Simone si stava guardando allo specchio da mezz'ora.
Guardava lo specchio nella sua stanza come se fissandolo così a lungo gli avesse potuto rivelare i segreti dell'universo.
Anche se a lui sarebbe bastato sapere se stesse meglio con la camicia bianca o quella coi righini blu.
Decise che la seconda era la scelta migliore, quella bianca faceva troppo da prima comunione.
Se la infilò e sospirò, pensando al fatto che a prescindere dalla camicia che avesse indossato quella sera l'unica persona da cui voleva una reazione non l'avrebbe mai avuta. Non era difficile indovinare chi fosse. Nella sua mente si palesò la testa di ricci del suo migliore amico, nonché unica persona di cui si fosse veramente innamorato. Si strofinò gli occhi e si passò una mano nei capelli, decidendo che doveva dargli un'aggiustatina. Aprì la confezione di gel che raramente usava e ne mise qualche goccia sulle mani, passandole tra i ricci per poterli portare all'indietro. Ora sembrava decisamente più umano. Chiuse l'anta dell'armadio dove si stava specchiando e si sedette sul letto, spruzzandosi qualche goccia di profumo e successivamente infilandosi l'orologio. Rise al pensiero che probabilmente Manuel lo avrebbe preso in giro per la sua estrema cura e si alzò dal letto, cercando di capire come comportarsi quella sera. Manuel non conosceva i parenti di Simone, le uniche due persone con cui si era relazionato erano suo padre e sua nonna, e lo adoravano entrambi. Sua nonna lo obbligava a restare a cena ogni volta che passava a casa sua anche per dieci minuti, e suo padre lo teneva ore a discutere di questioni filosofiche di cui lui non capiva una sola parola. Da quel che aveva sentito l'ultima volta lo stava anche aiutando a compilare l'iscrizione alla facoltà di filosofia di Roma a cui voleva andare. Simone pensò che almeno le facoltà di matematica e filosofia non erano troppo distanti, e avrebbe escogitato ogni scusa possibile per poterlo vedere tra una lezione e l'altra. Mentre stava rimettendo a posto la sua stanza sentì la voce di Manuel dalle scale, segno che suo padre doveva avergli aperto appena suonato il campanello. Si passò per l'ennesima volta la mano tra i capelli e deglutì, chissà cosa avrebbe pensato il ragazzo vedendolo così. Probabilmente nulla di che, aveva esplicitamente detto di non essere interessato né a lui né a tutti gli esseri maschili sulla faccia della terra. "A me piacciono le donne, a me piace Chicca, Alice..."
Però non si era fatto tutti questi problemi quando gli aveva ficcato la lingua in gola.
La porta si spalancò e Manuel si appoggiò sull'uscio, facendo una breve radiografia alla figura di Simone dalla punta delle scarpe ai suoi capelli perfettamente sistemati. Si soffermò qualche secondo di più sulle mani, osservando come quella sera avesse qualche anello in più sulle sue dita lunghe e affusolate. Aveva appena detto che le mani di Simone erano affusolate? Dio, che cretino. In fondo era solo un commento oggettivo, anche le mani di Alice lo erano. Anche se non avevano le vene che proseguivano per il dorso o gli anelli meticolosamente abbinati che adorava. No, non li adorava. Per niente. Si schiarì la voce e si guardò intorno, notando come la stanza del ragazzo fosse perfetta come al solito.
"Ho fatto gli auguri a tuo padre" disse, maledicendosi all'istante di aver detto una cosa così stupida e ovvia. A chi avrebbe dovuto farli, al gatto? E perché aveva sentito la necessità di riferirlo a lui?
Simone annuì e si sedette sulla sedia vicino alla scrivania, permettendosi di osservare Manuel qualche secondo. Lo aveva stupito indossando una camicia, non sapeva neanche ne possedesse una. Non che fosse a conoscenza di tutti i vestiti nel suo armadio, ma ripensò a quando si era presentato al suo compleanno con la canotta da basket e i jeans, e non potè fare a meno di sospirare. Sarebbe risultato perfetto anche con un sacco della spazzatura addosso. La camicia in questione era nera ed aveva arrotolato le maniche fino agli avambracci, mostrando la serie di braccialetti presenti sui polsi. Riconobbe quello che gli aveva regalato per scherzo, un braccialetto con il nome della sua squadra di rugby, di cui ne possedeva una decina visto che l'allenatore li regalava a tutti. Glielo aveva dato qualche settimana dopo la festa, dicendogli che sarebbe stato bene insieme alla sua collezione. Manuel lo aveva preso in giro ma se lo era infilato, notando come era buffo vedere un colore così acceso come il viola sul suo polso. Ma era pur sempre un braccialetto, e lui adorava averne i polsi pieni. Aveva anche cominciato ad usarlo come antistress, ruotandolo su sé stesso ogni volta che era nervoso. Come in quel momento. Manuel si sedette sul letto e fissò la brandina ai suoi piedi, notando come ogni volta che veniva Simone la allontanava di qualche centimetro. E lui puntualmente l'avvicinava, perché il calore umano era importante.
"Sei nervoso?" Simone gli chiese, regalandogli uno dei suoi piccoli sorrisi.
"Sto pensando a come far colpo su tutti i tuoi parenti" Manuel gli fece l'occhiolino e per una volta Simone non distolse lo sguardo, deciso a non dargli quella soddisfazione.
"Mio padre probabilmente ti presenterà come il suo alunno preferito"
Simone si alzò e si sedette vicino a Manuel, volendogli dimostrare che non aveva timore di stargli vicino.
"Preferirei essere presentato come il tuo socio in affari"
Simone rise e scosse la testa, pensando al vero modo in cui avrebbe voluto presentarlo alla sua famiglia.
"Ecco il ragazzo di cui sono innamorato, il più bello, il più stronzo e il più etero di tutta la scuola"
Su etero aveva qualche dubbio però, gli etero non ti dicono che con te è diverso.
Si girò verso Manuel e si accorse che erano molto vicini, probabilmente troppo. Standogli così vicino si accorse che il ragazzo accanto a lui aveva un altro piercing sull'orecchio e senza pensarci due volte lo sfiorò con le dita. Manuel si irrigidì, si girò completamente verso di lui e rimase senza fiato. Da quella distanza poteva scorgere tutte le sfumature dei suoi occhi, le lentiggini appena visibili sul naso e la forma delle labbra che sembrava quasi dipinta.
"Ti sei andato a bucare e non mi hai detto nulla?"
Manuel distolse lo sguardo e si alzò, non poteva stare seduto lì un minuto di più.
"Perché dici bucare come se mi avessero sparato un proiettile Simò?"
Simone alzò gli occhi al cielo e represse un sorriso, quando gli era accanto dimenticava anche come si faceva a parlare.
"Non stai rispondendo alla mia domanda" il ragazzo gli puntò un dito contro e assomigliò gli occhi, essendo perfettamente consapevole di non incutergli alcun timore.
"Ma secondo te ogni volta che vado a fa un piercing te lo devo dì Simò? Siamo una coppia di fidanzatini che si tatua insieme?"
Aveva appena detto la cosa più gay della storia. In una scala da uno a gay lui si collocava oltre il gay. Gay, gay, gay, gay. Non che lui lo fosse.
Simone alzò le mani in segno di resa e cercò di non fare caso al termine appena usato da Manuel, termine che gli si sarebbe potuto affibbiare solo in modo ironico.
"Ma lo sai che ne volevo un altro anche io!"
Manuel si arrese e si avvicinò a lui, accostandosi al suo orecchio e sussurrando "Allora la prossima volta me faccio dà la pistola e te lo faccio io raggio di sole"
Si congelò per un istante riflettendo sul perché avesse deciso di chiamarlo così e poi gli diede qualche buffetto sulla guancia. Infine uscì dalla stanza, ipotizzando che il ragazzo più alto lo stesse seguendo giù per le scale.
Si sedettero a tavola l'uno vicino all'altro come sempre, facendo finta di lottare con i coltelli come due bambini e imitando le voci dei personaggi di Star Wars, i cui film Manuel aveva visto da poco perché Simone sosteneva che la loro amicizia non potesse continuare senza sapere la storia dei protagonisti. Manuel aveva finto di scocciarsi al pensiero di dover guardare con lui ore e ore di guerre stellari, ma avrebbe fatto di tutto per sentir parlare Simone di quando ne fosse appassionato. Gli si illuminavano gli occhi e sapeva le battute a memoria, che ovviamente recitava guardandolo fisso negli occhi come se fosse lui l'attore. Quando Simone si era addormentato avrebbe potuto spegnere, ma ormai si era appassionato anche lui e non vedeva l'ora di parlarne col suo amico al suo risveglio. Simone dormiva con la testa appoggiata sulla sua spalla e Manuel pensò che se in quel momento qualcuno gli avesse chiesto di scegliere un posto nel mondo, lui avrebbe deciso che con la testa di Simone sulla spalla avrebbe potuto passarci volentieri tutta la vita.
Il padre di Simone scoccò un'occhiata di avvertimento ad entrambi e fece loro segno di tenerli d'occhio. Ma loro scoppiarono a ridere e cominciarono a spingersi a vicenda come sempre.
Manuel si stava sbellicando dalle risate per l'imitazione che Simone aveva fatto del padre, e per tenersi appoggiò la mano sinistra sulla coscia di Simone stringendola appena, come fosse un gesto di affetto. Simone però deglutì e smise di ridere, arrendendosi alla sofferenza che stare vicino a Manuel gli procurava. Lo guardò di sottecchi e decise allora di metterlo alla prova: gli passò il braccio dietro le spalle e lo appoggiò allo schienale della sedia con disinvoltura. Manuel sembrava impassibile, ma Simone non si era lasciato sfuggire il tremolio dell'altra mano con cui digitava qualcosa sul telefono, probabilmente un messaggio ad una delle sue spasimanti.
Decise poi di provocarlo ancora un po' e si avvicinò al suo orecchio, nello stesso modo in cui Manuel prima si era accostato al tuo.
"Sei al compleanno di mio padre e messaggi con una delle tue conquiste?" Manuel sbloccò il telefono all'istante e lo lasciò sul tavolo, sistemandosi meglio sulla sedia.
"Stavo solo avvisando mia madre che stasera non torno a casa"
Lo disse a pochi centimetri dalle sue labbra e si sentì morire, quel ragazzo non poteva farlo innervosire con una sola frase a mezza bocca. Si rese conto poi che la voce gli era tremata leggermente e si maledì, Simone non doveva sapere l'effetto che gli faceva quando gli parlava abbassando il tono di voce.
Simone smise di guardarlo negli occhi e lo rivolse alle sue labbra, desiderando intensamente di baciarlo lì, di fronte ad una tavolata di gente che probabilmente lo avrebbe guardato storto. Si immaginò di posargli le mani ai lati del viso e baciarlo piano, dolcemente, prima sulle labbra e poi sul naso, sul mento, sulla linea della mascella, nel punto appena sotto l'orecchio dove aveva un piccolo tatuaggio a forma di cacciavite. Lo aveva preso in giro dicendo che era stupido, ma in realtà era adorabile.
Simone se ne sarebbe fregato della sala gremita di gente e avrebbe lasciato che tutti lo guardassero baciare il ragazzo di cui era innamorato, che lo aveva stregato tatuandogli quella stupidaggine sul braccio, che gli avrebbe sempre ricordato che non ci aveva pensato due volte a farsi marchiare a vita da lui.
Poi il suo sguardo tornò sui suoi occhi, notando come le pupille di Manuel si fossero dilatate appena e sorrise, allontanandosi da lui, contento della sua reazione.
Forse il ragazzo non gli era così indifferente come sosteneva dopo tutto, avrebbe solo dovuto trovare i suoi punti deboli e sfruttarli.
Il suo braccio finì sulla spalla di Manuel e la strinse leggermente, quasi a confortarlo. Manuel ora non distoglieva lo sguardo dal tovagliolo, intento a studiarlo come se fosse il suo libro di filosofia.
Facendo finta di nulla la mano del ragazzo più piccolo percorse la coscia di Simone fino al ginocchio e risalì, guardando con la coda dell'occhio che le punte delle orecchie di Simone erano leggermente rosse, segno che lo stava imbarazzando. Sapeva perfettamente cosa stava cercando di fare.
Voleva giocare? E allora avrebbero giocato.
Continuò a fare su e giù con la mano sulla coscia di Simone come se stesse percorrendo un percorso immaginario, e osservò come Simone aveva distolto lo sguardo e lo aveva posato su suo padre, intento a discutere animatamente con un'altra parente, probabilmente la zia.
Mentre Manuel massaggiava la sua coscia Simone divaricò leggermente le gambe e si mise seduto meglio, segno che il nervosismo stava avendo la meglio su di lui.
Manuel si permise di azzardare ancora e fece risalire la mano fino al basso ventre, accarezzandolo leggermente.
Poi la tolse e lo guardò negli occhi, notando come il ragazzo lo stesse già fissando.
"Vado un attimo al bagno"
Manuel si alzò e si allontanò dal tavolo, e Simone non potè fare altro che seguirlo, stando attento a non farsi notare da suo padre.
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E poi così, tu sei qui | Simuel
FanfictionManuel e Simone hanno un'amicizia strana, parlano di tutto, ma non proprio di tutto. La tensione tra di loro cresce sempre di più. L'attrazione reciproca anche. Ma a Manuel non piacciono i ragazzi, lo ha detto più volte: non gli piacciono e non è at...