☾𝕒𝕡𝕚𝕥𝕠𝕝𝕠 𝟛

95 3 0
                                    

Quella notte Lydia non aveva dormito bene e stavolta non fu colpa del letto scomodo e scricchiolante dell'albergo.
Era stato il pensiero di Michael Myers ad averle turbato il sonno, le immagini di quel gesto irruento le tornarono alla mente varie volte.
Sapeva che non era del tutto colpa sua perché mai si era rivolta a lui in modo sgarbato o provocatorio. Ma qualcosa, nella sua spiegazione, gli aveva sbloccato forse un brutto ricordo che Michael avrebbe preferito restasse nascosto nella sua mente.

Al suono della sveglia, la psicologa si alzò e non poté fare a meno di notare il suo aspetto nello specchio al lato del letto.
Aldilà dei capelli arruffati, le cui ciocche scure sembravano aver preso vita propria durante la notte, le occhiaie erano ben visibili sul suo viso pulito e delicato.
Sospirò e decise di prepararsi. Ci avrebbe pensato dopo a nasconderle.

Allo Smith's Grove, Harrison e Mendoza accolsero la loro collega con un sorriso che, per un attimo, le fece dimenticare la preoccupazione che aveva provato fino a quel momento.
Le domandarono se volesse procedere alla seduta in cortile e Lydia apparve titubante.
La rassicurarono nuovamente sulla presenza della polizia e che non sarebbe stato un problema proseguire, invece, all'interno della stanza e fu allora che la dottoressa si decise.
«No, andremo fuori. Ho bisogno della sua fiducia. Ieri abbiamo comunque ottenuto qualcosa, devo continuare così».
Harrison asserì con la testa. «D'accordo, dottoressa. Può andare ad avvertire Michael, allora».
Mentre Lydia tirava fuori dalla cartellina il blocco note per il suo paziente, lo psichiatra le aprì la porta e la donna entrò ringraziandolo.

Rivolse a Michael un sorriso e rimase in piedi.
«Buongiorno! Oggi facciamo la seduta in cortile, ti va?»Michael, dopo qualche secondo di attesa, si alzò lentamente dalla sedia e uno dei poliziotti si recò da lui per accertarsi che le manette fossero ben chiuse intorno ai suoi polsi.
Mendoza ripeté le modalità in cui si sarebbe svolto l'incontro e, insieme a Harrison, li accompagnò all'esterno attraverso una serie di corridoi, dopodiché, munirono la Daugherty di un microfono in modo tale da registrare quanto detto durante la seduta.

Mendoza ripeté le modalità in cui si sarebbe svolto l'incontro e, insieme a Harrison, li accompagnò all'esterno attraverso una serie di corridoi, dopodiché, munirono la Daugherty di un microfono in modo tale da registrare quanto detto durante la s...

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Fuori non faceva particolarmente freddo, anzi per Lydia fu piacevole respirare un po' d'aria fresca ma si strinse nel suo cappotto lungo, chiudendolo meglio.
La psicologa consegnò a Michael il blocco e la penna per le domande che gli avrebbe posto, permettendogli di tenerlo con sé. Insomma, ormai era il suo blocco.
Appena dopo avergli chiesto se era pronto a cominciare, un uomo della sicurezza le si avvicinò chiedendole di mantenere una certa distanza da Myers.

La dottoressa e il suo paziente cominciarono a camminare lentamente lungo il perimetro del cortile, sorvegliati a distanza dai due psichiatri e i numerosi poliziotti armati.
«Spero non ti dispiaccia parlare qua fuori. È una bella giornata, sembrava un peccato non approfittarne».
Michael, come suo solito, non rispose né scrisse niente.
Così, Lydia sfidò la regola impostale dai suoi colleghi e afferrò il braccio dell'uomo.
Subito si udirono le pistole della sicurezza caricarsi quasi all'unisono e la donna si bloccò per un momento prima di riprendere a camminare al fianco di Michael.
«Santo cielo, adesso ho più paura di loro,» commentò guardandosi intorno.

I due dottori avevano osservato la scena con un'iniziale preoccupazione prima di chiedere, tramite i walkie-talkie, di abbassare le armi.
Ormai avevano capito l'approccio della Daugherty nei confronti di Myers, perciò non la interruppero.
«Ti alleni, Michael? » domandò la dottoressa avvertendo bene i muscoli del braccio sotto la stoffa bianca della maglia del suo paziente.
"Sì", scrisse sul foglio.
«Fanno fare esercizio fisico a tutti?»
"Sì", ripeté, poi aggiunse, "in gruppo, due volte a settimana".
«Bene, è importante fare del movimento. Io mi dico sempre di dover fare più spesso delle passeggiate, ma non riesco quasi mai».
"Perché?" chiese Michael sul foglio.
Lydia si sorprese dell'interesse del suo paziente e gli spiegò che erano il lavoro e l'occuparsi della casa i suoi principali nemici.
«Qualche volta, nel fine settimana, riesco a fare due passi vicino a dove vivo. C'è un piccolo bosco lì, è molto bello. Quando ci vado per raccogliere la legna, a volte mi perdo a guardarmi intorno, specialmente in questo periodo. Le foglie degli alberi prendono dei colori meravigliosi, è persino rilassante. Caspita, non ho mai pensato di fare delle foto».

Proseguirono ancora per qualche metro in silenzio e fu Lydia a riprendere la "chiacchierata" scoprendo che ai pazienti venivano proposte varie attività ricreative, tra cui l'ascolto di musica.
Approfittando dell'argomento, Michael si aprì con la dottoressa scrivendo che era uno dei pochi momenti che apprezzava della sua permanenza allo Smith's Grove.
In particolar modo gli piaceva la musica classica, soprattutto se a suonarla era un pianoforte.
Lydia, con entusiasmo, gli disse che aveva preso lezioni da ragazzina e il suo paziente mostrò il suo interesse confessando di volerla sentire suonare.

Adesso, la psicologa ne era più che certa: aveva stabilito una relazione con Michael.
Il metodo utilizzato si era rivelato la soluzione perfetta per riuscire a farlo confidare.
Non era necessario parlare di qualcosa in particolare o di importante, anche l'argomento più banale era servito a farlo comunicare.

Non era necessario parlare di qualcosa in particolare o di importante, anche l'argomento più banale era servito a farlo comunicare

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Quella mattina, il tempo era letteralmente volato.
Michael sembrava tranquillo e rilassato e a Lydia aveva fatto piacere conversare con lui.
Allo scadere del tempo, i due furono separati e il serial killer fu portato altrove mentre la psicologa seguì i colleghi per discutere della seduta.
«Dottoressa Daugherty, io sono senza parole, - commentò Mendoza allargando le braccia. - Neanche il dottor Loomis era riuscito a ottenere questi risultati in quindici anni.
«Bisogna essere amichevoli, tutto qui, - sorrise Lydia. - Per quanto queste persone abbiano fatto del male e portato dolore in tante famiglie, devono avere qualcuno di cui potersi fidare.
È assurdo da dire e forse persino sbagliato, ma sono stata bene con lui, oggi. Non mi capitava da anni di avere una conversazione così piacevole con un paziente. Per noi psicologi e psichiatri è importante capire dove si trova quell'ingranaggio che non funziona dentro di loro e, per ripararlo, devono avere fiducia in noi affinché possiamo farlo».
«Una sorta di aiuto reciproco».
«Esatto. Per quanto Loomis sia professionale in ciò che fa, non ha mai capito Michael. A me sono bastate tre sedute, perché?»
«Effettivamente Loomis ha smesso da anni di credere che in Myers fosse rimasto qualcosa di... Umano.»
«E ha sbagliato. Per quanto flebile, ci sarà sempre una luce dentro di loro, in ciascuno di noi. Basta trovare il modo di ravvivarla».

𝒀𝒐𝒖 𝒉𝒂𝒗𝒆 𝒏𝒆𝒗𝒆𝒓 𝒔𝒕𝒐𝒐𝒅 𝒕𝒉𝒊𝒔 𝒄𝒍𝒐𝒔𝒆 𝒕𝒐 𝒘𝒉𝒆𝒓𝒆 𝒚𝒐𝒖 𝒘𝒂𝒏𝒕 𝒕𝒐 𝒃𝒆

Hunter's Moon || Michael MyersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora