Giorno 10: Il villaggio

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Il giorno seguente, soddisfatti del lavoro fatto in casa, decidemmo che ci saremmo avventurati all'esterno, per esplorare ulteriormente la zona circostante la casa. Partimmo quindi con una piccola riserva di cibo, del legno, in modo da poter sempre essere pronti a costruire ogni strumento di cui potessimo aver avuto bisogno, la spada e il piccone di metallo e ognuno il proprio paio di stivali. Decidemmo di andare verso le pianure, più o meno nella stessa direzione verso la quale mi ero diretto la volta che avevo trovato il Grenha.
- Da dove vieni? - chiesi a Leisjien. Mi stavo rendendo conto solo ora di quanto poco sapessi di lei.
- Sono originaria di Beivus. Io adoravo quel posto. Nacqui li, quello era il posto in cui la mia intera famiglia era insediata e avevo tutto ciò che avrei mai potuto desiderare. Non c'è una grande Conoscenza a Beivus, sai? Però abbiamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Sappiamo lavorare il legno, prendiamo alcuni materiali come il carbone e talvolta il metallo. Non posso dire che la ci mancasse davvero qualcosa. Eravamo felici con ciò che avevamo... -
- E poi che é successo? - chiesi.
- Beh... I tempi cambiano. Quando io ero piccola il Tubhuk, il capo villaggio, di Beivus era Vezidun, un Bushin di Mirwa, nelle Isole Lontane. A quel tempo tutto andava bene. Beivus sorge sull'Oceano e Vezidun aveva avviato un importante progetto che avrebbe permesso, nel giro di poco tempo, di ristabilire l'economia della città grazie al commercio oceanico. Il porto venne ingrandito enormemente e l'artigianato tipico della zona abilmente favorito. Ora eravamo, grazie alla nostra speciale branca della Conoscenza, in grado di vendere prodotti che non avevano rivali suo mercato oceanico. Presto il fatto che un prodotto fosse stato creato a Beivus divenne un simbolo di qualità tra gli acquirenti, grazie ai quali la domanda continuava a salire. Tutto andava per il meglio fino a quando... Era notte, una come molte altre, tutti stavamo dormendo. Io, al solo pensiero, lo rivedo come fosse accaduto ieri. Le grida di Vezidun squarciarono il cupo silenzio della notte. Quelle urla, furono il chiaro segno, che niente, sarebbe più stato come prima. Prese il posto di Tubhuk Kragul, un cittadino che stava simpatico a poche persone, ma a quelle giuste. Kragul non solo non era stato normalmente eletto dal popolo, ma non aveva nemmeno la stoffa del capo. Tra le sue prime mosse politiche, ci fu quella di insabbiare le storie riguardo alla morte di Vezidun. Presto, però, in paese cominciò a circolare la voce che il vecchio Tubhuk doveva aver pestato i piedi alle persone sbagliate, che vedevano nel fiorire dell'economia Beivusiana una terribile minaccia per molti altri paesi sotto il loro controllo. Avevano dunque scelto di eliminare il problema alle radici, uccidendo il Tubhuk responsabile. Ad ogni modo, il controllo di Kragul su Beivus non durò a lungo. Quando fece chiudere il porto, grazie anche alle storie che circolavano riguardo al complotto contro Vezidun, i cittadini compresero cosa Kragul avesse in mente e così ordirono una rivolta. Questa venne però scoperta dalle autorità, che dovettero, sotto ordine del Tubhuk stesso, bandire i propri amici e conoscenti con il nome di facinorosi. Per coloro che invece non si erano affiliati ai rivoltosi, la vita a Beivus divenne sempre più difficile, fino a quando, un giorno, semplicemente ce ne andammo tutti. Era cosí semplice, eppure così complicato! Avessimo avuto dove andare, quella sarebbe stata la scelta migliore, ma senza un riparo, ne alcun amico che ci potesse offrire ospitalità, la vita per noi divenne molto, molto dura. Io a quel tempo vivevo con mio nonno. Lui morì durante un viaggio. Mi ritrovai da sola, spessa in mezzo al nulla. Vagai per molto tempo, vivendo solamente di cacciagione, come mio nonno mi aveva insegnato a fare. Ma la mia Conoscenza era scarsa e non potevo permettermi di vivere da sola nei boschi. Fui quindi costretta a tornare ad affrontare la vita della città, più dura che mai ora che sapevo che cosa poteva succedere se si andava contro certe persone. Mi spostai da Gle a Biroea fino a, per un certo periodo, Conmugol, per poi tornare indietro. Dopo tutto questo vagabondare, mi persi in un bosco e poi ho trovato te. Il resto, lo sai già... -
Io ero ammutolito. La sua storia era terribile. Ne aveva passate davvero di tutti i colori e non la invidiavo per niente. Camminammo in silenzio per un po'. Attorno a noi scorreva la pianura, ma noi facrvamo ben attenzione a tenere le montagne sulla destra, in modo da seguire una direzione precisa. Dopo parecchio tempo, vedemmo finalmente di fronte a noi, delle specie di casupole, che parevano delinearsi all'orizzonte. L'atmosfera si alleggerì e noi ci mettemmo a camminare a passò più spedito. Poco dopo, arrivammo alle porte del villaggio. C'erano più o meno una ventina di casette, praticamente identiche le une alle altre. Avevano le pareti e il tetto fatti di legno e pietra. Tra le case correva un preciso sistema di strade, che permetteva di orientarsi meglio e collegava tra loro tutte le casette. Eravamo appena entrati, quando un uomo ci venne incontro. Aveva il naso molto lungo e gli occhi verdi. Indossava un abito viola che gli arrivava fino ai piedi. Ci guardò incuriosito prima di dire:
- Benvenuti nella nostra piccola comunità figliuoli. Spero che accetterete la nostra ospitalità. É quasi l'ora di pranzo, quindi sarei molto lieto nel caso se accettaste di unirvi a noi e farci sapere qualcosa di voi! -
Io e Leisjien ci guardammo. Entembi eravamo affamati e saremmo stai grati di accettare l'offerta fattaci dal prete.
- Saremmo molto lieti di unirci a lei per il pranzo, signore. Mentre aspettino, potrebbe però darci qualche informazione sul luogo nel quale ci troviamo? - chiese Leisjien con le migliori parole che riuscì a trovare.
- Ma certamente! Vogliate seguirmi! - disse l'uomo in viola. Noi ci affrettammo a seguirlo, visto che lui procedeva con passo molto spedito.
- Questo che vedete qui é il pozzo. - disse indicando un profondo buco nel pavimento circondato dal alcuni cubi di protezione. Il pozzo sorgeva più o meno al centro del villaggio.
- Questa é la casa del bibliotecario, che si occupa dell'istruzione dei piccoli del villaggio! - disse indicando un'altra casupola. Andammo avanti così fino a quando il prete, che disse di chiamarsi Josmy, non ebbe descritto la funzionalità di ognuno degli edifici del villaggio.
- Proporre i dunque ora di andare a pranzo! - disse quando ebbe finito. Affamati, Leisjien ed io lo seguimmo.
Il pranzo venne servito in una grande sala al centro di casa sua. Ci servirono degli altri uomini e donne vestiti di marrone. Senza dire una parola, questi sfilavano avanti e indietro, portando piatti ricoperti di ogni ben di Dio. Ci vennero portate delle patate al forno, carote, carni di tutti i tipi e aromatizzate nel migliore dei modi, il pane abbondava e i bicchieri davanti a noi venivano costantemente riempiti di acqua. Alla fine venne persino portata una bella torta a due piani, con sopra delle ciliegine così rosse che sembravano finte. Quando finimmo di mangiare eravamo tutti sazi e ormai era pomeriggio inoltrato.
- Spero che vogliate restare ancora un po' a farci compagnia! - disse subito Josmy.
- Anzi, vorrei proprio farvi conoscere una persona! - aggiunse, poi si alzò e ci pregò di seguirlo. Ci condusse ad una casa di cui entrambi avevamo già dimenticato l'esistenza e Josmy ci presentò.
- Hoë, questi sono Leisjien e Steve, due ragazzi che sono arrivati oggi al villaggio! Ragazzi, lui é il mio più grande amico ed é un ricercatore, sta infatti raccogliendo l'antico sapere in un libro! -
L'uomo, Hoë, non aveva alzato il viso dalla pagina che stava scrivendo per tutto il tempo delle presentazioni, ma appena lo fece, cominciò a fissare intensamente e con curiosità gli stivali metallici. Per un appassionato di Conoscenza doveva essere una vera bellezza trovarsi di fronte a degli "esperti". Fuori il sole cominciava a tramontare, così, dopo che ebbimo parlato un poco, Hoë ci invitò a stare da lui per la notte, in modo che avessimo potuto continuare le nostre discussioni il giorno successivo.

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