Capitolo 8: Dalla sete all'arsura

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È notte fonda. Le ombre avvolgono la camera. Le ore danzano al cospetto della luna, infondendo nei cuori mortali chissà quali desideri. Il letto mi accoglie e il soffitto torna con generosità ad offrire la sua distesa alla mia mente. Il ricordo di quello che avevo vissuto il giorno prima allontana il sonno. Mi sento improvvisamente assalirmi dalla febbre. Rivedo le mie mani che scorrono sulla pelle di Nazli, mentre trema come una farfalla in trappola tra le mie braccia. Rivedo quelle nostre bocche così vicine, eppure così dannatamente vietate l'uno all'altra. Un tremore mi percorre la schiena, poi un brivido. Il momento in cui, finalmente vinta, la mia guerriera si abbandona a me. Sento ancora il calore della sua pelle che incendia la mia. La sua febbre è la mia febbre! Covata da tempi ormai lontani, ora esplode con tutta la sua carica dilaniante in me. Come la sortita di un giovane combattente più audace degli altri che apre il varco all'esercito. Ecco, quella doccia è stata la breccia nelle mura dell'ostinata idolatria di me stesso. Arriva ora l'esercito intero e nulla può l'uomo orgoglioso e freddo di un tempo contro le armi della più bella delle mie seduttrici. Rassegnato al mio prossimo capitolare, mi apro ancora una volta a lei, che non tarda ad irrompere. Come un fantasma, sento dentro di me l'anima di Nazli che si aggira raminga e solitaria. Per la prima volta i suoi piedi hanno un peso diverso. È come se fossero leggeri come piume. Li vedo calpestare il mio territorio, ma stranamente non ne avverto il peso. Con non poco coraggio faccio qualche passo verso di lei, ma una graffiata potente del mio leone mi risucchia indietro e mi atterra. Non è ancora tempo di mostrare il fianco. Superbo, il felino rizza la coda e con entrambe le zampe anteriori mi attira a sé per poi accasciarsi sopra. Sento su di me il peso di quella strana creatura che adoro e temo. Le sue zampe mi stringono, i suoi artigli mi solleticano la pelle. Minaccioso, mi avverte che non ho scampo. Al prossimo passo falso uno dei due giungerà al capolinea. Non è senza dolore che avverto questo nostro stare ormai su due lati dello stesso fronte. In mezzo, lei...sempre e solo lei. La donna che mi svende per poi riacquistarmi al prezzo più alto. La donna che mi divora per poi forgiarmi nuovamente. La donna che mi prosciuga per farmi poi riempire di lei. Sono perso. Questa è la sola certezza, unitamente alla ciclicità del giorno e della notte. La luce fa irruzione nella stanza. Immagino che la casa al piano di sotto sia già in pieno giorno. È una mattina che stenta a decollare, forse perché quel perdermi dentro e dietro i miei pensieri alla fine dei conti mi piace. Ma c'è dell'altro. Una strana sensazione mi rende irrequieto. Penso siano state le parole di Tahir. Non ci resta che affrontare la sorte. Tempismo perfetto. Il mio sesto senso non sbaglia mai. Il vigilante mi informa che è appena sopraggiunta la polizia. Prevedo tempesta e credo anche di conoscerne l'origine. Il sorriso di Nazli mentre mi augura buongiorno lenisce in parte la preoccupazione, ma è questione di attimi, perché una nuova e più potente ansia mi assale nel vederla comparire. Non voglio che lei si preoccupi. Non voglio che la sua quotidianità venga intaccata dai miei affari. Soprattutto non voglio che lei venga messa in mezzo. Il mio volto cereo, tuttavia, parla chiaro e, conoscendola, è inutile dirle di restare dentro. Usciamo insieme incontro alla polizia. Poche battute. Droga in quattro dei miei camion. Lo sgomento e l'impotenza mi strappano la mente. Sono sicuro che c'è un errore, ma questi uomini non sono qui per ascoltare. Seguirli, rispettando i comandi, è la sola cosa da fare. Ora la parte più dolorosa di questa storia. Non posso evitare di guardare Nazli. I suoi occhi tremano, la bocca sussurra parole di ansia indecifrabili eppure tangibili. È diventata più piccola del solito. Si sente persa, smarrita e incredula. Condividere anche solo per un attimo queste sensazioni, ci avvicina e il desiderio di tranquillizzarla arma di audacia la mia mano. Le sfioro il viso e solo il cielo sa quanto amore ci ho messo in quella carezza. La pelle vellutata delle guance di Nazli sarà la consolazione nella battaglia che mi appresto a fare. So già che non mi ascolterà ma le raccomando ugualmente di restare a casa, magari in compagnia e di non andare da nessuna parte. Ancora uno sguardo a lei mentre un poliziotto mi afferra il braccio per portarmi al commissariato. Ferit Aslan accusato di spaccio e traffico di droga. La notizia starà circolando sicuramente su tutti i giornali e i canali televisivi. Vedo già le facce di Hakan e Demet trionfanti. Questa cosa mi manda in bestie. Il fuoco avvampa dentro, tanto più che questo imprevisto rischia di compromettere l'affidamento di Bulut. Bulut, Nazli...la mia vita. Per loro devo reagire. Sento in me una strana potenza. Riconosco il grido. La criniera al vento e il pelo irto. Il leone è pronto alla nuova battaglia. Affilare gli artigli, scorticandosi la pelle è il primo passo da fare. Serve ad aumentare la soglia del dolore, pur aprendo la porta alle infezioni. Ecco...infezioni. La pelle del mio orgoglio è stata scorticata predisponendo di fatto il sopraggiungere di quelle due misere canaglie. Un'infezione, un cancro subdolo che sta corrodendo la mia famiglia e l'azienda. Questa certezza mi fa ribollire il sangue e sono sicuro che a breve troverà il modo per fuoriuscire in tutta la sua violenza. Cerco di spiegare chi sono e come ho sempre lavorato. Il mio avvocato mi asseconda, ma il commissario sembra essere sordo. Gli chiedo quanto dovrò stare là e la risposta, fluttuante tra un paio di ore e un paio di giorni, mi fa andare di matto. È assurdo. Lontano da Nazli e preoccupato che le possa capitare qualcosa. Geloso più che mai anche al solo pensiero che Deniz possa andare da lei per l'occasione. In fondo il tarlo che hanno insinuato in me, nonostante il chiarimento delle dinamiche, non mi ha ancora abbandonato del tutto. La poltrona nell'ufficio del capo della polizia inizia a starmi stretta. Il suo fondo sembra pieno di aculei pronti a pungere. La verità è che io sono furioso. Cerco di ritornare in me, nella consapevolezza che l'agitazione in questi casi può solo peggiorare la situazione, ma il sopraggiungere di Nazli, getta benzina sul fuoco. In barba ad ogni raccomandazione è venuta al commissariato. Ma su questo non avevo dubbi. Così come non li avevo sul fatto che fuori dalla porta ci siano anche Fatosh, Engin e immancabilmente...Deniz. Il commissario ci lascia soli. L'intimità di questo incontro è indescrivibile. Appena soli, le chiedo il motivo per cui è venuta, non senza averla prima un po' strigliata per la sua proverbiale disobbedienza. Sul suo viso per la prima volta leggo la paura ma anche l'imbarazzo. Mi fa una tenerezza infinita. Decido così di mettere fine al suo tormento fornendole io stesso la risposta. Nazli è venuta per dimostrare alla gente che il nostro è un vero matrimonio. Certo, una moglie non lascerebbe mai solo suo marito in una circostanza così. Nazli ha seguito solo il protocollo. In realtà c'è nelle mie parole più la volontà di persuadere me stesso. Conosco l'ispiratore. Quel furfante felino, riottoso alle lusinghe d'amore quanto alle carcasse degli animali morti. Riconosco la firma dei suoi artigli. Gongola vedendomi sottomesso ai suoi dictat, ma ha fatto i conti senza l'oste. Il lupo, voglioso come non mai, affamato perché da troppo tempo a digiuno, fa capolino in fondo alla sala del trono. Un ululato è sufficiente a scuotere l'aria e a far mettere nuovamente sul piede di guerra il leone. Siamo nuovamente in guerra e questa volta i fronti sono due! Orgoglio e desiderio dentro, Ferit Aslan e Nazli Pinar fuori. I colpi ora sono netti e precisi. Le fauci del lupo hanno la possanza della disperazione. Gli artigli del leone hanno la precisione di chi sa di non poter fallire. Ma entrambi hanno la certezza che tutto di loro dipende dalla battaglia che fuori di me si sta ora svolgendo. Perché tale è ogni mio incontro con Nazli. La sensazione di una velata mutevolezza nei suoi atteggiamenti continua a farsi percepire. Forse è solo una mia impressione, ma il fare di Nazli nel momento in cui le ricordo la base del nostro matrimonio mi rende quasi certo delle mie percezioni. La mia bella guerriera, infatti, scuote la testa, agita le mani e alla fine annuisce e accetta la risposta. Il modo, però...mi strappa l'anima. Nazli sembra ingoiare a vuoto, visibilmente delusa o forse offesa. L'improvviso comparire di Deniz mi offre la spada dalla parte del manico. Crudele come non mai, chiedo a Nazli di continuare a recitare la parte della moglie innamorata. Ci abbracciamo e lei sussurra parole dolcissime, che hanno però il retrogusto del fiele, perché dettate dall'apparenza. La stringo forte a me, ma a differenza sua, io non sto recitando. Eh no! Per la prima volta, dopo la morte di Zeynep e Demir, vedo la mia anima piangere. La sua sofferenza mi stende. Amare e non poterlo urlare per paura di farsi male è la tortura peggiore. La certezza che Nazli non sarà mai mia avvolge tristemente la mia reggia. È come vivere in penombra e non lasciarsi andare mai né dalla parte della luce per paura di scottarsi, né dalla parte del buio per paura di inciampare. La presenza di Deniz ormai è indifferente, anzi...il suo andare via mi solleva perché finalmente posso essere me stesso. Ed è questo ciò che voglio ora, seppure incompreso. Così avvolgo Nazli con le mie braccia, cerco di rasserenarla perché ora questo è ciò che desidero di più. Ho paura per lei. Se potessi, mi strapperei la pelle per poterla ricoprire e proteggere. Vorrei poterle dire:

Sotto la pelle di Aslan 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora