mi scrutano e io li lascio percorrere l'infinita distanza che ci separa. Un piacere inaspettato mi pervade le membra. Lei è là in attesa di un mio cenno. Inaspettato giunge questo suo tentativo di riavvicinamento e il mio orgoglio non può che rimpinzarsi. Indeciso se svuotare la mia delusione o restare in silenzio, in perfetto stile Ferit Aslan, opto per la seconda modalità. Il silenzio punzecchia l'anima di Nazli ma soprattutto la sua mente...lo so bene e infatti la reazione non tarda a venire. "Signor Ferit, io..." sentire il mio nome, vederlo uscire sfiorando col fiato le sue labbra, mi fa inarcare la schiena, percorsa da un brivido di caldo piacere. La lascio parlare ed è bellissimo vederla tessere un discorso di scuse senza tralasciare la relativa giustificazione. Nazli siede davanti a me come la bimba che ha fatto una birbantata e cerca di attenuare la portata della cosa con il famoso "te lo avevo detto". Stupenda la mia "bambina" con gli occhi bassi e quei capelli fluenti che le incorniciano il volto. Come vorrei accarezzarla e rassicurarla. Il mio amore per lei ne esce ferito ma non annullato. Se pensa che io mi arrenda, si sbaglia. Lei è mia! Niente e nessuno mi porterà via Nazli, ma...ora è giusto che anche lei sperimenti il crogiolo dell'angoscia. Sa di aver sbagliato, altrimenti non farebbe mai il passo di riavvicinamento. Quasi solleticato da un insolito piacere, il mio orgoglio scuote la criniera leonina e affonda gli artigli nella carne di lei. Ammettere la mia delusione e sottolineare la mia scelta di indifferenza la feriscono...è evidente. Ingoia a vuoto e gli occhi tremano. Ma per quanto io mi sforzi, il cuore non regge davanti alla sua sofferenza. Per la prima volta vedo Nazli dispiaciuta, triste e la cosa mi fa trasalire. Ma questa fase è necessaria anche per lei. E' giusto che anche lei sperimenti il vuoto, la mancanza, l'assenza per fare chiarezza prima in se stessa e poi con me. Stretto in una morsa dolorosa, stringo con le mie chele la morbida carne della sua anima. Se la strada intrapresa è giusta, meglio bere il calice fino in fondo. Spietato negli occhi e nelle parole, mi alzo dal tavolo e, voltandole le spalle, vado via. Nazli, se solo sapessi quanto dolorosamente mi strappo via da te, piangeresti di gioia e non di delusione. La notte vola animata dai mille pensieri che ormai affollano la mia mente come le vie dei mercati paesani. C'è svendita totale di sentimenti. Felicità alle stelle, serenità in saldi e dolore sottocosto, tutto rigorosamente siglato dai miei artigli. In ogni modo la luce del giorno fuga il lavoro mercantile e mi restituisce al mio mondo usuale. C'è da organizzare la riunione a Sapanca. Ci sarà anche il signor Nakatani e devo essere in perfetta forma. Mattiniero, metto piede in azienda, dove il da fare è sempre tanto. Per un bel pezzo della mattina la mia mente è presa da altro, ma la vita è una giostra senza fine e per l'ennesima volta mi fa salire sul suo carrozzone senza volerlo. Nazli è di nuovo davanti ai miei occhi. Questa volta la vedo più determinata. Il signor Nakatani la blocca e le propone di venire in ritiro con noi, per far compagnia alla moglie. Inutilmente cerco di dissuaderlo e di tenere a bada la mia gatta, che stamattina sembra aver strigliato il pelo e limato le unghia. Cerco di smorzare ogni tentativo di coinvolgimento, ma tra i due la mia parola vale zero. Vince lei o più ancora la lascio vincere. Nazli a Sapanca...si prospetta un ritiro molto impegnativo. Dentro di me una gioia improvvisa e un ululato che riecheggia da lontano fa trasalire l'anima. Avrò Nazli per me. E torna a farsi strada l'antica dolcezza di un cuore che torna a battere e forse a sperare. Il pomeriggio trascorre sereno all'insegna della determinazione. La Pusula è un'azienda seria e consolidata e capace di ergersi a leader nel settore delle costruzioni. Questo mi riempie di orgoglio, perché il lavoro mio e dei soci e dei fondatori oggi è sotto gli occhi del mondo in una vetrina di tutto rispetto. Il pensiero di Nazli mi ha sfiorato la mente ma non troppo da offuscarne la lucidità. Il mio leone si destreggia ancora bene. Poi, improvvisamente il solito ululato. Il lupo fa capolino e non c'è niente che possa tenerlo lontano da me, soprattutto se sente l'odore di Nazli. Un suo improvviso spalancamento delle fauci mi fa tremare. Nazli mi ha raggiunto nella sala da biliardo. È sensuale e anche determinata a provocarmi. Questa cosa mi eccita. Un po' di battute, scambiate con la solita acidità di chi ha ferito ma si sente vittima, trasformano Nazli in un piatto appetibile per il mio ego. La voglio e c'è poco da fare. La scommessa di non riuscire a fare buca diventa un'occasione ghiotta per il lupo affamato che è in me. A nulla servono le sgraffiate del leone che cerca di tenere testa per non perdere il suo trono. Ruggisce il mio orgoglioso signore al sopraggiungere dell'infame lupo, ma ogni tentativo si infrange contro le mura del piacere quando mi ritrovo Nazli tra le braccia. Insegnarle come mantenere e gestire la stecca del biliardo mi porta incredibilmente addosso a lei. Il suo profumo penetra nei pori della mia pelle che tutta si dilata e in me scatena una bufera di sensazioni indescrivibile. Le mie mani si sovrappongono alle sue, il mio petto si spalanca per accogliere il suo corpo. Tutto il mio essere uomo freme allo sfiorare di così delicata femminilità. Il tempo si ferma in un abbraccio eterno che vale più di mille amplessi. Il piacere pervade entrambi. Sento il corpo di Nazli irrigidirsi per poi abbandonarsi quasi come seta sul mio. Il pudore di entrambi impedisce ogni ulteriore passo. Ma questo solo fisicamente perchè dentro di noi nulla più ci appartiene. Le sono addosso ma nella realtà è lei a incombere su di me. I nostri volti incredibilmente vicini, socchiudono le nostre labbra gonfie di passione. Il mio fiato si posa delicatamente sulle gote di lei, le accarezza per poi lambire la sua bocca. Nulla di più bello che sentire la pelle attrarre l'altra pelle. Per paura ma anche per usuale dispetto, Nazli si svincola. Vuole fare da sola. La sua voglia di indipendenza, la sua orgogliosa femminilità esplode in una presa di possesso di sé potente. Fiera, la mia leonessa affronta la gara...vince e i conti tornano pari. Un pegno ciascuno e la promessa di una serata che resterà indimenticabile per entrambi. La vedo allontanarsi gongolando della sua vittoria, ma questa volta non sono io a seguirla con l'anima...è la sua ad essere rimasta magicamente avvinghiata alla mia, qui dentro al mio cuore, in bocca a quel lupo tanto esecrato ma così fortemente protettivo di tutto ciò che gli appartiene. Terminata la partita a biliardo, non mi resta che andare in camera. Questo hotel è meraviglioso. Le stanze sono lussuose e non vedo l'ora di rinfrancare il mio corpo con un bel bagno caldo. Entrando in camera i sensi si acuiscono in modo strano rilevando tracce di una presenza non del tutto nuova. Il letto disfatto mi lascia perplesso ma la stanchezza non mi fa porre troppe domande, per cui, sfilata la camicia, entro in bagno. I miei occhi restano increduli. Se il destino fosse un folletto, direi che è uno di quei gnomi che si divertono a fare dispetti...e che dispetti! Nuda, immersa in una nuvola di schiuma nella mia vasca c'è Nazli. Lo stupore iniziale cede il posto all'imbarazzo. Le urla di Nazli mi fanno sgattaiolare fuori dal bagno come il topo al sopraggiungere del topo. Imbarazzante situazione ma mirabile visione. Non so se essere divertito o eccitato, nell'incertezza mi porto lontano dalla mia stanza, in attesa di una "libera". La vicenda sa di surreale. La casualità, però, con cui le nostre vite scendono spesso in battaglia mi fa pensare. Trame silenziose che noi ignoriamo ma che un abile tessitore lassù sa bene come e quando intrecciare. La serata si prospetta interessante. La coppia giapponese è per i fatti suoi e io e Nazli ci ritroviamo uno affianco all'altra. Sorrido divertito per quanto accaduto, Nazli invece è ancora molto imbarazzata. Per un po' la mia mente torna a fantasticare sul candore della pelle di lei e sul piacere che in poche battute di tempo ha percorso tutte le mie membra. Corde tese di un violino che non aspettano altro che produrre quella melodia dei sensi per cui sono state create. Perso, ma non troppo, voglio assaporare a pieno la vicinanza di Nazli, che dal canto suo reclama il suo pegno. Cedo alle dolci sollecitazioni di Nazli. Stasera è così dolce, come avessi di nuovo la mia donna. Dentro di me riemerge la certezza che era tutto vero quello che avevamo vissuto. Ma con essa torna il tarlo del perché del suo allontanamento. Stasera, però, non è giusto farsi domande. Stasera bisogna godere appieno della vicinanza e dell'affiatamento ritrovato. Con una dolce determinazione, Nazli mi prende quasi per mano. Seguo il suo corpo che si svincola dal mio per poi tornare tra le braccia dell'anima che, sempre più assetata, la segue. Una dolce e persistente dipendenza che mi rende succube della più bella delle carnefici. Con fare ammaliante, Nazli mi seduce, mi avvolge, mi irretisce. Non riesco ad opporre nessuna resistenza, nemmeno quando, come pegno della scommessa, mi chiede di suonare il pianoforte. La vergogna di non essere all'altezza rende incerte le dita, ma sentire la mia donna al mio fianco mi fa osare. Percorro la tastiera del pianoforte con la stessa delicatezza con cui percorrerei il suo corpo, sfiorando appena i suoi fianchi per impossessarmi della sua essenza senza esitazione. Le note fuoriescono come onde di un oceano immenso, quello dell'uomo Ferit. Un oceano che non è mai stato semplice attraversare, fatto di squali e Bermuda ingurgitanti di gioia, ma anche di rive assolate. Ripercorro la mia vita, rivedo le persone che hanno popolato le mie giornate e quelle che hanno riempito di gioia la mia anima. Suonare mi fa tornare al periodo più bello della mia vita, prima della tempesta che si sarebbe scatenata e avrebbe portato alla morte di mio padre. Le dita scivolano e l'anima affievolisce i suoi affanni. Indifeso e per la prima volta senza conflitto interiore, l'uomo Ferit si consegna al destino che ora ha le sembianze della sola donna che vorrebbe come sua signora. Perdersi tra i ricordi mi ha reso vulnerabile agli occhi di Nazli, che, però, riscopro così dolcemente presente. La fine della melodia coincide con il ritorno alla realtà. Un momento magico che entrambi abbiamo assaporato ma che probabilmente non si ripeterà più perché le nostre strade ormai si sono divise. L'amarezza della realtà restituisce entrambi ad un mondo che forse ci va stretto. Camminando fianco a fianco, riscopro la bellezza di avere Nazli al mio fianco. Non mi sazierei mai di lei. Una fame improvvisa mi assale e la scusa di una omelette cucinata da lei è l'epilogo di una giornata in cui ben altra fame ha attraversato le mie viscere fino al midollo. Nazli è un po' titubante all'inizio, ma poi la sua passione per i fornelli si impossessa di lei rendendola addirittura felice. Amo vederla sorridere. Amo vederla spensierata mentre fa qualcosa che la entusiasma. In realtà amo il suo modo di rendere unico ogni momento che decide di vivere. La vedo destreggiarsi nella cucina dell'albergo e resto rapito dalla padronanza e dalla cura che mette nel cucinare. La mente torna indietro nel tempo, quando lavorava per me. Ricordo ancora la sensazione di piacere nel vederla frugare tra i cassetti della mia cucina, come in quelli del mio cuore. Sorrido ma un velo di rimpianto per ciò che non potrà più essere si stende sui miei pensieri. Senza di lei, la mia cucina è vuota e senza gusto. L'omelette è pronta, la gusto con piacere. Buonissima come sempre. Un improvviso avvicinamento di Nazli mi fa cogliere l'occasione per affondare il coltello del desiderio nella carne tanto agognata. Le afferro le mani, le chiedo di chiamarmi per nome e il suo tradirsi nel cercare di scusare la sua difficoltà mi riempie il cuore di gioia. Parla di me con Fatosh...un pensiero che per vale più di mille altre dichiarazioni. Sono presente nei suoi discorsi e questo cancella ogni supposta indifferenza. È una serata magica, in cui gli occhi di entrambi si riempiono della felicità, quella di due vite che nonostante tutto continuano ad intrecciarsi. Mentre Nazli assaggia l'omelette, non posso evitare di divorarla in tutta la sua splendida bellezza. Mi sorride e quel sorriso è reale, pieno e sincero. Solo, nella mia stanza sento il respiro affannoso del leone che ha penato non troppo questa sera nel tenere a bada la bestia delle lande. Riposa finalmente anch'esso appagato dalla carezza della sola mano che ha oltrepassato il limite della savana e ha lambito la sua criniera. Il giorno torna ad avvolgere di luce il mondo. Una corsa all'aria aperta è quello che ci vuole. Il sudore gronda dal volto, scorre a rigoli lungo la schiena, ma con il sole negli occhi dell'anima, quella corsa diventa emblema di un'altra ben più significativa. Non so dove mi porterà, ma so che per ora al mio orizzonte più prossimo c'è Nazli. Siede alla panchina, in attesa di me...e io non mancherò mai a nessun appuntamento. Il ritiro si chiude e il rientro porta con sé l'amarezza dell'allontanamento ma anche la consapevolezza di un possibile ritrovarsi. Ognuno per la propria strada ma entrambi con la certezza che la vita offre infiniti crocevia. Ritornare alla normalità pesa davvero tanto. Le ore in azienda trascorrono nell'attesa di lei. Nazli è impegnata nel suo locale e a me non resta che raggiungerla. La verità è che ho voglia di vederla. Quanto facilmente si abitua l'anima al piacere dell'amplesso! Ritrovo la mia leonessa alle prese con la sistemazione del locale. Testarda com'è ha deciso di fare tutto da sola. Inutile ogni mio tentativo di offrirle una mano. Orgogliosa rifiuta le mie proposte e innalza nuovamente un muro tra noi due. Ma questa volta non colgo la provocazione e, indispettito, la lascio immersa nel suo da fare. Allontanandomi, sento la sua voce che mi richiama, ma ormai so come gestire la sua ribellione. Lasciarla cuocere nel suo brodo...ecco, la medicina giusta per l'acidità di Nazli. Il pomeriggio scorre lento. Questa sera tutti a casa di Deniz. Festa di inaugurazione del locale di Nazli. L'idea di non andare solletica il mio orgoglio, ma pensare poi di lasciare spazio a Deniz proprio ora che ho ritrovato la mia signora mi fa imbizzarrire. Come un cavallo selvatico scalcio ogni riluttanza e con le narici fumanti di rabbia mi aggrego alla compagnia. Ci sono tutti, Anya compresa, che spesso mi ammorba con strani discorsi su Nazli. Quello di questa sera, però, è alquanto inquietante. L'oscurità sembra prendere il sopravvento e la vista di Deniz così pressante su Nazli mi fa imbestialire. Monta in furore il lupo che c'è in me. Le labbra rosso vivo di Nazli hanno sui miei sensi lo stesso effetto del mantello per il toro in arena. A stento riesco a trattenermi ma, quando Deniz, imbracciando la chitarra, annuncia la canzone nuova scritta per Nazli, il mio spirito crolla. La gelosia monta in furore e abbandonare la festa diventa la sola scelta possibile. Un'uscita plateale la mia che sottende un malessere profondo che non riesco a sconfiggere. La felicità non esiste se non per brevi momenti.

Sotto la pelle di Aslan 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora