Capitolo 9: Non mi scappi!

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La notte avvolge con le sue tenebre la stanza, eppure riesco a distinguere ogni cosa. Ogni dettaglio, seppure immerso nel buio, si presenta agli occhi della mia mente in tutti i suoi particolari. D'altra parte è la mia casa, la mia stanza e sarebbe impensabile non avere una perfetta conoscenza di essa. Nonostante tutta quella familiarità, però, mi sento come respinto da quelle pareti. O meglio, è come se la mia anima soffrisse a causa loro. Chiuso in una gabbia, il mio spirito recalcitra, esigendo libertà. Ho paura e al suo echeggiare lungo i corridoi dell'anima non posso fare altro che rabbrividire. Dietro la porta avverto una strana presenza. Un passo leggero ma deciso, morbido ma ben piazzato. Un calpestio soave che prelude corse ben più audaci di una semplice scorribanda. Sento il fruscio di una veste che, leggiadra, avvolge una sagoma di donna. I capelli sciolti e la schiena candida fanno inerpicare la fantasia fino a raggiungere le vette del piacere. La lussuria cede il posto alla castità, per poi rivendicarne subito la presenza. Il desiderio serpeggia tra le fibre più profonde, elettrizzando i nervi, già tesi per natura. Impossibile frenare la mente, più ancora l'istinto, che finisce col prendere il sopravvento. La passione avvolge le membra e il sudore inizia a scendere lungo la schiena, lungo la gambe. È la lotta immane di un uomo che invano cerca di arginare il fiume in piena che una donna ha fatto straripare. È il tentativo di restituire un'anima al corpo e un corpo all'anima. Il ricordo della notte precedente, la sensazione appena sperimentata di poter osare, massaggiando il piede di Nazli, hanno l'effetto devastante di un'orda di barbari su un villaggio di campagna. I suoi occhi ancora così presenti nei miei mi aprono nascondigli segreti del mio palazzo che nemmeno immaginavo esistessero. Le sue guance rosse di imbarazzo hanno il sapore del vino, quello buono, duro e legnoso, che ti fa ubriacare al primo sorso. Ebbene sì! Sono ubriaco di Nazli. La desidero con tutto il mio essere e saperla nella stanza affianco mi fa impazzire. La voglia di irrompere nella sua camera e più ancora in lei e su di lei dilania l'anima, la spolpa per poi rimpiattarla più malleabile di prima. Quella sensazione di intimità sperimentata la notte precedente si agita in me, strizzando l'occhio all'audacia del lupo e deridendo la riluttante superbia del leone. Irrispettosa di ogni contegno, la mia bella signora avanza solcando la mia schiena, affondando le mani nei miei fianchi e aprendo il mio petto come una melagrana. Solo ora mi rendo conto della sua avidità. Immerge le labbra nel mio cuore e lo prosciuga. E io? Io la lascio bere fino all'ultima goccia di quello che un tempo era il mio sangue. A nulla servono i ruggiti del leone, così come le zampate del lupo. Mi dispiace per loro, ma se questa indifferenza è il prezzo che devo pagare per godere di lei, sono disposto a rinnegare anche la mia stessa natura. Quello che ho dentro è un incendio indomabile che arde le sterpaglie della mia calma, avvolge gli arbusti della mia tenacia e divora il midollo della mia stessa vita. Mi sento morire, ma sarebbe più giusto dire che mi sento rinascere. Un nuovo Ferit, forgiato dalle abili mani di una guerriera e temprato dalle armi della più impavida creatura, si fa spazio in me e questo non senza dolore. Il sopraggiungere della luce mi sorprende ancora immerso nelle farneticazioni. Il desiderio di accorciare le distanze tra me e Nazli trova nel nuovo giorno l'occasione. L'audacia mi porta davanti alla sua porta. Un tocco leggero. Un altro tocco e infine la constatazione che lei è su un altro pianeta. La cerco ovunque e a stento riesco a frenare l'ansia che provo in me, non sapendola a casa. Un frugare dapperttutto alla spasmodica ricerca di lei. Un aprire le porte, un attraversare corridoi e stanze con dentro il desiderio di un suo sguardo, di un suo sorriso. Solo ora mi rendo conto della ladruncola che è in lei. Quel suo aprirmi ogni anta, ogni cassetto, maneggiando i miei arnesi e le mie stoviglie acquista oggi una luce nuova. Mi ero arreso a lei già da allora e, folle, mi illudevo di essere ancora in corsa per la vittoria. La sua assenza è inaccettabile, senza un preavviso. Ma la mia signora ha la libertà nel petto e l'indipendenza nella mente. Perciò...devo fare io. Una chiamata e tutto torna alla quotidiana esperienza dell'arte di vivere. Nazli è al ristorante già da un po'. Questo suo distacco mi ferisce. Lo strappo si fa sentire in modo sostanzioso ma la vita impone un immediato rattoppo. La mattina si trascina noiosa e plumbea più che mai. Hakan e i suoi loschi affari continuano ad essere un crivello per la mia mente, una sorta di tarlo che corrobora i miei nervi e divora la mia calma proverbiale. La rabbia che provo è grande perché nonostante la certezza non riesco ad incastrarlo con delle prove autentiche. Tahir sta facendo di tutto e sinceramente inizio anche ad avere timore per lui. Spero non gli succeda nulla. Per accorciare i tempi, la cosa migliore è provocare Hakan, fornirgli l'occasione per poter venir fuori. Fargli avere sotto il naso la mia macchina è un'esca troppo invitante per un delinquente come lui. Tuttavia non lo reputo così stolto da abboccare subito, ragion per cui ho detto a Tahir di essere prudente. Un passo falso ora e tutto si ritorcerebbe contro me e Bulut. All'uscita della Pusula il colpo che mette fine ad una giornata a dir poco spiacevole. A riportarmi la macchina riparata è proprio Hakan. La sua spavalderia e la sua aria da gangster americano mi irritano. Le mani prudono e dentro...dentro ogni volta una lotta feroce tra le mie bestie e il buon senso. La verità è che gli strapperei il cuore dal petto con le mie mani, ma Bulut mi frena. Così anche questa volta lo lascio fare e dire. Arriverà il tempo in cui le sue mani saranno legate e la sua bocca sarà messa a tacere. Ma quando? Quando? Ogni giorno, ogni ora, ogni istante diventano eternità e io sono costretto a fare a fette la mia sete di vendetta e a soffocare la mia fretta. È una lotta nella lotta, nella quale purtroppo non posso che restare a centro campo, senza alcuno schermo. Fortunatamente le ore scivolano velocemente e non mi resta che passare dal ristorante. Stasera c'è Bulut a casa con noi e avere con me le due persone più importanti delle mia vita mi fa sentire stranamente permissivo anche nei confronti delle negatività appena riscontrate. Bulut ha fame e questa non è una novità. Seduto con lui al tavolo, aspetto con ansia che mangi, per poterlo portare a casa e divorarlo di coccole. Ma la giornata iniziata male, non poteva che proseguire peggio. Arriva Nazli con la cena per il leoncino e dietro...dietro sempre e solo lui. Deniz non si rassegna. Il suo è un vero e proprio assedio. Temo per Nazli, perché lei è schietta e sincera e potrebbe lasciar trapelare qualcosa sul nostro accordo. Il solo felice a tavola è il mio cucciolotto, beato tra le persone che più adora, le uniche rimaste della sua famiglia. Mentre Bulut tiene testa a tutti, osservo Deniz. I suoi occhi sono fissi sulla mia Nazli. Il sangue comincia a scaldarsi e manca poco alla sua ebollizione. Fossi anche il marito più freddo, non potrei mai tollerare il modo in cui questo folle si pone nei confronti di mia moglie. Sento la pelle stirarsi. Mi conosco e soprattutto conosco il leone e il lupo che sono in me. Difatti, la loro reazione sopraggiunge immediata e a pagarne le conseguenze è sempre e solo la mia anima. Le zampate con tanto di artigli e i morsi a vuoto delle bestie mi fanno sanguinare dentro. Goccia dopo goccia, quel sangue che iniziava a fluire sempre più energicamente, si riversa sul terreno del cuore. È qua che cresce il mio amore per Nazli ed è quel sangue che gli dà nutrimento. Con una scusa sollecito Bulut ad andare via. L'immagine di noi due che baciamo contemporaneamente il piccolo deve aver dato un colpo mortale all'ossessione di Deniz, che, risoluto, si alza e va via. Il rientro è a dir poco meraviglioso. In macchina insieme, poi nella stanza di Bulut a prenderci cura l'uno degli altri. La felicità mi scoppia dentro. Sorrido davanti ai tentativi di Nazli di convincere la piccola peste a dormire. Ma nell'anima non posso che nutrire profonda gratitudine nei confronti di questa donna, che ama e nonostante tutto ha messo da parte i suoi sogni di amante per adempiere ad una promessa. Con la gratitudine, però, arriva anche l'amaro in bocca della mia costrizione e del mio mancato perdono. Non riesco a perdonarla per non essersi fidata di me allora e poi nel giorno del matrimonio. Non riesco a digerire i silenzi che urlano invece rimproveri pesanti alla mia distratta contemplazione di lei. Non riesco a perdonare un amore imposto più che voluto. E questa è la mia più grande frustrazione di uomo e marito insieme. La bellezza di quei volti sorridenti mi commuove e a poco a poco anche le turbolenti acrobazie della giornata trovano pace. Una strana calma pervade il mio regno. Per la prima volta nessuno intima di prendere le armi e stare in guardia. È la volontà di un uomo che si arrende alla sorte o semplicemente l'inizio della sua felicità. Questo dubbio mi tormenta ed è simile alla paura di aprire quella porta del mio palazzo tanto temuta. Con una trovata geniale Nazli riesce a mettere a letto Bulut e ovviamente crede di liquidare anche me allo stesso modo. Io, invece, oggi non ho alcuna intenzione di lasciarla andare via. La voglio con me e non ci sarà niente e nessuno che riuscirà a farmi cambiare idea. Il leone annuisce, fregandosi le zampe. Il lupo ghigna sornione. Con tutta la dolcezza possibile afferro la mia donna facendo leva sulla presenza di Bulut. So bene che questo è il suo punto debole. Ma, stranamente, Nazli non oppone nessuna resistenza, anzi...questo suo cedere immediato mi spiazza ma nello stesso tempo mi avvampa di piacere. Una ritrovata padronanza di me mi rende più spavaldo del solito. È come se lei mi avesse aperto finalmente le porte della sua reggia, nella quale una sola volta avevo messo piede. Ripercorro i giardini della sua personalità. Ovunque fiori delicati ma anche erbe dalle salde radici. In fondo una quercia enorme alla quale non oso avvicinarmi. Da lontano però quel legno è come se avesse qualcosa di familiare. La sua corteccia è simile alla mia pelle. Riesco a scorgere addirittura dei colpi di pialla, se non di ascia. L'albero ha tutta l'aria di averne passate tante ma la sua chioma dimostra di godere ora di ottima salute. Ai suoi piedi un rigagnolo d'acqua limpida e fresca. Rapito da quell'immagine ma anche attratto da essa, mi ritrovo nel letto affianco a Nazli e non so nemmeno come ci sono arrivato. Il mio desiderio ora è solo quello di continuare il mio viaggio nel punto in cui l'ho interrotto. Proseguo lungo i viali erbosi e finalmente la porta di ingresso. I battenti sono esili ma ben piazzati, leggeri ma energici al rimbombo. Riconosco in essi il rumore della sua risata. Li accarezzo e al tatto quei legni diventano morbidi e setosi come la sua pelle. Questa intimità improvvisa mi spaventa e mi attrae. Nazli dal canto suo resta ancora arroccata sulla difensiva, almeno fisicamente. La vedo spingersi fino all'estremità del letto per evitare un possibile contatto con me, ma è evidente la sete che prova anche lei. Basta infatti un commento per farla avvicinare così tanto da poterla bere tutta d'un fiato. Ride, sorride e cerca di dare una spiegazione logica a un qualcosa che di logico ha ben poco. Ma la verità è che non riesce a staccare i suoi occhi dai miei. Mi cerca, mi spoglia, mi accarezza e nemmeno se ne rende conto. Dentro di me divampa l'incendio. La sete diventa arsura e il desiderio folleggia rendendo pazze le due bestie. Uno sgraffignare di piacere sulla pelle orgogliosa che languisce ululando la propria felicità.

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