Il gerarca e la fedifraga

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San Felice Circeo, 5 gennaio 1941

Passarono quattro mesi prima che anche solo parte degli uomini di San Felice Circeo potessero ottenere un congedo: Claudio e Mario Filomusi furono fortunati, in quanto si trovavano sotto l'ala protettiva di Gianfranco Menotti; Francesco e Rinaldo Marini ci misero un po' di più, aiutati all'intercessione di Corrado Belmonte.
Le donne del paese abbracciarono i loro mariti, padri, figli e fratelli con le lacrime agli occhi; anche Giada accorse a salutare Rinaldo, mentre Iris, che dopotutto era ancora la sua fidanzata ufficiale, non si presentò.
Gisella Marini non lo trovò particolarmente strano: da prima della chiamata alle armi di suo figlio, la Cataldo era più insidiata da Menotti del solito; tuttavia era convinta che lo considerasse, appunto, alla stregua di un fastidioso moscone, e che non ce l'avesse fatta a rincontrare il suo fidanzato perché piena di vergogna.
Cercava di non dare retta ai pettegolezzi, per il bene di suo figlio: Irene Cataldo stessa l'aveva pregata di non darvi troppo credito, d'altra parte lei e la figlia erano oggetto di chiacchiere da prima che la giovane venisse al mondo.
Tuttavia una mattina sentì suonare al campanello insistentemente una, due, cinque volte.
La signora Marini indossò la vestaglia e si diresse alla porta: davanti a lei si ritrovò Iris Cataldo in persona, con il vestito azzurro a pois bianchi, una valigia in mano e l'espressione marmorea.
Dietro di lei, la decappottabile rossa di Gianfranco Menotti col gerarca alla guida e i maggiori dei fratelli Filomusi  nei sedili posteriori; i primi due vestivano la divisa fascista, Mario indossava la camicia nera.
<< Dov'è Rinaldo? >> domandò la ragazza, con voce neutra.
Gisella guardò prima lei, poi gli altri tre nell'auto, poi di nuovo la Cataldo con espressione sgomenta.
<< Che cos'è questa storia? >> rispose con un'altra domanda.
<< Voglio parlare con Rinaldo! >> insistette la figlia di Irene Cataldo.
Come se fosse stato chiamato, Marini si precipitò alla porta, accanto alla madre.
<< Che succede qui? >> chiese prima alla madre, poi alla fidanzata.
<< Me ne vado >> disse freddamente quest'ultima.
<< Dove? >> la incalzò lui, sbigottito. Poi vide Menotti e i Filomusi, e sbarrò gli occhi.
<< A Roma >> replicò lei, chiudendo gli occhi e sospirando.
<< Con Menotti? >> ribatté l'uno, anche se sapeva la risposta.
Ma l'altra rimase in silenzio, un silenzio spezzato solo dal rumore del mare di sottofondo e da quello del clacson suonato nervosamente da Menotti.
<< Rispondimi, cazzo! >> sbottò allora Marini.
<< Sa chi è mio padre, Rinaldo. Ha i mezzi per trovarlo, quei mezzi che tu non puoi darmi. Ma non ti dispiace. Già ti sei riconsolato, vero? >> confessò la Cataldo, enfatizzando le ultime parole per provocarlo.
Sua madre era indietreggiata, singhiozzando. Anche Francesco, ancora assonnato, li aveva raggiunti.
<< Di che cazzo parli? >> tergiversò Rinaldo.
<< Non fare finta di non capire. Sto parlando di Giada. Non hai occhi che per lei, da quando è arrivata. Il nostro fidanzamento era diventato una farsa. Ma d'altra parte, chi vuole qualcosa di serio con una figlia di nessuno? Almeno in questo Gianfranco sarà onesto... >> lo sfidò Iris. La sua voce era incrinata, ma non piangeva più. Aveva finito le lacrime.
<< Non fare la vittima >> intimò il primo.
<< Non sto facendo la vittima, sai che ho ragione >> decretò la seconda.
Menotti ricominciò a suonare il clacson, stizzito.
<< Iris, andiamo che sennò facciamo tardi! >> la richiamò.
La ragazza guardò un'ultima volta negli occhi l'uomo con cui credeva di costruirsi un futuro. L'unico che l'avesse considerata molto più che la figlia dell'avventura di una notte, ma che alla prima tentazione l'aveva gettata via come una scarpa vecchia.
<< Addio, Rinaldo >> si congedò, e corse verso la decappottabile prima che il giovane tipografo avesse il tempo di rispondere.
Ma Rinaldo non disse niente: la guardò andare via, in quella grigia mattina di gennaio; guardò lei, Menotti e i fratelli Filomusi allontanarsi con la decappottabile finché questa non diventò un puntino all'orizzonte, per poi sparire.
Forse Iris aveva davvero ragione, forse al di là dello sgomento davvero non gliene importava niente.

Fine

Storia d'amore e di guerra - L'inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora