Capitolo 7: Mi scorri dentro

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Le parole del cerimoniere scorrono veloci nelle mie orecchie. Davanti a me c'è il mio leoncino felice perché sa che tra poco il suo incubo finirà e potrà vivere finalmente in un ambiente sano. Intorno i volti di amici e parenti che inneggiano al nostro amore. Hanno sorrisi prestampati sulle labbra, pronte a pronunciare le solite frasi di occasione. Quante maschere sappiamo indossare. Direi che ne abbiamo più di una per ogni evenienza. Io, poi, da quando mi sono imbattuto nel mondo degli affari, ho imparato ad averne anche qualche altra di scorta. Quella del sorriso davanti alla caduta. Quella del far finta di niente nonostante abbia capito il gioco del nemico. Quello del figlio devoto e presente nonostante la rabbia che da anni mi porto in corpo verso mia madre. Tante, troppe facce dell'uomo Ferit, messe in una teca esattamente come la mia collezione di orologi. Un modello perfetto per i tanti aspetti che la vita mi cuce addosso. Mi tocca perfino indossare la maschera del marito felice e realizzato. Il solo pensiero mi fa venire la nausea. Pensare a Nazli e Deniz, così come li ho trovati qualche ora fa mi fa salire il sangue alla testa. Vederla seduta su quel divano, in un clima di così grande intimità nel giorno in cui il suo unico pensiero sarebbe dovuto essere per me...non riesco a digerire la cosa. Cerco in tutti i modi di fingere serenità e gioia, ma dentro mi sento male. È come quando un albero rigoglioso sente improvvisamente una lama alla sua base. Questa affonda sempre più, trapassando ogni singolo anello del suo tronco e mentre lo fa il povero albero si sente staccare dalla parte vitale del suo essere. Le radici restano intrecciate alle zolle del sottosuolo, energiche e zampillanti di linfa vitale, mentre il povero tronco resta prima sospeso e poi rovinosamente stordito a terra. Lì per lì, nemmeno si accorge di non essere più vivo. Una sorta di limbo in cui la sua anima resta sospesa per poi accorgersi di non esistere più. Ed è infatti quella dell'albero una lenta e dolorosissima agonia. Sente col tempo la linfa esaurirsi. Le foglie della sua ricca chioma, improvvisamente ingialliscono e cadono. I rami diventano sempre più contorti e secchi. Il tronco avvizzisce scortecciandosi. Legna da ardere in un buon camino o mobile pregiato, dopo essere stato piallato e forgiato. In entrambi i casi non più vivo. Da una parte la cenere, dall'altra la perdita di identità. Sono arrivato. Ferit Aslan è come quell'albero. Il suo tronco tagliato dalla lama dell'indifferenza di Nazli si trova adagiato a terra in attesa di essere bruciato dalla follia di un amore impossibile, o piegato al ricatto del più subdolo dei giochi: fingere di essere altro, ma di fatto essere morto. La differenza è probabilmente nei tempi. Ma che importa? Alla fine il risultato è lo stesso, una non vita. Immerso in questi e mille altri pensieri, non mi accorgo che la cerimonia sta per volgere al termine. Nazli è come una statua di marmo al mio fianco. È così glaciale da farmi percepire chiaramente il freddo della sua anima. La sua forzata felicità è palese, ma il clima di generale euforia rende anche la persona più attenta una sprovveduta. Ma al momento del bacio, quel suo porgermi la guancia sottraendomi le sue labbra è un chiaro segnale di guerra. Sono visibili i segnali che la mia bella signora sta lanciando e in fondo non avevo dubbi che la nostra convivenza sarebbe stata difficile. Entrambi fieri, orgogliosi e testardi e nessuno dei due disposto a cedere alle altrui richieste. Anche se io, ormai, non ho più nulla da chiederle. Con oggi il capitolo Nazli cambia carattere e impostazione. Per me è solo un passo in più verso la mia personalissima guerra contro Hakan e Demet. Nazli mi serve solo per riavere Bulut. La presenza degli invitati mi distrae un po' dalle mie lucubrazioni da sposo pentito. A volte mi ritrovo a guardarla mentre con un gesto qualsiasi cattura l'attenzione dei presenti. La naturalezza di certi suoi sorrisi e la forza che talvolta emerge nei suoi sguardi mi fanno trasalire. Può essere bella e nello stesso tempo altrettanto crudele da porgere la mano per ricevere la fede nuziale e poi strapparsela a morsi? Lei ne è capace e questa duplice natura in lei mi spaventa. Nazli non si può fronteggiare. Con lei non servono le armi solite della seduzione e dell'adulazione, che pure possiedo. Con lei l'intelligenza sottende ogni mossa e previene quella del nemico. È una lotta che assume ora proporzioni epiche perché il matrimonio ha abbattuto la normale distanza che c'era tra noi. Con gli ospiti che ci salutano, il sole bacia l'orizzonte per l'ultima volta. Le ombre iniziano a danzare con il buio e tutto intorno assume contorni meno definiti. Siamo soli, io e lei, in un contesto appunto affatto chiaro. Il nervosismo accumulato nella giornata prorompe col gioco del rinfaccio. In poco tempo ci troviamo a litigare, occhi negli occhi, ad una distanza non più sicura. Come sempre Nazli mi tiene testa e questo mi fa impazzire. Il mio orgoglio maschio viene solleticato con grande piacere dalle sue risposte e più ancora dai suoi sguardi. C'è in lei la forza di un essere sovrumano, come una divinità ancestrale delle vecchie tribù Incas. Le sue guance si tingono di rosso e le labbra si ispessiscono mentre mi assale. È incredibile! Ha torto marcio e alza anche la voce! Se ci fosse stato il vecchio Ferit, non avrebbe esitato a farla rifilare fuori dalla porta. Ma...il vecchio Ferit non c'è e il nuovo, nonostante tutto, non vuole liberarsi di lei, anzi...più lei si oppone e più lui la desidera. Le morderei le labbra mentre le socchiude per zittirmi. La avvolgerei tra le mie braccia e affonderei le mie labbra sul suo collo, là dove scorre forte e caldo il suo sangue. La prosciugherei per poi riempirla di me, se solo me ne desse la possibilità. La verità è che quello che stiamo vivendo non solo è finto, ma ingannevole e drammaticamente illusorio per le nostre anime. Nazli continua a provocarmi e mi serve su un piatto d'argento l'affondo. Le faccio sentire tutto il peso della mia rabbia per averla trovata a casa di Deniz nel giorno del nostro matrimonio. Aggiungo benzina al fuoco che lei ha appiccato nascondendomi la verità su Asuman. È il tasto dolente di Nazli, che, appunto, ricapitola subito e ammutolendosi mi lascia solo. Con un piede le schiaccio volutamente il velo. Un monito per dire che non è certo finita così, né può sempre cavarsela con le sue solite sparate sibilline. Come una nuvola che ha scaricato il suo carico di pioggia, la mia bella signora svanisce nel nulla. Sono nuovamente solo con me stesso. Ma l'idea della presenza di lei, seppure in una stanza diversa, mi rende stranamente sereno. Dentro me si fa sempre più spazio l'idea di una famiglia e Nazli, suo malgrado, ne è parte integrante. Liberarmi dell'abito da sposo mi rende improvvisamente energico. Una sorta di liberazione mentale prima ancora che fisica. La curiosità di sapere come se la sta cavando Nazli prende il sopravvento su tutti i miei pensieri. Una insolita agitazione pervade il mio essere. La nuova stanza è più piccola di quella che occupo di solito ed è forse questo il motivo per cui non riesco a stare quieto. Scendo giù per bere qualcosa e...oh, Nazli! La vedo ancora vestita con l'abito da sposa. Sembra indispettita o forse in attesa di me. Per un po' una debole illusione accarezza la mia anima e il modo in cui essa si lascia adescare la dice lunga. È assetata di lei, questa è la verità. La rabbia di oggi, certo, non è stata ancora sbollita del tutto, ma il potere che Nazli ha su di me è immenso. Mi avvicino cercando di restare indifferente a lei, ma anche uno stupido capirebbe quanto in realtà io la desideri. Mangia nervosamente una fetta di pane e brontola. Poi poche parole appena accennate e una richiesta d'aiuto che sa dell'incredibile. La mia cara mogliettina non riesce a liberarsi del suo abito da sposa. L'abbottonatura è troppo complicata. Decine di bottoncini che scorrono lungo la sua schiena assecondandone le curve. Eh già! Un'immagine emblematica della nostra situazione. Non hai scampo, Nazli, incastrata in un ruolo che in fondo non avresti mai voluto recitare. Questa constatazione mi raggela e il tono sarcastico della mia risposta diventa un malriuscito tentativo di nascondere il dolore di un'anima ferita più e più volte. Faccio finta di non aver sentito per farle gridare per l'ennesima volta il suo bisogno di aiuto. La verità è che vorrei davvero che Nazli sentisse il bisogno di me. Vorrei che mi riconoscesse necessario, indispensabile per lei. Un desiderio destinato a rimanere tale. Mi avvicino e fingo di essere in difficoltà. Affondo la mia mano sul fianco di lei che stranamente non si divincola. Sentire la sua carne sotto le mie dita, premervi le palme con forza mi fa salire il sangue alla testa. È la mia donna! Temporeggio nel liberarla e più lo faccio e più mi rendo conto che sto sacrificando il mio orgoglio sull'altare del piacere. La consapevolezza sigilla con la vergogna di me stesso l'atto. Strattonato da un improvviso senso di rivalsa, libero Nazli e la lascio andare via dalla cucina sola con la sua magra liberazione. A tutto c'è un limite. Continuo a ripetere a me stesso che è necessario recuperare il lume della ragione. Vago per le stanze della mia casa e quasi non riconosco nulla più. Possibile che la presenza di una donna ha potuto divellere da me e alienare un'intera dimora che io personalmente ho messo su? Ma la cosa più assurda è che lo stesso senso di astrazione lo vivo dentro di me. Dove sono le due belve? Dove sono le mura, i bastioni e le torri della mia fortezza? Dov'è la sala del trono con il mio scanno e le pareti istoriate? Per un po' rimpiango le sere in cui mi lasciavo corteggiare dalla solitudine, quando Nazli non era che un pensiero in erba e mi trastullavo nella corte con il mio leone. Sembra passata un'eternità e invece è tutto così incredibilmente vicino. Mettere fine alla giornata andando a dormire è la cosa migliore da fare, ma prima, meglio passare da Nazli. Non voglio dare l'idea di sottomissione eppure non resisto sapendola nella stanza accanto. Tra l'altro si è appropriata senza troppi scrupoli della mia stanza, relegandomi in una secondaria. È inutile! Nazli riesce a ritagliarsi i suoi spazi come nessuno mai dentro e fuori di me. Le porto come libro da leggere "Delitto e castigo", un titolo emblematico data la situazione che stiamo vivendo, ma anche un monito per dirle che pagherà quello che mi ha combinato oggi. Ferit Aslan non dimentica facilmente i torti subiti, soprattutto se è lei la protagonista di questi. Mi accoglie con un sorriso che mi scioglie i malleoli. Sento rifluire il sangue mentre i suoi capelli finalmente sciolti scorrono sul suo esile corpo. La accarezzerei e le darei il bacio della buona notte come ogni giovane sposo fa con la sua amata, ma non è il caso. È già tanto averle usato tanta gentilezza. La porta si richiude e una fredda parete torna a dividerci. Solo nella mia stanza e al buio, ripenso a quanto è accaduto oggi. Il fantasma di Deniz diventa sempre più consistente e la rabbia del rivale mi fa ribollire le vene. Il corpo si adagia sul letto ma l'anima no! La vedo percorrere furiosamente le stanze della dimora alla fine ritrovata. Passa in rassegna pareti, tappezzerie e suppellettili. Scivola da una stanza all'altra, mentre con occhio vigile si accerta che tutto sia al proprio posto e nulla manchi. Il pericolo di Deniz impone una maggiore sorveglianza. L'idea che qualcosa possa essere trafugato fa diventare folle chiunque e se poi ci si rende conto che il ladro è colui o colei che ami, la follia diventa disperazione. La corsa della mia anima trova fine nel cortile, dove un'immagine straziante brucia improvvisamente la vista. Mai avrei immaginato di dovermi trovare davanti a tanto strazio. Accasciato a terra con le unghia strappate ma ancora impresse nel pavimento, il leone giace con le fauci ancora spalancate in una smorfia di atroce dolore. Poco più in là riverso in una pozza di sangue, il lupo con gli occhi spalancati e il respiro affannoso sembra sul punto di esalare l'ultimo respiro. Una terribile battaglia si è svolta dentro di me e nemmeno me ne sono reso conto, preso com'ero dalla rabbia per il torto subito. Uno scontro tra le mie due nature, l'orgoglio regale da una parte e il desiderio passionale dall'altra, il mio essere uomo e il mio essere maschio. Il tutto sotto gli occhi indifferenti di Nazli. Provo una grande tristezza davanti allo scempio che io e solo io ho fatto delle mie nature. Ho lasciato che si sbranassero e si uccidessero per chi? Per cosa? Per una donna che non ha esitato a correre dall'altro anche nel giorno del suo matrimonio. La presa di coscienza improvvisa, procede di pari passo con la riacquisizione del mio orgoglio. L'amor proprio ritrovato getta gocce di linfa vitale tra le fauci del mio leone che pian piano sembra riprendersi. Con le poche forze rimaste, il felino si erge portandosi le zampe alla bocca per leccarsi le ferite. Gli artigli strappati hanno lasciato buchi evidenti e per lui non sarà facile camminare. Ma è vivo e questo mi fa in parte calmare. Lo accarezzo, affondando le dita tra i peli della sua criniera. Quante battaglie fatte, quanti ostacoli superati con la solida certezza di poter contare su una natura intelligente e fiera. I suoi occhi sono ora nei miei. Ne riconosco la profondità. È parte di me, carne della mia carne e sangue del mio sangue, lo stesso che scorre nelle vene e che ha generato l'altra belva, figlia del piacere. Per quanto orgoglioso, non posso rinnegare l'altra parte della mia natura, quella nata dalle notti in cui mi sono intrattenuto nel letto con la lussuria e la sensualità. Torna dentro di me il desiderio di piaceri provati e ora a portata di mano. Questo solo basta a rianimare il lupo. La verità è che in questa nuova veste, l'una e l'altra belva mi appartengono come non mai, seppure il divario tra loro è ormai incolmabile. La presenza di Nazli sotto lo stesso tetto ha esacerbato le spinte, ha sensibilmente acuito le peculiarità di entrambe. Le due belve sono ora all'ennesima potenza. È come se fossero diventate forze primordiali all'interno di un caotico universo, quale quello della mia anima. La luce dell'alba mi sorprende immerso in questi pensieri. Un nuovo giorno da vivere. La solitudine della prima notte cede il posto al pensiero di Bulut. Avvio subito la richiesta per riavere il mio leoncino a casa. Ormai sono sullo stesso livello dei due malfattori e la vittoria è solo questione di giorni. Certo, sperando che nessuno scopra l'imbroglio del mio finto matrimonio con Nazli. A proposito di Nazli...è abbastanza tardi e lei è solita alzarsi presto. Ammetto di essere alquanto deluso. Speravo infatti almeno in una bella e buona colazione preparata da mia moglie e invece...invece devo accontentarmi di una tazza di caffè. Uno strano presentimento però mi assale. Busso alla sua camera. Non risponde. Apro la porta. Accidenti! Nazli trema come una foglia. Ha la febbre alta. Vederla così indifesa e sofferente mi fa dimenticare ogni cattivo pensiero. Il dottore suggerisce una doccia tiepida. Nazli recalcitra ma non c'è tempo da perdere. La afferro tra le mie braccia, la sollevo dal letto e la porto in bagno. Tremante ma non remissiva, la mia Nazli è più che mai intenzionata a non cedere alla mia dolcezza. Brucia la sua pelle ma più ancora avvampano gli occhi, puntati fissi nei miei. Devo spogliarla e infilarla dentro la doccia. Mai impresa fu più difficile. Meglio un compromesso. Già il solo sfilarle di dosso la giacca da camera mi fa accapponare la pelle. Cosa sarebbe stata la nostra prima notte, se non ci fosse stata Asuman! Nazli continua ad opporre resistenza alle mie mani che intanto la esortano ad entrare nella doccia. È furiosa e me ne dice di ogni dove. Ma niente blocca la mia volontà di aiutarla a stare meglio. Mentre l'acqua scorre sul suo corpo, Nazli trema ancora, mettendosi le mani davanti a blindare il seno che inevitabilmente la stoffa aderendo avrebbe rivelato. Questo suo senso del pudore me la rende ancora più preziosa. La verginità di un corpo che difficilmente si concede agli occhi fa inerpicare la mente di un uomo sulla montagna più alta del piacere. Bruciano i miei sensi e le mie mani diventano irrimediabilmente avide di lei. Ormai bagnata quasi completamente, la mia guerriera è diventata ancora più piccola, eppure dentro di me la sua anima grandeggia più che mai. L'acqua scorre sul suo corpo e scendendo raggiunge anche me. Solo ora mi rendo conto di amarla più di prima. Il leone ruggisce, paventando la mia capitolazione. Il lupo invece ulula con la bava alla bocca. Una nuova guerra dentro, ma lei è qui davanti a me. Mio malgrado, sacrifico ancora una volta le mie belve e a nulla servono i loro latrati di dolore. Deciso più che mai a farla mia, afferro Nazli tra le braccia, la avvolgo per farle sentire tutta la mia presenza. Vorrei dirle che non è sola, che se avrà bisogno io sarò sempre al suo fianco, che con lei voglio condividere tutto...vorrei dirle che la amo, ma il solito orgoglio e la mia natura fatta di silenzi prendono il sopravvento. Taccio ma...ma le mie mani sulla sua pelle parlano, urlano al mondo intero la mia sete di lei. Apro la bocca e ingoio acqua, ma è ben altra acqua quella che vorrei bere. Un'acqua pura, che viene da una sorgente che è solo mia, che disseta e prosciuga allo stesso tempo. Sento la sua pelle morbida sotto le mie dita, prima bollente e poi sempre più fresca. Nazli mi guarda un po' stupita per poi abbandonarsi a me completamente. La mia insistente dolcezza ha vinto finalmente la sua notoria ritrosia. Le barriere si infrangono e il suo corpo bagnato diventa tutt'uno col mio. Spariscono i vestiti, e finalmente le nostre anime si ritrovano nude a bere dalla stessa sorgente. Le mani di lei sul mio petto, mi fanno impazzire. Il suo capo appoggiato con le labbra all'altezza della base del mio collo non mi fa più trattenere. La stringo a me. Le bacio dolcemente la fronte. Mi sento uomo. Una strana calma pervade la mia anima. La stessa battaglia tra le due belve si quieta. Un ruscelletto sgorga improvvisamente nella corte. Incuriosita, l'anima ne segue il percorso. L'acqua attraversa la sala del trono, per poi salire verso i piani alti. Contro ogni umana legge fisica, quell'acqua tende verso l'alto piuttosto che precipitare verso il basso. Anche il leone e il lupo ne seguono il corso. La corsa finisce proprio davanti alla porta della stanza che da tempo non riesco più ad aprire. L'acqua si insinua sotto la porta, sibilando. L'anima allunga la mano alla maniglia ma ancora una volta il coraggio viene meno e tutto resta chiuso là dietro, oltre quella porta. Le mie labbra ora sono vicinissime a quelle di Nazli, tanto da sentirne il respiro ancora affannoso. La accarezzo sempre più insistentemente e la sento cedere e ammorbidirsi. I due anelli sulle dita delle nostre mani ora così vicine ci ricordano cosa siamo ormai diventati l'uno per l'altra. Nonostante tutto e tutti, ci apparteniamo. Il supplizio per la mia piccola guerriera è terminato. L'arrivo del dottore rivela finalmente la motivazione della febbre. Un colpo d'aria, probabilmente esposizione prolungata al freddo. Nazli annuisce ma non proferisce parola. In realtà resto alquanto dubbioso. Dove può aver preso freddo a tal punto da ammalarsi? Mi tornano in mente le parole di Nazli. Sicuramente mi nasconde qualcosa. Prima di lasciarmi avvolgere e ingoiare dal dubbio, riempio la mente con le attenzioni che posso riservarle. In fondo la gente pensa che siamo in luna di miele e non sarà difficile per me dare una buona dose di input alla mia razionalità e tenerla attiva. Propongo a Nazli di vedere un film insieme. In realtà è peggio di una bimba capricciosa. Nonostante le raccomandazioni del dottore, non vuole stare al caldo a letto e trova mille scuse per alzarsi. Perfino il colore della stanza che la incupisce! È terribile la mente di questa donna! L'idea del film sembra averla convinta ma l'arrivo inatteso del proprietario della pescheria rompe la magia. Scendo di sotto. Gli vado incontro in giardino. Nazli mi segue. Dal racconto dell'uomo emergono tutti i particolari di quello che è stato il vero motivo del ritardo di Nazli. Rimasta chiusa nella cella frigorifera, Nazli sarebbe morta se non fosse arrivato Deniz. Le parole pronunciate da Nazli diventano chiare, così come la motivazione della febbre alta. Ma più ancora è evidente che lei non è andata da Deniz spontaneamente, ma perché svenuta. Il sangue torna a fluire nelle mie vene e irrora ogni singola cellula del mio epidermide. Scuote la criniera il leone. Raddrizza la testa il lupo. Uno strano piacere mi percorre tutto. Nazli non appartiene a me ma nemmeno a Deniz. La guardo, come per rimproverarla del perché del suo silenzio. Lei ovviamente si prende la rivincita della sua superiorità. Dopo aver comunque rimproverato il tipo, certamente incauto, la mia attenzione si volge completamente a Nazli. E qui la delicatezza è d'obbligo. Le chiedo il perché del suo silenzio e non so se sia peggio questo o la sua risposta. Non me lo ha detto perché io non le ho concesso di parlare! Roba da matti! Lei che non si arresta davanti a niente, frenata da me! Certo... vero è che quando l'ho trovata da Deniz, ho vomitato su di lei tutta la mia rabbia e la mia frustrazione. In effetti, qualcosa stava cercando di dirmi...ricordo...ma io davvero sono stato una furia. La cosa che però ora mi rapisce è come sia potuto succedere. Il timore che dietro tutto questo ci siano Hakan e Demet si fa strada in me. Nazli sembra snobbare questa idea e per tutta risposta vuole andare al ristorante. Addio film, serata romantica e cena tra novelli sposi. È irremovibile. Mi sento però in colpa e non nascondo di nutrire anche qualche timore per lei. Così decido di assecondarla. Meglio affiancarla che lasciarla andare sola. In fondo anche io ho da fare qualcosa in ufficio. Giusto il tempo di vestirci e le nostre strade tornano nuovamente a dividersi. Una strana ansia mi assale lungo la strada. L'idea di dover lasciare Nazli al ristorante mi incupisce e non è solo paura che qualcos'altro possa accadere. È come sentirmi strappare una parte di carne con un morso. È l'avida normalità della nostra esistenza che si nutre dei nostri momenti più intimi, restituendoci come automi al senso del dovere. Ed è sempre il cuore a sacrificarsi. In ufficio il mio primo pensiero è spiattellare in faccia ai due delinquenti la mia richiesta di affidamento di Bulut. Demet e Hakan sono in sala riunione. Con loro c'è anche Deniz. La foga mi impedisce di essere educato. Sbatto sul tavolo la richiesta di affido. Ringrazio Deniz per aver salvato Nazli e, soprattutto, sottolineo che non permetterò a nessuno di fare ancora del male a Nazli. la voglia di strangolare Hakan mi solletica le mani. Non ho prove e mio malgrado devo affondare le unghia nella mia stessa carne e soffocare l'urlo di vendetta. Chiuso in ufficio, nonostante la presenza di Engin e le mille preoccupazioni, il mio pensiero torna sempre a Nazli. La verità è che voglio correre da lei quanto prima. La sua assenza è inaccettabile. Prima però mi tocca affrontare Deniz. Lo ringrazio nuovamente ma è evidente che le mie parole sottendono tutt'altro. In preda alla più cieca gelosia, il fuoco della rabbia divampa dai miei occhi. Non voglio che stia vicino a Nazli e questo lui lo sa e, ciononostante, con pari spavalderia mi affronta. So bene che non mollerà la presa e che lotterà per avere per sé Nazli, ma per me il vero pericolo non è lui. La sola persona capace di far vacillare ogni mia certezza e di vanificare ogni mio tentativo di gioia è sempre e solo lei, mia moglie. Non c'è cosa più terribile per un uomo che avere paura di essere tradito. E non parlo del tradimento fisico. La cosa che mi spaventa è sapere che Nazli pensa a Deniz mentre sta con me. Vedere la sua anima allontanarsi o adornarsi per un altro mentre attraversa le stanze della mia dimora...non voglio pensarci. Raggiungo la mia donna al ristorante. Un siparietto curioso si presenta per entrambi: fingere la felicità prima con una coppia di ospiti e poi perfino con Engin e Fatosh. Il discorso a cena cade sul matrimonio. La titubanza di Fatosh non è diversa da quella di Nazli. Così come il desiderio di Engin non è così lontano dal mio. Ma è evidente che noi uomini viaggiamo su strade parallele rispetto a quelle femminili...eppure...mi sento come rapito dalla presenza di Nazli davanti a me. E mentre lei si sente il premio, dalla mia bocca esce la verità:

"Sei il mio tutto, Nazli!"

Queste parole creano improvvisamente il silenzio al tavolo. Solo ora mi rendo conto che dentro di me c'è solo lei. Lei che mi svuota e mi riempie come un cassetto. Lei che mi lava e mi asciuga l'anima. Lei che mi dilania la pelle e la rattoppa come una coperta. Lei, sempre e solo lei. Per un attimo i suoi occhi si fermano nei miei. Credo che abbia capito che non sto affatto fingendo. Nazli torna improvvisamente seria e il desiderio di tornare a casa prende il sopravvento su entrambi. Un saluto veloce sulla porta di casa, prima di rinchiuderci ognuno nella propria stanza. Ma questa notte sento che le pareti si sono assottigliate. Tremo. La telefonata di Tahir mi distrae. Siamo ad una svolta. Hakan domani gli affiderà un compito importante. Ho paura per lui e gli consiglio prudenza. Poi il sonno prende il sopravvento.

Sotto la pelle di Aslan 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora