CAP. 8

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CAP.8

 Corro. Corro, mentre lo scenario più distruttivo che qualcuno potrebbe immaginare mi circonda . Le fiamme divorano gli alberi. Il vento soffia violento e prende colori caldi, come se qualcuno avesse deciso di inondare l’aria di un ventilatore con dello zafferano. La terra è ormai bruciata e il terreno non presenta più alcun segno di vita. L’unica cosa che c’è oltre alla natura matrigna sono io,  esule ragazzina che è costretta ad osservare quello scenario.  La solitudine che provo è immensa, e il peso delle immagini mi investe come un fiume in piena. Voglio correre, andare lontano, in un luogo non attaccato da questa natura malvagia e distruttrice . 

Non posso fare niente. Mi sento impotente davanti a quella terribilmente visione che investe tutto e tutti. Il cuore mi batte nel petto come un tamburo e il sangue mi pulsa nelle vene in modo indescrivibile, quasi dolorosamente. Le mie dita sono congelate, anche se il fuoco crea un atmosfera che in qualsiasi altro momento avrei giudicato accogliente .

Mentre sono costretta ad osservare questo disastro ,un urlo squarcia la notte e come per magia le mie gambe sono nuovamente attive.  Corro e inseguo quel grido che mi ghiaccia il sangue. La terra si insinua tra le dita dei miei  piedi, che sono scoperti. Mi fanno male, sento il sassi punzecchiarmi la pelle ma, non so perché, devo raggiungere quella voce. Corro e corro, grido ,senza emettere suono, per il dolore ma continuo a correre.                                                                                                                                                                                    Non me ne accorgo subito, ma i colori caldi che prima circondavano tutto come un guanto  sbiadiscono e poco a poco la natura si tinge di verde, dal verde più tetro e spaventoso a quello luminoso e brillante, che si mescolano in un turbinio indistinto. Con il passare di quelle che a me sembrano ore ma che so essere solo pochi secondi, il suolo cambia consistenza, e le piante dei miei piedi appoggiano sembra più spesso su piccole, fragili  e  morbide foglie. Mi ritrovo così in una piccola radura dove le urla che prima sentivo e che mi hanno spinto a correre si affievoliscono e si trasformano prima in gemiti e poi in innocenti risate. Mi accorgo che provengono da una piccola culla che si trova nel centro della radura, illuminata da un raggio di sole. Mi avvicino lentamente, e scorgo, tra gli strati di tulle colorato, il corpicino di una bambina, scosso dalle risate. E quando lo vedo, l’unica cosa che provo è … pace.

 

Come se una luce fosse stata accesa mi risveglio e sento le gocce di sudore scendere sulla mia fronte, mentre noto i raggi della luna che entrano dalla finestra e che generano una discreta luce per essere notte fonda. Ho il cuore che mi batte ancora forte nel petto. Tento di diminuire il rumore delle mie tempie, e per fare questo mi premo con forza le dite sulla testa. Il dolore va via via scemando, ma il mio respiro continua ad essere affannato ,come se avessi appena corso per kilometri. Le coperte mi si sono avviluppate intorno al corpo mentre dormivo, e le districo tentando fare il minimo rumore possibile dal momento che scorgo il viso rilassato di Penn, che dorme beata in un sacco a pelo per terra. Mi ridistendo sul letto, e mi risistemo il pigiama che , forse a causa dei movimenti provocati dal sogno, si è sollevato.

Tento di riappisolarmi, ma il cervello non vuole saperne di chiudere le saracinesche. E così comincio a fantasticare sul futuro mio e della mia bambina, come mi capita di fare sempre più spesso. Sogno di poterle dare una vita felice e sicura, ma soprattutto un papà, perché so quanto può essere importante un figura paterna. Sogno i piccoli momenti in cui le terrò le mani per attraversare la strada,  quando le allaccerò le scarpe la mattina prima di andare a scuola, quando dovrò scarrozzarla da una parte all’altra della città come succedeva ai miei genitori con me e mio fratello. Immagino le sue prime cotte, e perché no? Anche il matrimonio. E continuo a fantasticare.

Quando però ho finito gli argomenti di cui intrattenere una conversazione  con la mia mente, mi accorgo che la sensazione di pace che ho provato negli ultimi istanti del sogno è ancora lì. Allora, dal momento che non ho nulla da fare, accendo il computer e digito sulla barra delle ricerche di Google “pace”. I risultanti sono molti, ma uno mi incuriosisce. Fa riferimento ,tra le molte cose, alla divinità prima greca e poi romana della Pace, da cui deriva una consueto nome italiano.

Spengo il computer e con il sorriso sul volto, mi siedo sul davanzale della finestra. Accarezzo la mia pancia e “ Buona notte, Irene” sussurro alla piccolina, alla mia piccolina.

LO SO, LO SO NON UCCIDETEMI. E’ MOLTO CHE NON AGGIORNO, PIU’ DI UN MESE A DIRLA TUTTA, MA NON AVEVO MOLTE IDEE, E MOLTO TEMPO. SIATE PAZIENTI, VE NE PREGO… E SE AVETE QUALSIASI COSA DA DRIMI (CHE SIANO ERRORI DI PUNTEGGIATURA, COMMENTI O ALTRO) VI PREGO SCRIVETE.

P.S. 5.7 K VISUALIZZAZIONI, E 214 VOTI??!!?!?!?!? SIETE MAGNIFICI!!!!!

UNA BACIO E ALLA PROSSIMA,

KERKIRA

Insieme, senza pauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora