Give me your dirty love!!

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Give me your dirty love, like you might surrender to some dragon in your dreams.

Livia si svegliò lenta, il sole entrava timidamente tra le persiane appena appoggiate. Quella notte non aveva dormito molto bene, un rumore dal pianerottolo l'aveva fatta sobbalzare mettendole una gran paura e lei, come avrebbe fatto tempo addietro, pensò bene di spostarsi dall'altra parte del letto alla francese dipinto di bianco, stavolta, però, non avrebbe trovato lui tra le arricciature delle lenzuola comprate in quel negozietto di quella vietta in quel viaggetto. Matt Berninger fece subito capolino dal morbido profondo del suo letto, riconosceva tutto, la voce, il ritmo, un profumo di cose perse ancora vive nel profondo del suo letto e nel profondo del suo cuore, capperi. Pensò a certe mattine, a quella luce che anche allora entrava esitante dalle persiane e li vedeva abbracciati in una morsa fatale come fossero attaccati da una colla forte e resistente, lui che le dava un bacio sulla fronte.

Cara Livia, ora basta con questa robetta da romanzo rosa di serie zeta venduto solo nelle peggiori edicole di Caracas accanto ai peggiori bar di Caracas, puoi anche alzare il tuo bel sederino e fare qualcosa della tua vita, si disse rinsavendo.

Si preparò il porridge con gran rigore, non fece incastrare semi di lino nei fornelli, non sporcò dappertutto mescolando l'avena ed il latte di soia alla vaniglia senza zuccheri aggiunti. Si mise alla finestra e fece colazione in piedi come conviene a chi ha da pensare.

Vanno le nuvole bianche di latte
Giocano e sono un po' matte
Vanno le nuvole piste di sogno
Piovono se c'è bisogno
Vanno le nuvole ali del cielo
Sopra c'è il sole ad un pelo
Vanno le nuvole dense di fumo
Sotto ci vive qualcuno
Vanno le nuvole, ma dove vanno?
Soltanto loro lo sanno.

Lei si immaginava come una nuvola, una nuvola a forma di tirannosauro.

– Carlo –

– Livia –

– Come stai? –

– Abbastanza bene, te? Io ho fatto colazione, direi che riesco ancora a sopravvivere egregiamente alle mie notti brave eheh –

– Assolutamente si –

– Non ti ho chiamato solo per questo, volevo chiederti di far restare tra noi il discorso di ieri, non voglio che Luca lo venga a sapere in questo modo, so che puoi capirmi, per lui non sarà affatto una passeggiata accettare questa separazione –

– Capisco perfettamente, gli ci vorrà un po' ma capirà, piano piano capirà tutto, non preoccuparti. Sarò muta come un pesce Carlo, anzi, dopo quello che ti ho detto ieri, sarò come un Tyrannosaurus Rex muto, inutile farti notare tutta la fiducia che puoi riporre in questo essere mitologico –

– Non è mitologico tesoro, è esistito veramente...ma come posso darti torto? – Sorrisi.

La cosa migliore tra quei due era l'ironia sottile con cui riuscivano a dire cose incredibilmente stupide in modo incredibilmente brillante.

La separazione di Carlo e Marta l'aveva lasciata senza parole la sera prima, cosa decisamente insolita, si ammutolì e versò nel bicchiere lucidissimo di Carlo svariati scotch, parlarono di come le cose cambiano, di come si finge che non siano cambiate finché non arriva il momento in cui quella finzione diventa così palese da non poter essere più scansata come un sassolino dal vialetto, così si finisce per dire era da tempo che le cose non andavano e simili, a quel punto non si può far altro che annuire con gli occhi bassi arrabattandosi tra i se me ne fossi accorto prima. Sulla sua pelle Livia aveva imparato che ci si accorge di tutto, dei baci non dati, degli sguardi non sentiti, dei ti amo trasformati in ti voglio bene, delle domeniche più pesanti di svariati chili, ci si accorge di tutto, ma per autoconservazione si sceglie di chiudere uno o due occhi a seconda delle circostanze.

Caro Luca,

che non mi ami più e che stai per sposare un'altra, volevo dirti che alcune stupide canzoni mi fanno pensare ancora a te, che il sorriso del tizio che mi siede di fianco tenendomi la mano davanti ad un ufficiale di stato civile è ancora il tuo, che ho ancora dei confetti tondi ripieni di nocciole e cioccolato al latte nell'ultimo cassetto del comodino lo terrò per me, ma questa mattina in cui non mi basta più pensarmi come un tirannosauro, voglio rimanere vestita solo della mia pelle un po' più segnata senza averne paura, guardando le mie belle cicatrici da arma da fuoco e mettendoci su un bel po' di Connettivina, poi scenderò giù, berrò un bicchiere di vino bianco e ingoierò le lacrime, essissì, insieme alla paura di lasciarti andare.

ma allora  proprio   Frank?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora