8. Non vuoi capire

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Pov Vanessa 

Ero appena arrivata a casa e stavo mangiando una brioche. Ebbi giusto il tempo di constatare quanto amassi la poltrona, su cui ero spaparanzata, quando il campanello prese a suonare incessantemente. Sollevai un sopracciglio, perplessa, e, dato che il cretino all'ingresso aveva deciso di rompermi i timpani, mi diressi alla porta, nervosa.
- Ho capito! – urlai, all'ennesimo scampanellio. – Ti calmi? -
Appena abbassai la maniglia, scocciata, non ebbi neanche il tempo di spostarmi che si spalancò l'uscio e un ragazzo di circa 1,83m mi spinse all'indietro e mi sbatté al muro, prendendomi dalla gola.
Gemetti, per l'urto poco delicato, e cercai di liberarmi dalla stretta.
- Chris, - dissi a fatica. - non riesco a respirare! – picchiettai sulla sua mano.
Mi guardò dritto negli occhi e mi sorpresi nel vedere i suoi, a dir poco furiosi. Mi fece paura ma, fiera, sostenni il suo sguardo in tempesta e non gli diedi la soddisfazione di vedermi in difficoltà per l'impossibilità di respirare.
- Osa! – sibilò a denti stretti. - Osa, soltanto un'altra volta, mancarmi di rispetto e ti ritroverai male. Molto male! –
La sua rabbia mi entrò dentro, stordendomi.
Stavo quasi per non avere più aria nei polmoni, quando allentò la presa e mi lasciò andare.
Tossii, massaggiandomi la gola, cercando di prendere più fiato che potevo.
Ero così arrabbiata per questo suo atteggiamento cattivo, che dimenticai la sua minaccia.
- Sei proprio uno stronzo! Hai iniziato tu a chiudermi il telefono in faccia; e, adesso, te la prendi con me per aver fatto il tuo stesso gioco? Dà fastidio, vero? - chiesi, irata e soddisfatta allo stesso tempo, provocandolo visibilmente.
Diede un pugno al muro, a pochi centimetri dalla mia testa, senza accennare ad una smorfia di dolore.
- Vuoi farmi incazzare ancora di più? – ringhiò, avvicinandosi ancora al mio viso, con fare minaccioso. 

"No, adesso basta!" pensai. 

- Ma che cazzo ti prende oggi, si può sapere? – esplosi, spingendolo via.
Mi guardò, serio, come se fossi uno dei suoi clienti non paganti, e m'innervosì ancora di più.
- Tu hai qualche problema, te lo dico io! – gesticolai. – Che cazzo, non ti va mai bene niente di ciò che faccio! Vado alla radio per chiederti scusa? T'incazzi. Ti regalo un "Bacio" a S. Valentino e mi gridi contro; fai a botte per me, in discoteca, ci baciamo e scappi; rischio di farmi stuprare da un pazzo, mi salvi, fai tutto il tenero e poi, guarda che caso, scompari! Mi fai scenate di gelosia e neghi; fai il preoccupato, venendo a casa mia per vedere come mai non ti rompa i coglioni da giorni, ci baciamo e, puff!, vai di nuovo via! – risi sarcasticamente. – Aspetta, c'è di più: stacco la pompa dell'olio alla tua macchina, per passare un po' di tempo con te, e mi lasci davanti a casa mia, come una totale cogliona! Dopo tutto ciò, la colpa sarebbe mia? – urlai, ormai partita in quarta. – Allora te lo do io un consiglio, tesoro: sparati! –
Come al solito, preso dal nervosismo, si tirò i capelli.
Alzai gli occhi al cielo, incrociando le braccia sul petto, e lo osservai, contrariata.
- Certo, che è colpa tua! E' sempre colpa tua. – m'indicò. - Rompo il culo a persone, che nemmeno conosco, solo perché ti danno fastidio. Ho ucciso uno che voleva stuprarti con una rabbia che non era mia: faccio cose di cui non mi rendo conto, sempre per colpa tua, e non mi sono mai giustificato per le mie azioni, perché avevano sempre una motivazione valida! – chiarì, sembrandomi estenuato. - Ma il fare a botte con coglioni che vogliono divertirsi con una ragazza, soltanto perché la ragazza in questione sia tu... questo non so spiegarlo neanche a me stesso. – sospirò, poggiando la fronte al muro, vicino alla mia spalla. - Una cosa, però, l'ho capita: tutti questi miei atteggiamenti hanno un unico filo logico - mi guardò intensamente, perforandomi l'anima con quegli occhi verde mare. - e sei tu. – concluse con tono accusatorio.
Rimasi immobile, a guardarlo, e lo vidi perfettamente che era confuso e stufo di sfuggirmi. 

"Allora perché continui a resistermi?" volevo chiedergli.

Sorrisi, però, perché, per la prima volta, mi stava esplicando i suoi sentimenti.
- Non è una vergogna tenere a qualcuno, Christian. - sussurrai, carezzandogli i capelli con mano un po' tremante.
Scosse la testa, ostinato, come se non comprendessi la gravità della cosa. 
- Non vuoi capire! – disse, come se fossi ottusa.
Alzai un sopracciglio.
- Non vuoi proprio capire, vero? – domandò, sbeffeggiandomi.
Mi morsi il labbro perché non sapevo davvero a cosa si riferisse. 
- Ma "capire" cosa? – chiesi, scocciata dal suo girare intorno al discorso.
Abbassò la testa e avvicinò le labbra al mio orecchio sinistro, facendomi rabbrividire.
- Non vuoi capire che devi uscire dalla mia testa, vero, Ness? –
La sua voce mi urlava "pericolo" da tutte le parti, ma ero così presa da lui e dal suo modo di fare che smisi di ascoltare i campanelli d'allarme nella mia mente.
Cercai di calmare il mio respiro, accelerato, e, quando mi sentii di nuovo me stessa, agii: gli tirai i capelli all'indietro per sollevargli la testa dalla mia spalla e cercai un contatto con i suoi occhi. 

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 04, 2022 ⏰

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