II

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62 anni prima...

Novembre, 5

Ho sempre avuto paura di volare.
Ho sempre avuto problemi con l'inglese.
Non ho mai sopportato i grossi cambiamenti.
Eppure, a venti candeline appena spente, sto per prendere un aereo che mi porterà dall'altra parte del mondo. Parto dal mio piccolo paesino di provincia e approderò tra qualche ora nella città degli angeli. Lascio la mia famiglia, i miei amici, le mie certezze per avventurarmi in quella che spero sarà una porta sul mio futuro.
Vado però completamente alla cieca... non so bene la lingua e sarò da sola in una delle città più grandi e meravigliose del mondo. Ma è ok.
È ok perchè da quando ho finito la scuola di teatro, la mia piccola Italia mi sta stretta e non vedo molte opportunità di praticare la mia professione. Sono un'attrice, canto, ballo, il teatro è il mio posto e qui forse non posso dare il mio massimo.

- Ok allora... valigia fatta, soldi cambiati, appartamento già pagato per i primi 3 mesi...- farfuglio tra me e me a voce alta girovagando per la mia stanza come una trottola. Sto soltanto cercando di capire se ho dimenticato qualcosa. Sembra però che la mia lista sia completa. Sono praticamente pronta.

- La testa ce l'hai, spero - come un ninja appare mia mamma sulla porta di camera mia. Non lo ammetterà mai ma le mancherò, lo so.
Non abbiamo sempre avuto un bel rapporto noi due. Quando ero più piccola era un litigio al giorno, se andava bene. Poi il covid ci ha salvate. Se non fossimo state costrette a convivere 24/7 forse io nemmeno starei partendo a questo punto.

- Non sei per niente simpatica, donna - la schernisco io scaraventandole violentemente tra le braccia un cuscino. Miravo alla faccia, ma non ho mai avuto una buona mira. Perciò scoppiano a ridere entrambe, alleggerendo così la tensione che si era creata dentro queste quattro mura.

Con mia grande sorpresa si avvicina a me ancora ridendo e mi abbraccia, gesto totalmente insolito per una donna fredda come mia madre.

- La mia bambina... Sei grande ormai, ma io qui senza di te come farò?-

- Oh mamma, non ti preoccupare. Ti chiamerò tutti i giorni, promesso. Poi farò il lavoro che mi piace, vedrò moltissimi posti.. Non mi caccierò nei guai in America se è questo che ti preoccupa -
Forse, e dico FORSE, sto per piangere.
- Mi mancherai un sacco. Mi mancherete tutti un sacco - la stringo più forte a me per poi lasciarla andare, ma solo per dirle che era ora di andare giù a salutare gli altri per poi partire alla volta degli USA.

{♡}

- Sia lodato Gesù Cristo! Siamo atterrati finalmente!- quasi urlo appena scesa dall'aereo procurandomi anche diverse occhiatacce da parte di chi qualche momento fa era sopra l'aereo con me e anche da parte di chi invece stava aspettando queste persone.

Prima figura di merda in America fatta!
Siamo a cavallo!

Ho preso poche volte nella mia breve vita l'aereo e quelle poche volte la mia paura si è fatta sentire molto bene. Quindi, se non si è ancora capito, io odio volare. In particolare questo è stato un volo terribile, dove "terribile" è dire poco. Ci sono state un milione di turbolenze e la signora che stava seduta vicino a me mi ha scambiata per un poggia testa e mi ha usata come cuscino per tutto il viaggio.

Molto simpatica, devo dire.

Sono corsa subito giù da quell'aggeggio senza domandare niente a nessuno e quindi non so dove devo andare.
Per prima cosa sarebbe utile non andare nel panico e seguire le frecce e le indicazioni scritte dappertutto.
Sì, giusto

Seguo attentamente le famigerate frecce e aspetto diligentemente i miei bagagli, quindi mi dirigo alla dogana per i controlli di routine che fortunatamente vanno alla grande. Non che avessi qualcosa da nascondere, ma non si sa mai cosa si possono inventare. Nel frattempo, con le miei poche conoscenze di inglese, ho prenotato un taxi e prego di riuscire poi a ricordare il mio nuovo indirizzo.

- Dio! Questa città è stupenda!- esclamo nella mia lingua madre, guardando fuori dal finestrino del taxi. Approfitto del viaggio per telefonare in Italia e rassicurare la mia famiglia del mio atterraggio e prendo un po' in giro americani in generale e anche il mio autista. Il fatto che non mi capisca gioca molto a mio vantaggio. Perchè lo fissò attraverso lo specchietto retrovisore e commento il suo aspetto, il suo modo di fare e i suoi tic come se non ci fosse un domani.
Non sembra un uomo cattivo ma ha un qualcosa di strano. Indossa un cappello verde menta che gli copre i due peli che si ritrova in testa. Ha un fastidioso quanto divertente tic al sopracciglio: lo alza e lo abbassa in continuazione o per lo meno ogni volta che vede un altro taxi. Il che in una città come Los Angeles e tutto un dire. Ha le mani poco curate, però indossa la fede e attaccata ad display tiene con cura una foto dei suoi 4 figli.

- Voi non lo potete vedere, ma vi assicuro che quei quattro per fortuna non hanno ereditato niente da lui nell'aspetto - dico ancora.

Sto per aprire di nuovo bocca quando proprio il diretto interessato mi avvisa gentilmente che siamo arrivati in Roosevelt Street n7, la mia nuova casa.

- Vi devo lasciare, sono arrivata a casa vi devo lasciare. Vi chiamo domani. Vi voglio bene - riattacco. Quindi pago e ringrazio l'uomo prima di scendere dell'abitacolo giallo.

Penso tu sia anche maturata. Non hai nemmeno dimenticato di prendere la valigia.

L'emozione che provo in questo momento è inimmaginabile. Non ho mai provato niente del genere. Sto per aprire la porta della mia nuova casa, nella mia nuova città, nel mio nuovo continente.
Giro lentamente la chiave e ci sono. Sono dentro... ed è decisamente sopra le mie aspettative.
Anche se ancora mi devono arrivare delle cose dall'Italia, l'appartamento è accogliente e arredato in maniera impeccabile.

Per non sprecare tempo e non perchè il jet leg non mi ha causato problemi, comincio a sistemare tutta la mia roba nelle varie stanze. La mia camera da letto è una delle stanze più grandi della casa e dalla finestra con ampio balcone riesco a vedere gran parte della città, da quanto in alto sono. Le pareti sono di un giallo pallido che non mi piace particolarmente perchè credo che restringa l'ambiente ma è accompagnato bene da un mobilio scuro, sul nero, che è incastonato bene nello spazio. Sulla parete sinistra si trova la porta della cabina armadio che da quanto è grande i miei vestiti la riempiono soltanto per metà.

Alla fine il sonno ha avuto la meglio su di me e mi sono addormentata senza mangiare sul divano in salotto con in mano ancora dai libri che stavo delicatamente tirando fuori degli scatoloni che avevo fatto mandare qui due settimane fa.

Tutto sommato questa giornata non è stata male, domani devo finire di riordinare tutto è forse devo fare la spesa perchè in qualche modo dovrò pur mangiare. Poi credo che andrò a fare un giro in città alla ricerca di un lavoro che mi consenta di vivere bene nell'appartamento super che ho affittato. Ma per il momento mi godo la pace della notte, al resto penserò quando i miei occhi decideranno di aprirsi di nuovo.

Scelgo Te - Tom Holland FFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora