«Carl hai letto il giornale? La villa dei Parker è stata svaligiata ieri sera». Mamma mise il giornale della mattina sul tavolo della cucina davanti a papà che, nel mentre, si sorseggiava il suo caffè mattutino dopo aver finito la sua brioches al cioccolato.
Alzò un sopracciglio, per nulla sorpreso dalla notizia.
«Tesoro, non è la prima volta, non dovresti essere così sbalordita», borbottò lui appoggiando la tazza sul piattino.
Si alzò poi in piedi stringendo il nodo della sua cravatta rossa con sopra delle macchinine.
Tutti coloro che lo incontravano per strada lo guardavano storto per il suo buffo modo di vestire, non sapendo che i suoi indumenti quotidiani sono pensati apposta per far ridere quei dolci bambini dell'ospedale di New York.
Ogni sera si cimentava a preparare loro degli spettacoli, giochi di tutti i generi e trucchetti di magia per strappare un sorriso a quelle espressioni lunghe; faceva di tutto per renderli felici, perché non pesasse troppo su di loro la malattia che li stava consumando piano piano.
Era un supereroe senza mantello.
«Sono sorpresa perché è la prima volta che qualcuno riesce a derubarli; hanno un sistema di allarme infallibile. Non ci vorrà molto a ritrovarci anche casa nostra sottosopra», sostenne mamma prendendo la tazzina e il piattino, posandoli dentro al lavandino.
«Ogni sistema è fatto per essere rotto, se no non ne inventerebbero altri più efficaci», affermai alzandomi da tavola.
«E poi non abbiamo nulla di costoso, oggettivamente parlando. Se hanno derubato proprio la villa Parker ci sarà un motivo», aggiunsi mettendo via il sacchetto di biscotti che non ero nemmeno riuscita ad aprire, per colpa del buco nello stomaco che aveva quella mattina.
«Bella considerazione, bambina mia», affermò papà lasciandomi un bacio sulla tempia.
«Ora vado a lavoro, buona giornata a tutti».
«Buona giornata anche a te», lo salutammo all'unisono poco prima che uscisse dalla porta principale.
«Angel, anche stamattina non hai mangiato nulla. Tutto okay?»
Annuii solamente, giusto per risponderle. Non mi andava di spiaccicare ulteriori parole.
Dalle scale si udirono dei passi, segno che Gwen si era finalmente svegliata dal suo lungo letargo.
Poco dopo fece il suo ingresso in cucina con i capelli arruffati, il pigiama sgualcito e una mano che copriva la bocca intenta a sbadigliare.
«Buongiorno», mormorò con la voce ancora impastata dal sonno. Si sedette al mio posto rubando una fetta biscottata già farcita dal piatto di mamma, sotto il suo sguardo contrariato.
«Gwen, ti ricordo che fra dieci minuti suona la prima campanella». La vidi strabuzzare gli occhi di scatto, si riempì completamente la bocca di quello che stava mangiando, per poi scomparire di nuovo al piano superiore.
Mamma buttò lo straccio sul ripiano della cucina, borbottando qualcosa di incomprensibile guardando il soffitto.
Fortunatamente io ero già pronta da un pezzo. Il fatto di non aver dormito per nulla quella notte aveva spostato il mio risveglio traumatico mattutino con la mia adorata sveglia al mattino successivo.
Qualche minuto dopo la serratura della porta d'ingresso iniziò a far rumore; brividi di terrore iniziarono a scorrere lungo il mio corpo facendomi rabbrividire.
Mi ero irrigidita notevolmente, lasciando cadere lo zaino che avevo precedentemente preso dalla sedia.
Il suo odore familiare invase la cucina lasciandomi un magone sulla bocca dello stomaco.
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ANGEL
RomanceAngel era un angelo dalle ali di un bianco candido, un sorriso raro da vedere e una bellezza disarmante, era unica del suo genere, una ragazza dalle mille capacità, era intelligente e gentile con tutti. Ma come una piccola margherita strappata dal p...