☾𝕒𝕡𝕚𝕥𝕠𝕝𝕠 𝟙𝟘

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Il dottor Loomis aveva provato più e più volte a far cambiare idea alla Daugherty, ma lei era sempre rimasta ferma nella sua posizione.
«Devo assicurarmi, in prima persona, che ci sia un cambio netto del suo comportamento. Non deve preoccuparsi!»

Gli aveva assicurato che si sarebbero aggiornati quotidianamente, che avrebbe preso nota di tutto e, soprattutto, che avrebbe registrato ogni attività proposta.
Con tutte queste premesse, Lydia sentiva di avere la vittoria in pugno e che l'obiettivo di rimettere Michael in libertà era sempre più vicino.

I giorni precedenti al trasferimento del detenuto, la dottoressa aveva provato una forte ansia, dentro di sé. E non era una sensazione negativa, anzi: era elettrizzata a quella nuova convivenza.
Per tenere la mente occupata, si era data da fare per rendere la casa più ospitale possibile e farlo sentire a suo agio e si era già appuntata alcune cose che gli avrebbe fatto fare nei prossimi giorni per tenerlo impegnato. Con calma, avrebbe preparato un piano più dettagliato.

Michael fu prelevato in mattinata da Loomis, Lydia e lo sceriffo della zona.
Lo fecero salire a bordo di un veicolo blindato. Dietro con lui c'erano tre poliziotti e la psicologa, sedutagli accanto per non farlo agitare e non fargli fare mosse azzardate.

Già in passato era riuscito a fuggire dalla polizia o dal personale dello Smith's Grove, lasciando dietro di sé una carneficina.
Ognuno dei presenti, senza rivelarlo agli altri, pregò che se ne stesse buono in presenza della donna e, per loro sorpresa, così fece.

Una volta giunti a destinazione, le quattro pattuglie che avevano scortato il veicolo più grande si fermarono, circondando la parte anteriore dell'edificio col blindato al centro.
Le portiere vennero aperte dall'esterno e i tre militari furono i primi a scendere, seguiti da Lydia e infine Michael.

Solo Loomis restò seduto nella sua volante e augurò alla donna buona fortuna, raccomandandosi di fare comunque molta attenzione con lui.
Dopo avergli tolto le manette dai polsi, tutti gli occhi dei poliziotti puntarono i due mentre facevano il loro ingresso nell'abitazione.

Con non poca esitazione, Lydia richiuse la porta dopo aver fatto entrare il suo paziente nel corridoio.
Michael la fissò in ogni suo movimento, fin quando i loro sguardi non si incrociarono.
La dottoressa deglutì.

La polizia avrebbe aspettato ancora qualche minuto prima di rientrare in città ma loro erano soli, in quella casa.
Se avesse voluto, il killer di Haddonfield avrebbe potuto aggredirla in qualsiasi momento e, probabilmente, gli uomini là fuori non avrebbero potuto fare molto.

L'uomo era noto per la sua incredibile forza, tale da poter uccidere una persona a mani nude, per la sua resistenza e la sua spietatezza.
Ma Michael non fece nulla, non si mosse. Allora, Lydia si inumidì le labbra e cercò di sorridere.
«Dunque, che ne dici di fare un giro della casa?»

Iniziò dalla sala da pranzo e la cucina, da cui aveva nascosto coltelli e qualsiasi altra possibile arma: la prudenza non era mai troppa.
Prima di proseguire, gli mostrò il pianoforte all'angolo della sala.
Ovviamente, Lydia avrebbe continuato a impartirgli lezioni di musica.

Rapidamente, gli fece vedere anche il proprio studio, per poi salire le scale e raggiungere il piano superiore.
«Qui c'è la mia camera e questa è la tua. Vieni, entra!»
La stanza di Michael era pulita e perfettamente in ordine, con un arredamento semplice. La psicologa aprì il piccolo armadio di fronte al letto.
«Ti ho preso dei vestiti, spero di aver indovinato la taglia -, ridacchiò.- Immagino vorrai cambiarti, quella tuta bianca ti sarà venuta a noia», scherzò ancora.

Michael si avvicinò, il passo lento. Afferrò una maglia bordeaux e un paio di jeans.
«Oh, se hai bisogno di fare una doccia, in bagno c'è tutto quello che ti serve, d'accordo?»
Michael la guardò senza dire niente o fare cenni, la superò e andò nel bagno posto in mezzo alle due camere da letto.

Non appena ebbe sentito l'acqua scendere dal soffione della doccia, Lydia scese al piano inferiore per prepare qualcosa da mangiare. Era quasi ora di pranzo.

Stava canticchiando mentre faceva cuocere delle fette di carne in padella. Dopo averle rigirate con una forchetta per far sfrigolare l'altro lato, si voltò per prendere uno strofinaccio.
Michael era in piedi dall'altra parte del tavolo.
La dottoressa fece cadere la posata a terra per lo spavento. Non gridò ma si portò la mano sul petto.
«Accidenti, guarda che ho combinato,- disse mentre raccoglieva la forchetta.- Mettiti seduto, il pranzo è quasi pronto».

Michael passò la prima notte senza dormire affatto

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Michael passò la prima notte senza dormire affatto.
Cambiare luogo e abitudini in modo così repentino non doveva essere facile per lui.
Nonostante l'insonnia, si sentiva comunque tranquillo. Era certo che Lydia non gli avrebbe messo pressione, al contrario di Loomis, e gli avrebbe dato tutto il tempo necessario per ambientarsi.

Difatti, la mattina successiva, Lydia trovò la porta della stanza dell'uomo spalancata, i raggi di sole che penetravano dalla finestra e gli illuminavano il volto. Era seduto ai piedi del letto e le occhiaie erano gonfie sotto i suoi occhi.

Inizialmente si era intimorita vedendolo così, poi si diresse nella camera stringendo il cinturino di stoffa della vestaglia intorno alla vita.
«Michael... non hai dormito, vero?»
Lui scosse la testa e la donna si sedette accanto a lui.
Con un sorriso, gli strinse la mano.
«Ti abituerai a stare qui, vedrai. E ancora non mi hai detto cosa ne pensi: di', ti piace?» gli domandò riferendosi alla casa.
Michael si allungò verso il comodino per prendere il suo quaderno e annotò su una pagina bianca "Sì, molto".

Le fece piacere leggere quelle due semplici parole: si stava impegnando molto per farlo sentire a proprio agio e raggiungere l'obiettivo che si era prefissata.
«Oggi voglio lasciar decidere a te l'attività del pomeriggio. Possiamo ascoltare un po' di musica, esercitarci al piano o leggere qualcosa».
Michael si apprestò a rispondere.

"Mi farebbe piacere
se tu leggessi qualcosa.

Per me".

«Io?» domandò sorpresa.
Michael annuì fissandola.
«Dovresti farlo tu, so che sei in grado,- lo provocò in modo scherzoso, dandogli un colpetto sulla spalla.- D'accordo! Dopo vedrò se c'è qualcosa di interessante».

𝑴𝒐𝒓𝒈𝒆𝒏𝒔𝒕𝒆𝒓𝒏 𝒂𝒄𝒉 𝒔𝒄𝒉𝒆𝒊𝒏𝒆 𝒂𝒖𝒇 𝒅𝒂𝒔 𝑨𝒏𝒕𝒍𝒊𝒕𝒛 𝒎𝒆𝒊𝒏. 𝑾𝒊𝒓𝒇 𝒆𝒊𝒏 𝒘𝒂𝒓𝒎𝒆𝒔 𝑳𝒊𝒄𝒉𝒕 𝒂𝒖𝒇 𝒎𝒆𝒊𝒏 𝑼𝒏𝒈𝒆𝒔𝒊𝒄𝒉𝒕.

(𝑺𝒕𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒅𝒆𝒍 𝒎𝒂𝒕𝒕𝒊𝒏𝒐, 𝒐𝒉 𝒔𝒑𝒍𝒆𝒏𝒅𝒊 𝒔𝒖𝒍 𝒎𝒊𝒐 𝒗𝒐𝒍𝒕𝒐. 𝑮𝒆𝒕𝒕𝒂 𝒖𝒏𝒂 𝒍𝒖𝒄𝒆 𝒄𝒂𝒍𝒅𝒂 𝒔𝒖𝒍 𝒎𝒊𝒐 𝒗𝒊𝒔𝒐 𝒔𝒑𝒂𝒗𝒆𝒏𝒕𝒐𝒔𝒐.)

Hunter's Moon || Michael MyersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora