Vederlo sparire nel sottobosco fu peggio di quando l'aveva scorto la prima volta. Da quando lui l'aveva toccata, Cinque aveva smesso di ragionare con lucidità. Erano successe troppe cose e il solo fatto che in quel momento lei fosse in piedi sulle sue gambe era l'ennesima prova che c'era qualcosa che non andava.
Gli uomini potevano curare, quindi? Potevano portare la loro essenza a unirsi con quella degli altri fino a quel punto? Cinque non aveva mai visto nessuno usare delle boccette di vetro per aiutare gli altri, ma era innegabile che quel liquido benefico emanasse un forte odore di piante. Che fosse un modo diverso di fare unguenti rispetto a quello che usava Tre?
Forse era solo lui il diverso, però d'aspetto era proprio uguale agli altri. I cappelli metallici dei soldati nascondevano le orecchie... se tra loro ci fosse stato qualche altro mezzo elfo? Cinque e le sorelle li avevano attaccati subito, così come avevano sempre fatto con tutti. Possibile avessero sbagliato?
Si strinse le nocche chiuse intorno alle tempie e fissò la terra arida senza guardarla per davvero, troppo impegnata a immaginare cosa sarebbe potuto accadere se invece di uccidere quegli uomini ci avessero parlato.
Uno di loro aveva riconosciuto il richiamo dell'assiolo.
Cinque non sentiva più alcun dolore alla gamba, ma la stretta che le dilaniava il petto in quel momento era decisamente peggio. Singulti ravvicinati le scossero il torace senza che lei potesse fermarli e la testa prese a girarle, all'improvviso accaldata. Si voltò e raggiunse lo stagno, entrandoci poi fino alla vita e bagnandosi la testa. Il refrigerio l'aiutò a tornare lucida e sentì il bisogno di fissare il punto in cui Garrett era sparito.
Lui parlava in modo strano e diceva cose difficili da capire, ma le azioni significavano più delle parole. Aveva detto di volerla rivedere e lei l'aveva respinto; il mezzo elfo voleva sapere troppo e Cinque non era riuscita a mentirgli del tutto, sperando che spaventarlo con la minaccia della pericolosità della foresta bastasse a tenerlo lontano. Qualcosa le diceva che lui non l'avrebbe ascoltata.
Non le era parso affatto impaurito e il solo fatto di essere riuscito ad arrivare fino allo stagno senza essere scorto dalle sorelle era indicativo su quanto sapesse essere furtivo. Era stata una fortuna che avesse incontrato lei e non le altre: di certo non avrebbero voluto parlare con lui e nel giro di ben poco sarebbe stato solo un cadavere in più tra le mani insanguinate delle ninfe.
Ninfe.
Così l'aveva chiamata. Suonava strano, ma era un bel nome.
I capelli bagnati si erano appiccicati alla pelle delle guance, alle spalle e alla schiena, raffreddandola fino a farla tornare calma.
Cinque non gli aveva mentito quando gli aveva detto che le altre stavano arrivando: al tramonto di quei giorni di riposo era sempre venuta Tre accompagnata da altre sorelle, per vedere come lei stesse. Cosa sarebbe accaduto se l'avessero vista dialogare con un uomo? No, Cinque non voleva nemmeno pensarci!
Come un fulmine nella tempesta, ricordò che ora non era più ferita. Abbassò gli occhi a scrutarsi le gambe tra le trasparenze dell'acqua e l'agitazione minacciò di tornare prepotente. Come avrebbe potuto spiegare quella miracolosa guarigione alle sorelle? No, non poteva.
Rapida, uscì dall'acqua e recuperò dalla riva le foglie medicamentose che le si erano staccate, tornando a sedersi nel punto dove l'avevano lasciata le sorelle; la pelle bagnata per fortuna l'aiutò a far aderire le foglie alla cicatrice e Cinque restò ferma in attesa di non essere più sola.
La luna non era ancora sorta nel cielo ormai buio, quando Tre giunse nella radura assieme a Diciotto. La terza figlia era l'unica a essere stata generata da un acero, pertanto si differenziava dalle altre per la pelle verde brillante e i capelli di un marrone tenue, quasi grigio; amava adornarli con piccoli fiori a ricordare quelli dell'albero che tanto amava. Con le meravigliose foglie gialle e rosse si era fatta un leggero abito a coprirle il busto e le cosce ed era l'unica a riuscire a mantenerle vive, seppur staccate dai loro rami.
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Cinque
FantasyA Prudence la società umana non era mai andata a genio. Sentiva di avere un legame incomprensibile con la natura e fu proprio in essa che trovò il suo rifugio. Prudence non era una donna come le altre e lo capì fino in fondo solo quando sentì il bis...