2. Party

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La sveglia squillò puntuale come sempre.

La luce che entrava dalle veneziane della mia camera era intensa nonostante fosse ancora inverno.

Ma com'era possibile? Era già estate? Per quanto tempo avevo dormito?

Spostai solo due asticelle per vedere cosa accadesse e non rimasi per nulla sorpresa da quello che vidi: anzi mi arrabbiai terribilmente.

"Cosa diavolo gli è passato per la testa al vicino di mettere i lampioni proprio davanti alla mia finestra?" Ringhiai furiosa tra me e me.

Ero molto assonnata, ma non potevo restare a letto, la sveglia era già suonata da un pezzo.

La colazione fu un vero disastro, rovesciai più volte il latte fuori dalla tazzina, bagnando dappertutto. La piccola tovaglietta, che ero solita usare per colazione, si incanstrò nella cintura dei pantaloni e, senza accorgermi, mi alzai di scatto facendo volare tutto per aria. Oggi sarebbe stata una giornata nera, me lo sentivo.

Mentre raccoglievo i pezzi di vetro dal pavimento, arrivò Aaron, mio fratello maggiore. Avevamo solamente due anni di differenza, ma sembravamo quasi gemelli.

"Hey Cate hai bisogno di una mano?" domandò mezzo addormentato.

"No! Non ho bisogno di niente. Ora vattene però." risposi acida.

Mi sentii subito in colpa per avergli risposto così, non se lo meritava. D'altronde non aveva fatto nulla di male.

"Ok, ma ti avevo solo fatto una domanda."

"E io ti ho risposto, perciò vattene."

"Non azzardati mai più a parlarmi con quel tono!"
Avevo gli occhi gonfi di lacrime per la tensione di quella situazione, non ce la facevo più e tra pochi secondi la diga si sarebbe spaccata finendo per esondare.

Scivolai giù con la schiena lungo la parete finché non toccai terra, rannicchiando la testa fra le gambe. Singhiozzavo e respiravo a fatica.

Il silenzio nella stanza durò per interminabili minuti, fino a quando Aaron decise di rompere il ghiaccio. "Scusa non avrei dovuto parlarti in quel modo."

"Nnon chiedermi scusa, è soltanto colpa mia." Risposi con un filo di voce tremolante.

Lui si chinò davanti a me porgendomi la sua grossa mano. L'afferrai senza esitazione e con forza, cercando di alzarmi dal pavimento.

Appena fui in piedi ci guardammo negli occhi; non riuscivo a fissarlo, avevo bisogno di sentirlo vicino sia moralmente che fisicamente.

Infilai le mie braccia sotto le sue e intorno al suo largo petto, abbracciandolo con tenerezza.

Tutto sommato era mio fratello e gli volevo un gran bene.

Aaron era davvero carino, muscoloso, ma non troppo, pettorali appena accennati, capelli castano - che portava corti - e pelle di una tonalità leggermente più scura della mia, quasi bronzea.

Oggi andammo a scuola mano nella mano, sembravamo fidanzati, ma in realtà eravamo solo fratelli.

All'ingresso ci dovemmo obbligatoriamente separare per andare ognuno nelle rispettive classi.

"Allora ci vediamo dopo?" domandò Aaron.

"Contaci." risposi schietta.

"Okay." rise, abbastanza incredulo del fatto che avessi già trovato di nuovo il buon umore.

Come entrata notai subito Sam, voletti andarla a salutare, ma una voce in lontananza pronunciava dolcemente il mio nome. Mi sembrava così stranamente famigliare. Ma certo, era Blake.

A Tear of WolfDove le storie prendono vita. Scoprilo ora