Capitolo 1

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Erano le sei di mattina.
Il sole non era ancora sorto del tutto ma nonostante ciò ogni timido raggio di sole che tentava furtivamente di farsi spazio nella mia stanza era trattenuto da un fitto gruppo di nuvole color tortora che rendevano l'ambiente freddo e malinconico come sempre.
Mi alzai lentamente, completamente avvolta nel mio piumone color Borgogna, che con il passare degli anni si era tramutato in un bizzarro color nocciola scuro.
Come ogni mattina la prima cosa che feci fu andare a guardare fuori dalla finestra nella speranza di scorgere qualcosa di nuovo rispetto al solito paesaggio solitario che potevo osservare dalla finestra della mia camera.
Abitavamo in una modesta casina di compagna appena fuori città.
Non era affatto adatta per una famiglia di 5 persone: io, mio fratello, mio padre e miei nonni, per non parlare del fatto che ormai stava cominciando a sgretolarsi lentamente a causa della gran quantità di anni che aveva accumulato.

Sempre con la lentezza e pacatezza che mi caratterizzavano mi incamminai verso l'armadio davanti al quale passavo gran parte del mio tempo prima di andare a scuola, per essere poi puntualmente in ritardo.
Eravamo una famiglia tutt'altro che benestante e proprio per questo motivo non possedevo l'invidiabile guardaroba di cui potevano vantare le mie compagne, ciò mi portava a trattare quelle poche cose che avevo come i pezzi più preziosi di un'antica collezione.
Non ero una persona molto energica e solare caratterialmente e i miei abiti rispecchiavano perfettamente questa mia caratteristica: all'interno di quel vecchio armadio in legno si potevano scorgere solo colori come il nero, il grigio, il bordeaux e svariate sfumature di marrone.
Per potermi permettere degli abiti nuovi mi ero trovata un lavoro part-time in un bar del centro come cameriera e barista; lavoravo sodo quasi tutti i giorni per guadagnare settimanalmente pochi spiccioli che mi permettevano però di comprarmi alcune cosine senza rendere partecipe mio padre, al quale evitavo categoricamente di chiedere soldi per cose che non fossero di vitale importanza.
Quella mattina scelsi gli abiti ad una velocità che ripensandoci mi sorprende ancora. Presi dalla mensola un paio di jeans neri a vita abbastanza alta, caratterizzato da un evidente strappo sul ginocchio sinistro che mi ero accidentalmente procurata rincorrendo un tram in partenza.
Poi strappai dagli attaccapanni una maglietta corta molto stretta anch'essa nera e un golfino di lana sui toni del marrone che mi aveva cucito mia nonna come regalo di compleanno un anno prima. Corsi in bagno, prima che quella piccola peste di mio fratello ci si chiudesse per ore peggiorando quello che solitamente era un ritardo irrimediabile; aveva appena 10 anni, ma in fatto di dispetti ne sapeva sempre una più del diavolo.
Mi chiusi la porta alle spalle con delicatezza per evitare di svegliare il resto della famiglia, che non si sarebbe sicuramente risparmiata il solito discorsetto mattutino a cui ormai avevo fatto il callo. Mi spogliai, gettando il pigiama in un angolo del bagno da dove poi lo avrei raccolto per portarlo nuovamente in camera mia sotto il cuscino che l'avrebbe racchiuso sotto di se fino alla sera successiva.
Mi feci una lunga doccia lasciando che l'acqua bollente mi accarezzasse il corpo e mi ricoprisse il volto come una cascata inarrestabile dalla sua corsa.
Appena uscita mi avvolsi in una salvietta e raccolsi i capelli bagnati in un asciuga mano sopra la testa; prima di tornarmene in stanza presi un piccolo astuccio dal secondo cassetto del mobile che avevamo accanto al lavandino.
Rientrata nella mia stanza mi rivestii e indossai gli abiti che avevo scelto in precedenza e che avevo cautamente lasciato sul letto; mi asciugai i capelli con un piccolo phone per poi andare a pettinarli con una spazzola di legno che tenevo adagiata sul mio comodino.
Accanto ad essa avevo una pila di libri, tutti già letti e rilette almeno una ventina di volte, mentre nel primo cassettino nascondevo un grazioso porta gioie che custodiva una decina di accessori che ero riuscita a comprare nel corso degli anni. Lo aprii e mi misi alle mani tre anelli, per poi andare a completare il tutto con una collanina. Era l'oggetto più prezioso che possedessi, era la collana che mi era stata regalata da mia madre per il mio quindicesimo compleanno, prima che lei mi lasciasse per sempre.
Dal piccolo astuccio che presi dal bagno sfilai un eye liner con il quale ero solita accentuare lo sguardo con una lunga e sottile riga nera che veniva poi incorniciata da una buona dose di mascara. Il tutto venne completato da un rossetto di un intenso rosso scuro che metteva in particolare risalto il pallido colore della mia pelle e lo scuro colore dei miei capelli corvini.
Ora Me ne stavo ferma davanti allo specchio dentro al quale riuscivo perfettamente a vedermi dalla testa ai piedi. Quella che vedevo riflessa era una ragazza alta circa un metro e sessanta, con questa pelle chiarissima a forte contrasto con i capelli scuri come la pece che avevano raggiunto una lunghezza abbastanza invidiabile dalla maggior parte delle sue coetanee. Era una ragazza fragile, molto timida, chiusa in se stessa come un bocciolo di rosa che aspetta solo di sbocciare. Ecco: quella era Violet, Violet Harmon la giovane ragazza di 16 anni troppo giovane per morire, ma con troppi demoni per continuare a vivere.

Angolo autrice:
Ciao a tutti :)
Da questo capitolo avrete capito meglio chi è Violet:
È la ragazza che può essere considerata strana e diversa rispetto ai soliti canoni di "bellezza" e di atteggiamento, ma che dentro ha un mare di pensieri.
Dal prossimo capitolo comincerà a succedere qualcosa di intrigante, che spero vi spinga a continuare il mio racconto.
Ma se è un "horror" qualcosa dovrà andare storto. È così scontato che tra i due protagonisti nasca l'amore, o prima ancora l'amicizia ?
Grazie ancora per le visite. Un bacione louisjuliet_ ❤️

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