Capitolo 3: Un perdono possibile?

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Esiste un momento preciso in cui un uomo può avere perfetta cognizione della donna che gli sta davanti? Esiste un modo per allontanare da sé quella che si credeva fosse una presenza concreta nella propria vita e si è rivelata invece un fantasma assetato del mio essere, con catene pronte a strisciare sulla mia pelle così come sulla strada sabbiosa di una prigione? Un dolore acuto si impossessa del mio essere. Circola improvvisa, partendo dalla mia mente, un'idea che mi fa trasalire. Asuman è complice di Hakan e Demet...Nazli sicuramente sapeva tutto e non mi ha detto niente. Impazzisco al solo pensiero che una donna, la mia donna, possa aver svenduto tutto alla menzogna. Appoggiato alla macchina, sento il mio corpo diventare un macigno. Le mani rattrappiscono, le gambe si atrofizzano. Il sangue sembra impazzito, lo sento scorrere come un fiume impetuoso, gonfiando le mie vene oltre ogni limite, per poi bloccare la sua folle corsa prima di sopraggiungere alle periferie del mio corpo. Un sudore freddo mi percorre la schiena. Gocce gelide solcano il mio petto, che bramava ben altro trasudare. Davanti ai miei occhi scorrono, come immagini infernali, i lunghi abbracci. Sento ancora impresso sulla mia carne quel corpo che ho desiderato stringere e fondere col mio più di qualsiasi altra cosa. Mordo dentro di me le labbra della passione. Se sapessi come fare, mi strapperei la vita pensando allo scempio che ho fatto della mia anima per far posto a Nazli. Ulula il mio essere mentre brancola nella notte più nera della sua vita. Cerco dentro di me le due belve che mi caratterizzano. Nessuna traccia di loro. Sparite nel nulla senza lasciare nemmeno un'impronta. E in fondo, perché sarebbero dovute restare? Non c'è più cibo per loro. La mensa è stata completamente sperperata. Ferit Aslan è stato dilaniato e distribuito in pasto ai suoi nemici. Come carne a macello, sono sotto la lama affilata della più abile delle carnefici. Non una cucina, ma un mattatoio per la mia anima. Non una cuoca, ma...trasalisco difronte al mio stesso dolore. Chiamo a raccolta tutte le mie forze, ma nessuna osa affacciarsi al mio capezzale. Solo come un cane randagio, recupero i pezzi del mio essere. La follia dilaga dentro me. Le mie mani affondano ancora nei suoi fianchi, i miei occhi sono ancora pieni dei suoi. Le sue guance rosee mi straziano il petto, come una tavola imbandita davanti ad un uomo affamato da anni. Il profumo di Nazli è ancora così impresso sulla mia epidermide e i fremiti di quell'amplesso appena sperimentato stentano ad abbandonare il mio corpo. L'ho desiderata come nessuna mai. A lei ho dato le chiavi di casa. Ho spalancato le porte della mia alcova e denudato il mio letto per far posto ai cuscini della sua carne. Ho abbassato ogni difesa davanti a lei e nudo mi sono offerto. Sento lo strazio fare scempio della mia lucidità. Non riesco ad oppormi al mio disfacimento. Dal dolore alla rabbia è un attimo. Come un toro sceso nella corte, corro da Nazli. So bene che da lei riceverò il colpo definitivo, ma devo farlo per me stesso e soprattutto per Bulut. Il mio Bulut, tradito da colei che diceva di amarlo. Non posso perdonarglielo! La corsa in auto dura pochi minuti, che a me sembrano un'eternità. Trovo Nazli fuori dal locale. Accecata dai fari della macchina, mi sorride quando mi vede avanzare verso di lei. Ha ancora quegli occhi e sul viso quel sorriso che desiderano solo essere bevuti tutti d'un fiato. Vacillano le mie gambe, i passi perdono ogni cadenza. Mi trascino davanti a lei e le mostro le foto. Per un attimo la speranza si riaccende. Forse lei non ne sa niente e quello che sto vivendo è solo un incubo. Nutro quella piccola scintilla...ma le sue lacrime spengono tutto. Il buio scende tra di noi. Le tenebre avvolgono i nostri corpi e due mani dalle dita adunche ci strappano inesorabilmente. La verità più atroce esce dalla bocca di Nazli: sapeva tutto e ha taciuto per proteggere sua sorella. In un attimo mi diventa tutto chiaro. Non era mancanza di desiderio, non era resistenza alle mie avances ma uno scappare da questo momento che inevitabilmente sarebbe arrivato. Nazli fuggiva da me perché non era limpida la sua condotta. Infingarda fino in fondo. Ha lasciato che io bruciassi d'amore per lei, mi ha messo con le spalle al muro, mi ha denudato di ogni arma per rendere il più innocuo possibile questo momento per lei. Lei dosava le sue concessioni col filtro delle precauzioni, mentre io giocavo a carte scoperte. Una lotta impari tra noi due perché condotta in modo non leale. La scaltrezza e la misurazione da una parte, la fiducia e la generosità dall'altra. La domina e il fido scudiero, votato alla morte pur di averla felice tra le proprie braccia.

Sotto la pelle di Aslan 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora