1. Caffè

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Dopo l'incidente il rapporto tra Simone e Manuel era diventato strano.
Si parlavano, scherzavano di continuo e passavano tanto tempo insieme, ma allo stesso tempo c'era una specie di muro tra di loro che si percepiva nei silenzi prolungati e negli sguardi sempre preoccupati di entrambi.
Manuel era pentito di tutte le volte che aveva discusso con Simone e cercava di dimostrarglielo, ma allo stesso tempo non voleva illuderlo.
Sapeva che ormai l'altro ragazzo non si fidava di lui come prima e la cosa gli stringeva il cuore, ma non sapeva cosa fare.
Gli scriveva spesso, lo chiamava, si presentava a casa sua quasi tutte le sere e spesso rimaneva anche a dormire lì, ma c'era sempre quella tensione che non lo faceva stare tranquillo.
Simone non si azzardava a guardarlo più del necessario ed era restio anche ad abbracciarlo.
Manuel sapeva che aveva paura di essere respinto ancora, ma lui era ancora confuso sui suoi sentimenti e non poteva farci nulla.
Ogni volta che si cambiavano nello spogliatoio della palestra Simone si metteva il più lontano possibile da lui, e non si azzardava a guardarlo neanche se lui gli faceva una battuta.
In compenso Manuel lo guardava.
Parecchio.
Più che guardarlo lo studiava, cercava di capire come fosse possibile che avesse sempre schifato tutti i ragazzi che avesse mai visto e invece lui lo attraeva da morire.
Osservava le sue spalle, le scapole che si contraevano quando si infilava la maglietta, la linea della schiena che avrebbe volentieri percorso con le dita.
I capelli che probabilmente avrebbe tagliato di lì a poco, l'anellino al lobo fatto da poco di cui andava molto fiero, l'accenno di barba sulla mascella, gli occhi che avevano quella sfumatura di nocciola che adorava e il suo naso perfetto che completava tutte le cose perfette di cui Simone era dotato.
E se doveva essere sincero per non essere un ragazzo muscoloso Simone aveva proprio un bel fisico.
Manuel gli aveva persino scattato una foto a scuola, quando il ragazzo si era alzato per andare alla lavagna e aveva avuto una visuale così perfetta del suo fondoschiena che sarebbe stato un crimine non farne una gigantografia.
Ma questo Simone non sarebbe mai venuto a saperlo.
Quel giorno indossava il suo paio di jeans preferiti, dei levi's scoloriti che gli sembravano cuciti addosso, e una maglia rossa, il suo colore preferito. Fosse stato per lui avrebbe firmato una legge che lo avrebbe obbligato ad indossare sempre il rosso in sua presenza, ma non potendo farlo, si accontentava dei giorni in cui il suo migliore amico si ricordava di possedere degli indumenti di quella tonalità.
Stava leggendo ad alta voce il brano che dovevano analizzare in inglese e lui lo fissava incantato, come se le parole del ragazzo lo cullassero e lo confortassero. C'era anche da dire che lo studente modello Simone Balestra aveva un accento da madrelingua, probabilmente perché passava molto tempo con sua madre a Glasgow fin da piccolo.
Un'altra delle cose perfette che lo caratterizzavano.
Manuel sarebbe stato ad ascoltarlo per ore se avesse potuto, ma si accontentava delle volte che la professoressa lo chiamava per leggere qualcosa.
"Manuel?" Simone lo chiamò, girandosi verso di lui e cercando di risvegliarlo dal suo sogno ad occhi aperti.
Manuel spalancò gli occhi e cercò di ricomporsi, che imbarazzo.
"Dimmi" stava ovviamente fingendo di essere attento e concentrato, ma Simone probabilmente si era accorto che non aveva ascoltato una sola parola del testo.
O meglio le aveva ascoltate, ma solo per apprezzare la pronuncia del ragazzo vicino a lui.
"Ci sei?" Simone rise di fronte al suo sguardo imbambolato, e se avesse potuto Manuel avrebbe registrato la sua risata per poterla sentire a ripetizione.
"Certo che ci sono Simò, ero anche molto concentrato"
"Stavi pensando a come rapinare la pasticceria vicino scuola?" Simone rise ancora e Manuel dovette distogliere lo sguardo, non poteva fargli pensare che lui lo distraesse.
"Molto divertente Simone, sei un comico nato"
"Si è una particolarità dei Balestra, ce lo dicono tutti"
"Che cretino che sei" Manuel gli diede uno scappellotto sul collo e Simone finse di offendersi come ogni volta.
Manuel pensò che la sua mano stava proprio bene lì, e Simone di certo non si sarebbe lamentato se l'avesse lasciata lì ancora un po'.
Ma Simone non era dello stesso avviso, perché si schiarì la voce e si alzò: "La lezione è finita, ti va di andare alla macchinetta?"
Manuel rise dentro di sé, non si era neanche accorto che la classe si era svuotata ed erano rimasti solo loro due in classe.
"Certo"
Manuel si alzò e lo seguì in corridoio, fiero per una volta di essere più basso di lui e godendo della vista della sua parte preferita di Simone.
Sta a voi decidere quale.
Mentre infilava i soldi nella fessura della macchinetta del caffè Simone si girò verso il ragazzo più basso e lo scrutò, indeciso se chiedergli quello che aveva intenzione di proporgli.
"Manu" Simone lo chiamò e Manuel perse un battito, era la prima volta che lo chiamava così.
"Dimmi, Simo" calcò la voce sul suo nome, decidendo che Simo era meglio di Simò.
Simone, capendo che il ragazzo lo stesse prendendo in giro, alzò gli occhi al cielo e gli scoccò la sua solita occhiata offesa, decidendo che nonostante il nomignolo gli piacesse non poteva dimostrarglielo così apertamente.
"Domani è il compleanno di mio padre"
Manuel lo fissò attentamente, cercando di capire dove il ragazzo con la maglietta rossa volesse andare a parare.
"Buono a sapersi" Manuel finì il suo caffè e buttò il bicchierino nel cestino, notando come il ragazzo ci stesse impiegando un po' troppo tempo a parlare.
"Ha invitato dei parenti a casa e sai, essendo suo figlio devo esserci per forza"
"A meno che non mandi la contrifugura" Manuel gli fece l'occhiolino e rise, notando come Simone distolse immediatamente lo sguardo.
"Okay la faccio breve, ti va di venire?"
Simone lo guardò in attesa, un po' per studiare la sua reazione e un po' perché era pur sempre la sua persona preferita, e non si stancava mai di guardarla.
"Perché mi guardi come se mi stessi chiedendo de andà a rapinà na banca?"
"Ma tu serio mai eh?" Simone alzò gli occhi al cielo e si allontanò dalla macchinetta, consapevole che l'altro ragazzo lo stesse seguendo.
"A Simò stavo a scherzà, lo sai che c'ho una passione pe casa tua"
Manuel gli diede uno scappellotto sul petto e Simone trattenne un sorriso, non poteva cedere così facilmente.
"Si e anche per le felpe mie, ho visto che ne sono sparite due dal mio armadio"
Manuel alzò le mani al cielo "Ammetto le mie colpe sergente Balestra, le ho meschinamente rubate quando eri in bagno"
"Sei impossibile, ma se manco ti vanno!" Simone sbuffò e Manuel gli mise una mano sul petto bloccandolo nel bel mezzo del corridoio.
"Ma tu hai idea di cosa significare avere una madre che non sa fa na lavatrice Simò? Me le restrigne tutte e le tue so così comode che non ho potuto non approfittarne"
Manuel assunse quel tono cospiratorio che aveva sempre quando parlava di come avrebbe venduto tutti i mattoni filosofici del padre di Simone per comprarsi un'altra moto o di come secondo lui sarebbe stato geniale se si fossero messi a staccare gli specchietti da tutte le macchine della strada per poterle rivendere su amazon.
Nonostante tutto Simone avrebbe fatto di tutto per quel ragazzo, anche rubare un intero parcheggio di macchine, e il fatto che spesso Manuel veniva a scuola con le sue felpe addosso gli scaldava il cuore.
Gli stavano così larghe che si faceva i risvoltini alle maniche e lui pensava che fosse la cosa più adorabile del mondo. Ma questo non glielo avrebbe mai detto.
Oggi invece indossava l'ennesimo paio di jeans strappati e la camicia a quadri che adorava, quella verde e nera.
E i suoi capelli erano più scompigliati del solito, segno che probabilmente era uscito di casa così velocemente da scordare di pettinarli.
Non che normalmente lo facesse.
"Si ma non hai risposto alla mia domanda stronzo, ci vieni a casa mia o no?"
Manuel lo guardò e gli mise le mani sulle spalle "Mi stai veramente chiedendo se vengo a scroccare una cena nel mio posto preferito? Certo che ci vengo Simò, comincia a tirare fuori la brandina!"
Manuel si allontanò da lui tornando in classe e Simone sospirò, quel ragazzo lo avrebbe fatto diventare pazzo.
Ma Manuel dovette ripensarci, perché senza che Simone se ne accorgesse il ricciolino tornò indietro e gli prese il viso, schioccandogli un sonoro bacio sulla guancia.
"Grazie per il caffè!"
Simone rimase sconvolto per un attimo dal gesto di affetto dell'altro ragazzo, poi si accorse che aveva pagato istintivamente per entrambi e sorrise.

E poi così, tu sei qui | SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora