8. faló

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30 Agosto

I rumori naturali che sento sono così piacevoli che renderli la colonna sonora di pensieri fastidiosi è uno spreco. Lo scoppiettio del fuoco, le piccole onde di un mare così calmo si infrangono sulla spiaggia mi fanno sentire, per un momento, dopo tanto tempo, nel posto giusto. Il grande gruppo che fino a pochi minuti prima era riunito al fuoco ora è sparso e separato di qua e di la, Nelson si gode il cielo stellato e l'atmosfera romantica con la sua ragazza, i quattro ragazzi si passano una bottiglia di birra grande e ridono, sembrano degli adolescenti nei tempi d'oro.
Lui si gira verso di me, guarda gli altri per un secondo e li abbandona. Avrei riconosciuto la sua immagine anche a buio pesto, senza la luce della luna ad illuminarlo. Prende una birra e si siede accanto a me, la apre e me la passa, il primo contatto della serata, il primo vero contatto dopo un tempo lunghissimo. Rifiuto con un sorriso e torno a fissare il fuoco, butta giù un lungo sorso "non ti diverti?" fa una smorfia mentre parla, non è amante di birre da quattro soldi. "Sto assaporando il momento, a Londra ho sentito la mancanza dei falò sulla spiaggia" il tono incontrollato ha assunto una vena malinconica, i brividi lungo la schiena riflettono la mia paura di aver reso la conversazione poco piacevole, "qualcuno ha realizzato il tuo desiderio allora" si attacca di nuovo alla bottiglia, il liquido che già sta per finire dopo due sorsi, mi stringo nella coperta e lascio la sua frase senza risposta. Quel pizzico di risentimento nelle sue parole mi fa spontaneamente sorridere. "Francesco è un tipo a posto" dice, lo guardo di scatto e ora è lui a fissare il fuoco, si stringe le ginocchia al petto seduto a distanza da me, la luce riscalda il suo profilo inespressivo, sembra una frase detta più a se stesso che a me.
"Ho visto che siete diventati amici" mi maledico per non aver trovato nient'altro per spostare la conversazione su qualcosa o qualcuno che non sia Francesco, "per forza di cose" dice solo e beve un altro sorso che manda giù sempre con una smorfia, mi sembra di rivedere il Cesare appena conosciuto, con la sua corazza come scudo, che nemmeno l'arma più potente di un qualsiasi supereroe Marvel può graffiare "però mi sembra davvero un tipo a posto" ripete "a differenza mia" le ultime tre parole sono state una freccia scoccata nell'esatto punto in cui un cerotto piccolissimo stava rimarginando a fatica una ferita troppo grande.

"Anche tu sei un tipo a posto" dico dopo un sospiro, non ero pronta a questa conversazione con lui, pensavo che avremmo lasciato che il tutto si risolvesse passivamente, dimenticando. Nessuna risposta da parte sua, solo un ghigno seguito da un sorriso amaro, l'occhio mi cade sulla leggera fossetta che gli si forma sulla guancia mentre guarda fisso davanti a se, "perché tu vedi sempre qualcosa di buono nelle persone" dice dopo istanti che sembrano ore. "Vedo il buono quando c'è, Cesare" a sentire il suo nome i suoi occhi incrociano i miei, la luce calda che riscalda il colore delle sue iridi, troppo lontane per riconoscerne le sfumature ma sono ben presenti nella mia memoria.
"Continui a pensarlo?" mi chiede e da fine a quel contatto visivo che nemmeno io riuscivo a reggere ma, ne sento immediatamente la mancanza. La voce lontana di Francesco urla il mio nome "facciamo una passeggiata?" mi chiede da lontano e sento un combattimento dentro di me, una parte mi dice di andare da lui, la parte più profonda di me vuole rimanere qui, con il ragazzo delle ferite e delle frecce. Mi alzo e sento delle dita sfiorare la mia mano, la sensazione del suo impercettibile tocco mi colpisce diritta al petto, come mesi fa. Riesce ad afferrare solo un dito, come se fosse guidato dal nastro rosso che mi lega a lui ma, che non ha l'altro capo stretto al suo dito. "Lo penso sempre, Cesare" dico mentre tiro via la mano, raccogliendo nella mia testa quel filo rosso di cui lui possiede il gomitolo e mi allontano.

Mentre mi avvicino al biondo prego tra me e me che la sua attenzione non cada sulla scena che interrotto. Un sorriso forzato curva le sue labbra verso l'alto, non ha la sua solita espressione serena. Lui è quel genere di persona limpida e spontanea, è lui stesso a donarti la presunzione di conoscerlo dopo pochi giorni, ma in realtà mille piccolissime sfaccettature si nascondono dietro la sua persona.
"Ciao biondo" mi allungo a fatica sulle punte per scompigliare quella massa informe di capelli chiarissimi. Prende il mio braccio e se lo attorciglia dietro la sua schiena mentre mi cinge le spalle e poggia la sua mano tra il sottile orlo della mia felpa e la pelle nuda del mio collo. I brividi che sento a quel tocco sono diversi da quelli provati prima causati dall'impercettibile sfiorare delle dita di Cesare contro le mie, lui è un polo di elettricità e io quello opposto.
"Ti diverti?" ridacchio tra me e me perché ripenso alla stessa domanda che mi è stata posta pochi minuti fa, "si, mi sono mancati i falò sulla spiaggia" sorrido verso di lui. Stringe leggermente la presa sul mio collo e ci facciamo trascinare dalle nostre gambe che camminano senza meta sulla sabbia fredda e bagnata. "Ti turba - " fa un respiro che percepisco pesante "la sua presenza?" non pronuncia il suo nome, non mi guarda e non si ferma, continua diritto e serio.
No, non mi turba la sua presenza. Mi turbano i sentimenti contrastanti che sento per lui, il desiderio di scappare dalla parte opposta quando me lo trovo davanti che fa a cazzotti con la voglia di chiedergli perché mi ha fatto sentire speciale per una manciata di minuti nei mesi passati ed essere scomparso nel nulla poi. Mi turba il sentirmi legata a lui dall' esatto momento in cui ha preso la mia mano in quel bar mesi fa.
Mi fermo per un secondo e lo fa anche lui, ancora aggrappati l'uno all'altra "meno di quello che pensi" dico ma forse non è quella la risposta che voleva sentire.

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