22. 𝑉𝑜𝑙𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑜 𝑁𝑜𝑙𝑒𝑛𝑡𝑒

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TALIA

Ogni azione è un'arte. Per compierle ci vuole maestria. Anche se non si è capace, bisogna provare con impegno.
Anche per capire le persone ci vuole lo stesso impegno.

Decifrare Reyna Avila è come impedire a un blocco di ghiaccio di sciogliersi: quasi impossibile. Con le sue pupille incastonate in due gemme scure che non si lasciano scalfire, in cui rivedo tanto lo stesso sguardo tra i miei occhi.

La chitarra tra le mani e le parole a fior di labbra, guardo la distesa di persone che in questo momento mi acclama dal palco. Un palco vero, in un vero locale.

Sorrido mentre sfioro le labbra fra loro, compattando il rossetto nero che è il mio segno distintivo. Le dita pizzicano le corde dello strumento che accompagna la voce mia e di Zoe.

«Tals, l'assolo» mi ricorda Phoebe, suonando le ultime note con la batteria.
Annuisco, il silenzio mi avvolge solo per un secondo e poi parto con il pezzo che ho provato ogni giorno fino allo sfinimento.

Ho sempre pensato che la musica sia inebriante. Quando le note ti accarezzano l'udito è come se il mondo smetta di esistere, il tempo si ferma magicamente per lasciarti assaporare la melodia.

Lo sguardo si alterna tra le corde e il pubblico. Vedo Reyna Avila con il suo sguardo ghiacciato, Annie con un sorriso enorme stampato in viso, Percy con quell'aria da fratello maggiore fiero; non cerco Will, che ho visto andare in terrazza ad aspettare consigli dalla regina Notte. Ci sono vecchi compagni di scuola di Annabeth, dei quali mi ha parlato: una ragazza con un vestito rosa che so essere Piper... poi un ragazzo che l'accompagna, biondo e con una camicia bianca, occhi elettrici come il cielo, e quando li punta su di me ammirato getto uno sguardo alle mie dita che frenetiche cercano il ritmo, per poi puntarlo sulla cicatrice che gli marchia il labbro.

Il silenzio riempie di nuovo la sala, questa volta per troppo tempo. Il fiato di tutti resta sospeso.
Ho sbagliato.
Ho dimenticato la melodia.
Ho stonato.
E ora non riesco a ricordare più niente.

Il vuoto allo stomaco accompagna il martellante ritmo del cuore e mi manca sempre di più il respiro. Gli occhi sgranati, le spalle basse, arrese, le mani che tremano perché la forza le ha abbandonate.
Lascio andare la chitarra, mi scivola perché il suo peso mi sembra troppo, fortuna vuole che l'abbia indossata a tracolla e non ha l'occasione di distruggersi al suolo.

Schiudo le labbra per respirare e l'aria vola via dai polmoni, incapaci di trattenerla. La testa troppo pesante, gli occhi troppo asciutti. Le gambe non reggono e i pantaloni di pelle sembrano troppo stretti, non riesco a muovermi.
Volente o nolente inciampo nei ricordi, in quelli che pensavo di aver eliminato, mentre un mormorio si alza tra la folla.

"Occhi troppo azzurri su pelle troppo giovane; pensava la ragazzina dai capelli neri mentre osservava le iridi di un bambino, spaventosamente simili alle sue. L'avevano chiamata Talia perché il padre era uno di quei tanti uomini che voleva vivere nella copertina di una rivista: un nome di cultura per la figlia di qualcuno che voleva ostentarla. A lei piaceva per la storia che aveva letto su un giornalino che aveva trovato fra le sue cose, in camera.

Sfiorò ancora una volta la manina del fratellino prima di girarsi verso sua madre, intenta a passarsi un rossetto acceso sulle labbra. Beryl era sempre stata un ombra nelle loro vite: di giorno, con la luce dei riflettori, era il genitore perfetto di una famiglia di porcellana, e nessuno notava come teneva in braccio il figlio piccolo, in modo così inesperto e poco materno. Al buio della notte spariva, si mimetizzava con il caos della città e cercava in tutti i modi di riconquistare quello che ormai era il suo ex marito. Il fatto che l'avesse tradita innumerevoli volte era un futile dettaglio che non riusciva mai a imprimersi in testa.

Luce nell'Ombra || SolangeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora