10 Aprile - primavera
Guardo la scia di luce dei raggi del sole che riflettono sulla cupola in vetro del bar. Il caldo qui dentro inizia a farsi sentire e mi costringe a sfilare via la felpa e lasciarmi qui con uno strato in meno, mezzo braccio scoperto e ringrazio chi ha inventato l'abbigliamento a strati. La magia della primavera, il sole che inizia a scaldare e i colori brillanti che ricoprono ogni cosa, se le stagioni fossero uno stato d'animo, io sarei una primavera. Ho solo ricordi felici della primavera, momenti trascorsi quasi sempre all'aria aperta, tra parchi ricoperti di fiori colorati e la campagna con la sua atmosfera calma e verde. Verde ovunque. Ricordo la nonna che mi portava a fare la passeggiata verso una fontanella non molto lontano da casa sua, l'acqua freschissima che scorreva e lei che mi bagnava le guance e la punta del nasino.
Mi faccio trasportare dalla memoria, dalla distesa verde del piccolo parco che vedo fuori la finestra fino a quando una testa riccia che conosco fin troppo bene mi fa tornare all'interno di questo bar. Si siede vicino a me e si accascia sullo schienale facendo dei grandi respiri post corsetta da ritardo "dovevamo vederci un'ora fa" dico cercando con lo sguardo la cameriera per poter finalmente ordinare il caffè, sono qui da più di un'ora e per aspettare lui non ho ordinato nulla. Lo so, non è stata colpa mia" dice tra un respiro e l'altro guardando qualsiasi cosa tranne me "ti sei addormentato, vero?" chiedo, sapendo con chi ho a che fare, "no" mente, cambia il tono della voce quando lo fa "Nelson!" gli tiro uno schiaffo sul braccio, si porta le mani sul viso e inizia a scusarsi a raffica, "oltre al caffè mi offri anche un muffin" dico e chiamo la cameriera, si arrende facilmente e poggia sul tavolo il suo portafoglio già pronto.
Ho conosciuto Nelson in questo bar qualche mese fa, un pomeriggio mi ha fissato per non so quanto tempo prima di venire da me con un po' di scuse banali, prima mi ha chiesto in prestito una matita, poi l'evidenziatore e alla fine ha preso i suoi libri e appunti e si è seduto vicino a me "posso unirmi a te?" nell'unico tavolo, oltre il suo, occupato da qualcuno intento a studiare. Ho apprezzato la sua velata spavalderia, con il tempo ho capito però quanto è timido e pieno di ansie e paure. Da allora studiare insieme al bar è diventato un appuntamento quotidiano. Con il tempo oltre ad essere un mio compagno di studio è diventato anche un buon amico, di quelli in grado di tirare fuori il meglio di te e che riesce a mostrarti il suo meglio. E' buono, lo è con me e con tutti, è il primo che posso considerare mio amico.
"Cosa stai preparando ora, secchia?" chiedo prendendo in mano quel libro mattone che ha davanti a se, "diritto delle comunicazioni e di qualcos'altro" dice con la faccia disgustata "è bello pesante" rispondo alludendo al libro che sto sfogliando, "si" risponde "ma un mio collega mi passa i suoi appunti e io gli passo i miei dell'ultimo esame" sorride "quello in cui hai preso 30 e lode?" chiedo scompigliandogli i suoi ricci, sorride imbarazzato "ho avuto fortuna" risponde, "perché sminuirti così parlando di fortuna? Sei stato bravo e ti sei meritato quel voto" è fatto così, è bravo e non se ne rende conto.
Passiamo il nostro classico pomeriggio di studio tra libri e appunti sparsi, fotocopie che si confondono, matite rubate e continui ordini di caffè. Nelson legge un messaggio appena ricevuto e una sua piccola smorfia esprime che qualcosa non va "che succede?" chiedo al mio amico, sistema gli occhiali come al suo solito "mi ha scritto quel ragazzo degli appunti, Cesare, oggi non riesce a passare" dice con gli occhi sullo schermo "Cesare?" chiedo, è un nome nuovo che non credo di aver mai sentito pronunciare da lui, ho conosciuto qualche suo collega durante i nostri pomeriggi di studio e altri ormai li sento nominare spesso, "si, non lo conosci, non lo conosco nemmeno io a dire il vero" dice e, a volte, credo che questo ragazzo riesca a leggermi nel pensiero.
Le ore e le pagine passano, fuori piano piano i colori stanno diventando scuri e un leggero velo d'arancione e rosso colora il cielo, metto le mani sul mio quaderno e poggio la testa su, la stanchezza si fa sentire "è ora?" chiede Nelson, "è ora" ripeto io, è la nostra campanella, a queste parole si chiudono i libri. Raccogliamo tutte le nostre cose e ci fermiamo, come al solito, a chiacchierare. Abbiamo preso quest'abitudine ormai, le chiacchiere tra amici iniziano quando i libri sono chiusi. Ho apprezzato la compagnia di Nelson da subito, ci siamo affezionati in poco tempo fino a diventare ottimi amici, sento che ormai non riuscirei a studiare bene da sola, nonostante facciamo due facoltà diverse, lui comunicazione e io veterinaria; sono cresciuta nell'ambulatorio di mio padre, la mia strada si è scritta da sola.
"Sushi?" mi chiede improvvisamente dopo aver chiuso lo zaino e averlo posato sul tavolo, "di nuovo?" chiedo, siamo andati a mangiare sushi poche sere fa, "non è una risposta" mi fa notare il mio amico che mi guarda e quasi mi implora con lo sguardo, "e Martina?" gli faccio l'occhiolino sapendo di aver toccato un tasto dolente "ora chiedo anche a lei" risponde e prende immediatamente il cellulare che gli strappo di mano "no, tu ora chiedi a Martina e vai a magiare con lei, io non vengo!" esclamo. Un amico di Nelson ci ha presentato questa Martina, una ragazza dolce e davvero molto bella che non è passata inosservata agli occhi del mio amico, da qualche settimana hanno iniziato ad uscire insieme qualche volta e, pare, che a Nelson piaccia molto.
"Dai, vieni anche tu!" cerca di prendermi il suo cellulare dalle mani e io lo allontano, "no Nelson, dovrete superare la fase degli appuntamenti pomeridiani" dico, cerco di spronarlo a fare un passo in più da giorni e giorni "non sono appuntamenti, siamo solo amici" dice "siamo solo amici" gli faccio il verso, "Nels, io e te siamo amici, tu diventi scemo quando c'è lei" dico e mi fermo in attesa della sua reazione, della sua sfuriata e del solito discorso che fa quando parliamo di lei "Nels, chiedile semplicemente se ha voglia di andare a mangiare sushi, se ti risponde si le proponi di andare, solo una pazza ti dirà di no" gli lascio il telefono e lo guarda prima di prenderlo "però se dice no ci vieni tu con me?" mi chiede, mi sorride e mi fa un sacco tenerezza, vedo le sue insicurezze, le sue paure "certo" dico e gli passo una mano nei suoi ricciolini sulla fronte.
Prende il telefono, fa un respiro e digita velocemente qualcosa, fissa lo schermo qualche secondo prima di bloccarlo e metterlo giù, mi guarda "fatto" dice e sorride, Martina risponde quasi immediatamente. Nelson sbircia l'anteprima del messaggio e cerca di nascondermi un sorrisone, faccio finta di niente, so che lo è, "su" dico e mi alzo "accompagnami a casa" mi fermo vicino la cassa "Nelsino, devi pagare tu!" gli ricordo, deve pagare per l'ora di ritardo che ha fatto oggi.
Fuori il bar mi ferma "sicura di non voler venire?" mi chiede e il suo sorriso colpevole mi fa molta tenerezza, "sicura! Vai, divertiti e non mangiare troppo" gli dico e gli metto un braccio attorno al collo, mi stringe leggermente e mi fa segno di andare verso la sua macchina. Pochi minuti e siamo sotto casa mia, "domani mi racconti" gli dico e scendo dalla macchina, "ciao Ami" si porta due dita alla fronte e mi saluta così, al suo solito.
Saluto velocemente i miei e controllo l'agenda di mio padre e degli appuntamenti che ha in programma per domani mattina, di nuovo, mi toccherà andare qualche ora in ambulatorio per la segreteria.
Doccia, tuta e una serie a caso da vedere sul divano con una coppa di gelato, non c'è ancora il clima perfetto per il gelato ma ne avevo voglia. Mi metto comoda e so che non andrò molto avanti con la visione della serie, la giornata si sta concludendo.
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koi no yokan || CC
FanfictionL'espressione Koi no Yokan non trova una vera e propria traduzione nella lingua italiana, i giapponesi usano questa espressione per indicare la sensazione provata tra due persone durante il loro primo incontro, sentendo già che essi finiranno inevit...