☾𝕒𝕡𝕚𝕥𝕠𝕝𝕠 𝟝

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Per tutta la mattina di quel venerdì, il silenzio fu il solo compagno di Lydia. Sarebbe dovuta ripartire in giornata ma, visti gli avvenimenti della notte passata, aveva rimandato il suo rientro a casa alla settimana successiva.
Era scesa al ristorante dell'albergo poco più tardi del solito e non aveva rivolto parola a nessuno.
Sola, in un angolo, aveva mangiato a fatica il suo pranzo: benché le si fosse chiuso lo stomaco, aveva bisogno di energie per affrontare la giornata.
Davanti agli occhi, rivedeva ancora il suo nome scritto di rosso e lo sguardo di Michael che sembrava implorarla di non andarsene, di non lasciarlo. Un brivido le attraversò la schiena mentre ci ripensava.
Dopo essere rientrata in stanza per prendere il cappotto e la valigetta sempre più piena di documenti, appunti e considerazioni, uscì dall'edificio in attesa di un taxi che l'avrebbe portata allo Smith's Grove.

Percorse a passo lento quei corridoi che ormai le erano diventati familiari e fu, poi, accompagnata all'ufficio di Loomis al secondo piano della struttura.
Bussò alla porta dopo un attimo di esitazione ed entrò quando, dall'altro lato, le fu dato il permesso per farlo.
«Ah, buongiorno, dottoressa. Mi chiedevo quando sarebbe arrivata».
«Mi scusi per il ritardo, sono ancora un po'... turbata».
«È comprensibile, non si preoccupi. Prego, si accomodi! Questa è Paula McCarthy, una funzionaria del governo».
Lydia la salutò e si presentò stringendo la mano di Paula, una donna sulla quarantina che solo a vederla dava l'idea di perfezione grazie all'acconciatura senza un capello fuori posto e al completo impeccabile.
«Decideremo insieme a lei cosa fare con Michael, anche se l'esito mi sembra già scontato,» aggiunse Loomis alzando le spalle e tornando a sedere.

Anche Paula confermò che le probabilità di proseguire la terapia erano molto basse, specialmente dopo il duplice omicidio commesso da Myers la notte passata.
Lydia avrebbe dovuto ponderare bene le sue parole ed essere il più convincente possibile se non voleva mandare Michael nelle braccio della morte di chissà quale penitenziario dello Stato.
Chiunque, al posto della psicologa, lo avrebbe ceduto volentieri alla sedia elettrica ma lei non era della stessa opinione.

La dottoressa Daugherty aprì la sua valigetta di pelle scura e prese ogni singolo foglio al suo interno affinché la McCarthy potesse esaminarli.
Nel frattempo, descrisse minuziosamente i quattro incontri avuti con Myers e le fece ascoltare le registrazioni delle sue riflessioni fatte al termine di questi.
Lydia non si era del tutto resa conto che ci teneva ad avere Michael come paziente, sentiva davvero di poter fare qualcosa per lui ed era determinata a raggiungere il suo scopo.
Nonostante la sua breve carriera, era sempre riuscita a "rieducare" i suoi pazienti e, sin dalla prima telefonata di Loomis, si era promessa che il caso di Michael Myers non sarebbe stato un fallimento.
Ora, non restava fare altro che convincere la signora McCarthy.

Erano da poco passate le quattro del pomeriggio e per i detenuti era giunta l'ora di svago

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Erano da poco passate le quattro del pomeriggio e per i detenuti era giunta l'ora di svago. Tutti loro furono accompagnati in una grande stanza adibita a varie attività: dal disegno alla lettura, dall'ascolto di musica alla visione di film, gli infermieri fecero sì che ognuno si tenesse occupato.
Michael Myers, al contrario, si era messo in disparte non molto lontano dal giradischi che stava suonando un pezzo di Debussy.

C'era chi canticchiava, più o meno a memoria, le note che risuonavano dal vinile e chi apprezzava quella musica muovendo la testa a destra e a sinistra in un ritmo cadenzato e ripetitivo.
Il killer di Haddonfield, invece, se ne stava seduto immobile a fissare un punto non precisato davanti a sé.

Dalla sua espressione apatica non era possibile scorgere alcuna emozione in lui. Un infermiere gli si avvicinò domandandogli se volesse qualcosa da bere e Michael, ovviamente, non rispose, né lo degnò di uno sguardo.
Così, l'uomo si limitò a lasciarlo solo e ad andare da un altro detenuto per rivolgergli la stessa domanda.

Qualche momento più tardi, Myers udì una serie di passi risuonare verso di lui e sollevò lo sguardo per vedere chi stesse arrivando.

La dottoressa Daugherty, con Loomis e la funzionaria del governo al seguito, gli venne incontro accennando un sorriso che si allargava sempre di più man mano che si avvicinava.
«Ciao, Michael!»

Gli occhi dell'uomo si spalancarono un po' più della sua solita espressione monotona, sembrava sorpreso di vedere la psicologa.
Si tirò su e la osservò con l'unico occhio buono dall'alto della sua statura che faceva sembrare lei e gli altri come formichine.

«Te la sei vista brutta col casino che hai fatto ieri sera, - disse Lydia incrociando le braccia al petto, poi volse lo sguardo verso il suo collega e la funzionaria. - Ma sembra che avremo altro tempo da passare insieme, perciò sfruttiamolo bene e non facciamo sciocchezze, d'accordo?»

𝑻𝒓𝒚𝒊𝒏𝒈 𝒕𝒐 𝒃𝒆 𝒕𝒉𝒆 𝒄𝒉𝒐𝒔𝒆𝒏 𝒐𝒏𝒆



𝕃'𝕒𝕟𝕘𝕠𝕝𝕠 𝕕𝕖𝕝𝕝'𝕒𝕦𝕥𝕣𝕚𝕔𝕖

Ma buongiorno! Finalmente mi paleso.
Intanto voglio ringraziarvi tutt* per il supporto che mi state dando e che, onestamente, non mi aspettavo di ricevere. Sono contenta che la storia vi stia piacendo e questo lo capisco dai vostri commenti che leggo sempre con molto piacere.
Il capitolo di oggi è un po' più breve, così come i prossimi saranno "di stallo" ma comunque essenziali al fine di arrivare al vero principio di questa storia.

Come dicevo nei commenti, gli aggiornamenti si terranno ogni lunedì.
Perciò, vi auguro una buona lettura e alla prossima!

Hunter's Moon || Michael MyersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora