-8-

383 26 5
                                    


-8-

Quando apro gli occhi, una fitta mi travolge tutto il corpo, e sento i muscoli intolensiti, come se fossi ritornata da una lunga corsa, o come se avessi fatto uno sforzo prolungato, riesco a girare lentamente il collo, per capire dove sono e come sono arrivata qui.

La stanza ha le mura bianche, un grande lampadario di vetro la rende più luminosa di com’è, e quasi sono costretta a socchiudere gli occhi per abituarmi alla luce,alla mia sinistra c’è un’ampia finestra, dalla quale oltre posso vedere qualche edificio sparso, e il calore della luce mi confortano, riempiendomi il corpo di un’emozione rilassante, che mi piace.

Mi giro a destra, e un macchinario bianco e verde sconvolge il mio stato d’animo: i suoi fili sono collegati a qualcosa che passa sotto le coperte del letto su cui sono distesa, lentamente sollevo la mano destra per alzare la coperta e controllare, ma dei tubicini sono attaccati al mio braccio, e mi agito, sentendomi il sangue gelarmi nelle vene.

Nello stesso momento qualcuno apre la porta, e sono costretta a socchiudere gli occhi per vedere chi è: è un uomo alto, con una barba bianca e degli occhi chiari, forse sono azzurri, ha delle mani lisce e bianche, con delicatezza mi prende il braccio rivolgendomi un sorriso.

-Buongiorno Elaine, come ti senti?- mi chiede il signore, che indossa un camice bianco aperto, da cui si intravede una maglia azzurra.

-Cosa ci faccio qui?- rispondo con una domanda.

-Preferirei se prima rispondessi alla mia domanda, in modo tale che dopo potrei rispondere alla tua-

Sbuffo, e giro gli occhi al cielo.

-Mi fa male il braccio- dico, sentendo qualcosa pizzicarmi, come un formicolio doloroso, su tutta la pelle.

-Bene, è già un buon segno- risponde con voce calma, mentre controlla qualcosa sul macchinario e preme alcuni bottoni.

-Posso sapere cosa ci faccio qui, adesso?- chiedo con il suo stesso tono di voce.

-Ti sei sentita male, hai avuto un calo di pressione, e i tuoi amici ti hanno portata qui-

Annuisco, e mi chiedo dove siano adesso.

Non faccio in tempo a chiederlo al dottore che qualcuno bussa alla porta, che si apre lentamente e due occhi scuri mi fissano, li riconosco subito.

-Johnny!- esclamo, allargando le braccia, per quel che posso.

-Piccolina, come ti senti?-

-Meglio rispetto a poco fa, dove sono gli altri?- rispondo, mentre lui si siede su una piccola parte di letto, accanto al mio braccio sinistro.

-Sono in sala d’attesa, fra poco uscirai e potrai vederli- mi dice con un sorriso, mentre mi accarezza una guancia.

Annuisco ricambiando il suo sorriso, e dopo un’ora, mi ritrovo fuori dalla stanza dov’ero coricata prima, mentre Johnny firma qualcosa che penso serva per farmi uscire dall’ospedale.

-Da quanto tempo sono qui?- chiedo, mentre ci dirigiamo nella sala d’attesa principale dell’ospedale.

-Un giorno esatto-

-Capisco-

Poco dopo ci avviciniamo a due ragazzi che riconosco subito: Jack e Zoe, intenti a sghignazzare, spalanco gli occhi e mi avvicino lentamente per non disturbarli, subito dopo mi notano e gridando mi saltano al collo stringendomi in un caldo abbraccio.

Il tesoro più prezioso.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora