Il mercoledì Manuel fu interrogato in matematica. Non se lo aspettava minimamente, o meglio, sperava che non succedesse mai, ma andò bene, stupendo tutti, persino la professoressa. Riuscì a svolgere gli esercizi che gli diede in poco tempo e fu fiero di sé stesso, forse non era così male la matematica. Di certo non era male la matematica studiata con Simone, che con calma e pazienza gliela spiegava come se fosse la materia più semplice del mondo. Come se per lui spiegargliela significasse fargli vedere cosa sapeva fare, che era bravo in qualcosa e che non se lo sarebbe tenuto per sé. Manuel faceva sempre finta di non ascoltarlo, lo infastiva e lo prendeva in giro, ma in realtà adorava ascoltarlo parlare di quella sua passione per ore. E tanta era la passione che qualcosa in testa gli era entrato.
Nonostante non avessero studiato quando Simone era andato a casa sua e l'aveva tatuato, Manuel aveva deciso che l'avrebbe fatto da solo. In primis per sé stesso, e poi per dimostrare a Simone che non era così stupido come sembrava. Non che lui glielo avesse mai detto, ma voleva dimostrargli che i suoi sforzi fossero serviti a qualcosa. Voleva fargli capire che quei pomeriggi infiniti a svolgere esercizi su esercizi avevano dato i suoi frutti, che lui lo ascoltava veramente.
E quando l'interrogazione finì e tornò al suo posto, vide un leggero sorriso sul volto di Simone. Non gli disse nulla ma non ci fu bisogno, Manuel sapeva che lo aveva reso fiero di lui, lo capiva dal suo sguardo stupito. Seppur probabilmente fiero di lui, Simone non gli rivolse la parola, era ancora parecchio arrabbiato. Manuel voleva parlargli ma non sapeva se fosse il caso, forse avrebbe dovuto aspettare ancora e capire se volesse parlargliene per arrivare a qualcosa di più concreto. Perché ormai sapeva che non erano più le parole a comtare, ma i fatti.
Così decise di prendersi altro tempo, doveva essere certo dei suoi sentimenti, nonostante ormai sapesse a grandi linee cosa provasse.
Perché quello che provava era così grande che non sapeva quantificarlo, era come se qualcuno gli avesse aperto un buco nel cuore e ci avesse ficcato a forza quei sentimenti. Manuel ormai non faceva altro che pensare a Simone. Simone, Simone, Simone, Simone.
Sempre e solo Simone e i suoi capelli scuri e ben definiti, gli occhi enormi, il naso dritto e le labbra rosee. E per essere il primo ragazzo che gli fosse mai piaciuto aveva proprio un bel fisico, come se il David di Michelangelo fosse stato fatto a sua immagine e somiglianza.All'ultima ora si sarebbe svolta la fase iniziale della gara di poesia: la prima gara non era andata come sperato, e i professori avevano deciso di proporla nuovamente agli studenti. Manuel aveva sentito che il tema sarebbe stato "l'amore impossibile" e aveva voluto provarci. Scriveva e leggeva poesie fin da quando era bambino, per lui sarebbe stato fin troppo semplice. Aveva deciso di provarci e aveva scritto una poesia in dieci minuti la settimana prima, per poi correggerla e rivederla per tutta la giornata. Doveva essere perfetta. Le poesia in sé per sé non era nulla di particolare o innovativo, ma ci teneva che qualcuno la sentisse. Ci aveva messo il cuore e sperava vivamente che servisse a qualcosa, che non fossero solo versi sprecati. L'aveva riletta più volte, aggiungendo e togliendo parole, rime e pezzi come se fosse una città in costante evoluzione.
Pensava che, se non riusciva a farsi capire con le parole, le avrebbe scritte e lette ad alta voce.
Quando il professore di italiano aveva chiesto chi volesse iniziare aveva alzato immediatamente la mano, doveva togliersi subito quel peso che gli opprimeva il petto.
Il professore non era stupito dal fatto che avesse scritto una poesia, perché in quegli anni Manuel gliene aveva messe tante sotto gli occhi, ma lo era per la sua impazienza a farla sentire a lui e al resto della classe. Manuel era il tipo di persona che scriveva per sé stesso ed era restio a condividere i suoi pensieri con gli altri, ma stavolta era troppo importante.
"Manuel sei pronto?" il professore gli chiese, e Manuel annuì, nonostante avesse lo stomaco ingarbugliato e fosse tutto tranne che pronto.
Ma doveva farlo.
Si schiarì la voce e si alzò in piedi, le gambe gli tremavano e aveva i brividi, sapeva inoltre che aveva venti paia di occhi puntati a dosso, soprattutto un paio che ultimamente non vedeva da un po' voltato nella sua direzione.
Era nervoso e gli sembrava che in quella piccola aula non ci fosse aria a sufficienza per tutti, se non si fosse calmato sarebbe stramazzato al suolo.
E non poteva, lui doveva leggere quella maledetta poesia.
"Nel mezzo della notte aspetto
e mi incanto a guardarti per ore"
Manuel aveva tutti gli occhi su di sè, tranne quelli dell'unica persona di cui gli importasse.
"le tue labbra un arco di cupido perfetto"
Si girò a guardare Simone come per confermare le sue parole.
"che mi scalda e delizia il cuore"
Dovette respirare più forte per non tremare.
"e il tuo naso una freccia
che mi ammalia e mi trafigge
come nel cuore una breccia
giochi con me come se fossi la sfinge"
Fece una breve pausa e alzò per un secondo gli occhi.
"sono lì che spero
che volgi il tuo sguardo
nel mio sincero
e perdoni il mio essere codardo
cogli l'attimo incerto
il mio animo introverso
stai immobile perso
mi dici sussurrando" Manuel fece un'altra pausa, sapeva perfettamente che quelle parole avrebbero sortito un effetto devastante e gli tremò ancora la voce, stava per leggere la parte più importante.
"Con me è diverso"
Manuel finì di parlare e seppe che gli sguardi di tutte le persone presenti in aula erano fissi su di lui, si chiedevano a chi fossero rivolte quelle parole.
Il ragazzo dai capelli corvini, che durante tutta la poesia lo aveva guardato, ora teneva gli occhi fissi sul banco. Ma Manuel colse lo stesso gli occhi lucidi e le labbra premute in una linea sottile, le sue parole avevano ottenuto l'effetto desiderato e si congratulò con sè stesso, forse sapeva ancora scrivere.
Sapeva che non erano delle scuse, ma da qualcosa doveva pure iniziare.
Quando il ragazzo si risedette al suo banco il silenzio non cessò, la classe sembrava non voler disturbare quella quiete che si era creata.
Fu il professore ad interromperla, rivolgendosi direttamente a Manuel: "Sei stato bravissimo Manuel, spero che la tua poesia vinca, e non perché sono di parte eh!"
Manuel rise leggermente e la classe lo seguì, l'incantesimo si era spezzato.
Poi l'uomo seduto alla cattedra decise di fare una domanda che Manuel non si aspettava minimamente.
"È per una ragazza che ti piace?"
Manuel deglutì e calò di nuovo il silenzio, erano tutti in attesa della sua risposta.
Non si aspettava certo di dover rivelare il destinatario della sua poesia così su due piedi.
Ma decise che poteva rischiare quel giorno, in fondo aveva una persona a cui dimostrare che poteva cambiare ed essere la versione migliore di sé stesso, e lo avrebbe fatto senza paura.
"In realtà si tratta di un ragazzo"
Sentì il respiro di Simone mozzarsi e si girò completamente verso di lui, con le mani che gli tremavano e i brividi che gli accarezzavano le braccia.
Manuel non proferì parola ma si limitò a posare i suoi occhi su quelli del suo migliore amico, gli occhi che avrebbe potuto disegnare ad occhi chiusi.
Si guardarono negli occhi per un tempo che parve infinito, come se il tempo si fosse dilatato e il mondo si fosse fermato: non c'era nient'altro intorno a loro.
Non c'erano Chicca e Laura che spostavano gli occhi dall'uno all'altro, non c'erano Matteo e Luna che si guardavano con gli occhi spalancati, non c'era il loro docente che aveva preferito unirsi al silenzio della classe.
Erano tutti presi ad osservare in silenzio i ragazzi che si guardavano come se fossero soli in quella classe, in quel mondo, in quell'universo.
Simone aveva capito tutto, aveva udito le sue scuse e i suoi versi pieni d'amore, Manuel sapeva che quella poesia non sarebbe bastata a farsi perdonare, ma sperava lo aiutasse in qualche modo.
Simone e i suoi occhi lucidi non si staccavano da lui, lo guardavano come fosse la prima volta. Sembravano volergli dire un migliaio di cose, eppure non uscì una sola parola dalla sua bocca.
Probabilmente si stava trattenendo dal piangere, Manuel non sapeva se esserne felice o no.
Simone ad un certo punto distolse lo sguardo e chiese di andare in bagno, Manuel seguì la sua figura con gli occhi fino alla porta, e desiderò poterlo raggiungere.
Il professore continuò le lezione ed altri compagni lessero le loro poesie, ma Manuel riusciva solo a pensare agli occhi lucidi di Simone, del suo Simone.
Ma quando si voltò di nuovo verso il suo banco non riusciva a non fare nulla che non fosse alzarsi e andare via.
E così fece, non si disturbò neanche ad avvisare il professore, non gli interessava nulla che non fosse Simone.
Uscì dall'aula e si trovò nel corridoio vuoto, non c'era traccia di lui.
Fece avanti e indietro per cercarlo ma non lo trovò.
Quando per sbaglio passò davanti al cortile, lo vide seduto sulla panchina e si fermò.
Decise che ora che l'aveva trovato non poteva lasciarlo così, sarebbe andato a parlargli, che lui lo volesse o no.
Si avviò nella sua direzione ma non sorrise, non sapeva se con Simone in quelle condizioni poteva sorridergli.
Il ragazzo probabilmente doveva aver pianto almeno un po', lo dedusse dal viso ancora rosso e bagnato. Desiderò passare le dita sui suoi zigomi velati dalle lacrime e asciugarli delicatamente, come se avessero tutto il tempo del mondo. Ma non lo fece.
Si limitò a sedersi vicino a luie rimasero in silenzio per un po', ognuno perso nei suoi pensieri.
"Sei sempre stato bravo con le parole"
Esordì Simone, pur mantenendo lo sguardo sull'edificio davanti a lui.
"Stavolta mi sono dovuto impegnare un po' di più"
Simone lo guardò e annuì, forse non era arrabbiato con lui.
"Mi hai stupito"
"Davvero?"
"Un mese e mezzo fa mi dicevi che non dovevamo per forza parlarne e che non ne avevi voglia"
"Sì, è così"
"E ora mi scrivi una cazzo di poesia e fai capire all'intera classe che era per me"
"Chi ti dice fosse per te?"
Simone sbuffò e rise appena, Manuel era sempre il solito.
"Ah non era per me?"
"No, c'è giusto un altro tipo scassapalle che ti assomiglia parecchio"
Simone sbuffò.
"Grazie comunque, erano belle parole"
"Non erano solo parole"
Simone alzò leggermente le sopracciglia e lo guardò, in attesa.
"Volevo scusarmi"
"Non c'era bisogno di farlo in rima"
Manuel ridette e poi tornò serio, era il momento di parlarne.
"In realtà non erano neanche solo scuse"
"Okay"
"Credo di aver capito una cosa"
Simone ormai non staccava gli occhi da lui, era lì a torturarsi le mani e aspettare che Manuel dicesse qualcosa.
Manuel si prese del tempo, non riusciva a credere che lo stesse per fare, che gli stesse per dire quello che provava.
"Non odio Alessio perché è antipatico o altro. Cioè, magari potrebbe pure esserlo per quanto ne sappia, ma non è per quello che non lo sopporto. E non è vero che non voglio che tu sia felice, credo che lo meriti più di chiunque altro. Lo odio perché sei felice con lui e non con me, perché lui non ti fa incazzare di continuo e perché lo ha capito subito che ne vali la pena"
Simone sospirò, aveva una vaga idea di dove Manuel stesse andando a parare e non gli dispiaceva.
"E so che ti ho confuso in queste settimane, ma ero confuso anche io. Più ci avvicinavamo e più sentivo il desiderio di allontanarti, perché se non lo avessi fatto sarebbe diventato sempre peggio. Eri lì che mi guardavi e mi aiutavi e mi facevi sentire che mi volevi bene. Me lo dimostravi come mi avevi promesso. Perché a parte mia madre non c'ho mai avuto una persona che mi volesse veramente bene Simò. C'era Chicca, ma non era la stessa cosa, spesso si stufava di me e voleva cambiarmi sai. Voleva farmi diventare una persona che non ero. Invece tu eri lì e mi sopportavi, ridevi alle mie battute e non te ne fregava niente che io non provavo le stesse cose. Mi sei stato vicino nonostante tutto quello che ti ho detto e non dovevi, ma l'hai fatto lo stesso. Poi mi sono praticamente trasferito a pianta stabile a villa Balestra e ti andava bene, meriti un premio solo per quello. Ah e i vestiti tuoi me li tengo, stanno più bene a me che a te, senza offesa eh"
Manuel fece una breve pausa e respirò forte.
"Tutto sto pippone per dirti che io ce voglio provà Simò. Voglio provare a parlare e discutere e litigare e insistere finché non facciamo funzionà sta cazzo di cosa. Pure se se urlamo contro tutti i giorni. Pure se se menamo e finimo all'ospedale. Tanto tu ce sei già finito no, sei de casa" Simone annuì ridendo, ripensandoci ora non sembravano così terribile quei due giorni all'ospedale, se ne sarebbe fatti dieci pur di sentire il temibile Manuel Ferro parlargli così.
"Pure se me odi un giorno si e l'altro pure. Perché se semo qua un motivo ce sarà no?"
Manuel posò la mano su quella di Simone e la strinse leggermente.
"E ho capito un'altra cosa: ne vali la pena. E mi dispiace che c'ho messo tipo cinque settimane lavorative a capirlo, ma ora lo so. E se a te ora non te ne frega un cazzo mi sta bene, mi sta bene che stai con lui e sei felice con lui. In realtà no, non mi sta bene manco per un cazzo, ma sarò contento per te. Se vuoi continuare a frequentare quel tipo farò persino il simpatico con lui, glie stringerò la mano e gli parlerò di tutte le volte che m'hai salvato la vita"
Simone stava per piangere.
E Chicca aveva ragione, Manuel faceva i monologhi.
"Ti vorrei aprire la testa in due la metà del tempo"
Simone lo disse ridendo, ma Manuel sapeva che era vero, litigavano spesso e quello non sarebbe cambiato mai.
"E rimani il peggior bugiardo che abbia mai conosciuto"
"Su questo potrei dissentire"
"E mi fai arrabbiare tutti i giorni e ti lamenti di continuo e devo sempre venirti a prendere dopo che t'hanno menato e non te stai fermo n'attimo e te piacciono le trentenni - sul serio quella sembrava c'avesse quarant'anni, non trenta - e poi fai comunella con mio padre e-"
Manuel lo baciò. Gli mise le mani sul viso e lo girò verso di lui, se non lo avesse fatto Simone avrebbe continuato a blaterare fino al suo prossimo compleanno.
"Ammazza quanto parli, manco una botta in testa t'ha fatto perde l'uso della lingua"
Stavolta fu Simone a premere le labbra sulle sue.
"E ora come famo? Ce presentamo all'amico tuo mano nella mano e lo mollamo insieme?" gli chiese Manuel, rovinando quel momento idilliaco, in modo da far quasi pentire Simone di avergli dato retta.
"Tra me e Alessio è finita"
Manuel aggrottò le sopracciglia così forte che gli fece male la fronte.
Cosa?
Tutta sta storia e la coppia perfetta manco stava insieme? Perfetta non proprio, era lui che Simone aveva appena baciato.
"Stai a giocà"
"No, non riuscivo a dargli una risposta e l'altro giorno l'ho mollato. Alessio era bello, bravo e intelligente, ma non mi fa incazzare come te"
"Uhm"
"E poi i biondi non sono il mio tipo"
Manuel non riusciva a emettere un singolo suono. Tutte quelle paranoie infinite, i giorni passati a vederli baciarsi all'entrata di scuola e ora era tutto finito. Si sentì sollevato, ma alla prossima notizia scioccante lo avrebbero dovuto ricoverare d'urgenza al gemelli.
"L'hai mollato? Nel senso mollato mollato?"
Simone alzò gli occhi al cielo.
"Vuoi che lo chiamo e glielo chiedo?"
"No no, io mo quello non lo voglio vedè manco da lontano Simò, non fa scherzi"
Risero appena entrambi.
Manuel si sentì stupido, in effetti aveva notato che quel giorno e quello prima Simone fosse entrato a scuola da solo ma si era detto che magari era una coincidenza, magari Alessio andava di corsa e si erano separati prima di entrare a scuola. E invece non stavano più insieme, quella giornata non smetteva di stupirlo ed era solo mezzogiorno.
"Prima o poi doveva succedere" iniziò Simone "non funzionava dall'inizio"
"Perché non era bello e bravo come me? Com'è che avevi detto l'altro giorno? Misterioso e impossibile?"
"Guarda che se lasciamo subito"
"E chi te dice che stamo insieme?"
Manuel lo spinse e Simone lo spinse a sua volta, erano gli stessi di prima, con qualche bacio in più.
Simone si alzò in piedi e gli porse una mano, se non fossero rientrati la classe li avrebbe dati per morti.
Manuel però si prese tutto il braccio e poi l'altro, lo tenne fermo e gli stampò sulle labbra il bacio più rumoroso e salivoso che avesse mai dato. Non è che siccome mo c'avevano sta mezza cosa avrebbe smesso di infastidirlo. Ma Simone non si lamentò e gli mise le mani nei ricci, tirandoli forte e approfondendo il bacio. Poi gli baciò il collo, il mento, la mascella e gli morse persino l'orecchio.Manuel aveva perso la facoltà di respirare.
"Se non te stacchi subito scopiamo qui in mezzo al cortile e quelli che s'affacciano ce fanno ciao ciao con le manine"
Simone alzò gli occhi al cielo per la centesima volta e poi gli mise un braccio intorno al collo, sussurrandogli all'orecchio, "E io che c'avevo altri piani"
"Ah sì?"
"C'ho giusto casa libera oggi pomeriggio, se ti va di venire a studiare"
Manuel fece scorrere gli occhi sulla figura di Simone, dall'alto al basso e con un sorrisetto malizioso sulle labbra.
"E che studiamo, l'anatomia umana?"
"Mi sa che mi devi dare un po' di ripetizioni"
"C'hai proprio ragione Simò"
Manuel lo prese per mano e si precipitò dentro la scuola, quasi correndo. Prima quella giornata finiva, prima poteva avere Simone tutto per sé.
Perché ora poteva finalmente dirlo, quel deficiente alto due metri che spaccava le macchine e amava la matematica era suo.
![](https://img.wattpad.com/cover/295618595-288-k443242.jpg)
STAI LEGGENDO
E poi così, tu sei qui | Simuel
FanfictionManuel e Simone hanno un'amicizia strana, parlano di tutto, ma non proprio di tutto. La tensione tra di loro cresce sempre di più. L'attrazione reciproca anche. Ma a Manuel non piacciono i ragazzi, lo ha detto più volte: non gli piacciono e non è at...