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Circa cinque chilometri separavano la facoltà di Architettura dall'appartamento dove Park Jimin viveva insieme al suo migliore amico Kim Taehyung.

Era per via di quella distanza che fin dai primi giorni del primo anno lo studente aveva scelto di prendere un autobus, proprio come la maggior parte dei suoi compagni di corso, sia all'andata che al ritorno.

Quel giorno era un lunedì come tanti altri. Jimin si era recato in università per le 8.30 del mattino e vi era rimasto tutto il giorno, fino alle 19.30 di sera.

Aveva seguito diligentemente le lezioni previste dal suo piano di studi e dopo il pranzo, prima delle lezioni del pomeriggio, aveva perfino trascorso un paio d'ore in biblioteca a sistemare alcuni appunti.

Era stata una giornata stancante e la testa gli doleva terribilmente. Per questo Jimin non vedeva l'ora di tornare a casa per farsi una bella doccia calda e cenare in compagnia del suo migliore amico e coinquilino, Taehyung.

"Ma quando arriva?" si lamentò, saltellando sul posto per il freddo e stringendosi le braccia al petto nel tentativo di contenere un po' di calore corporeo.

Era davvero freddo per essere appena l'inizio di novembre e restare per quindici minuti ad aspettare l'autobus che l'avrebbe portato a casa non era mai qualcosa che lo eccitava particolarmente.

Se poi i quindici minuti diventavano venticinque, perché l'autobus in questione era in ritardo, allora Jimin diventava insofferente.

Chiacchierò un po' con alcuni suoi compagni di corso, intirizziti e infastiditi tanto quanto lui, se non di più, e proprio quando aveva iniziato a prendere in considerazione la possibilità di farsi la strada a piedi, l'autobus apparve in fondo al viale trafficato.

Jimin tirò un sospiro di sollievo.

Una volta salito a bordo, il ventenne si sedette vicino al finestrino e si perse ad ammirare le luci della sua città.

Ripensò alla giornata appena trascorsa e sospirò. Era appena l'inizio della settimana e già non ne poteva più. Era al secondo anno, ma quella routine era sempre stata davvero faticosa.

A volte Jimin aveva voglia di mollare tutto e mettersi a cercare un lavoro qualsiasi, pur di staccarsi dai libri.

Un tempo aveva bramato con tutto se stesso di intraprendere quel percorso di studi ed era stato disposto a qualsiasi sacrificio.

Tuttavia aveva ben presto capito che non era soddisfacente quanto aveva sperato. Gli esami erano più difficili di quanto avesse creduto e non c'erano molti suoi compagni di corso con cui andasse d'accordo.

Si sentiva abbastanza solo, ma fortunatamente aveva molti altri amici al di fuori dall'ambiente universitario.

Il tenue rombo del motore del veicolo era assai piacevole e l'autista doveva essere molto bravo a guidare, dato che non frenò mai in modo brusco.

Jimin socchiuse sempre di più gli occhi, fino a vedere le luci dall'altra parte della strada diventare sempre più sfocate.

Prima di rendersene conto, Park Jimin si era addormentato sull'autobus che lo stava portando a casa.

**************

"Ehi, siamo arrivati!".

Jimin mugugnò e aprì lentamente gli occhi, faticando a mettere a fuoco la persona che gli stava parlando.

Appena capì di chi si trattava, però, sgranò gli occhi e spalancò leggermente la bocca. Dopodiché si sedette più composto e si guardò attorno, stupito.

L'autobus era vuoto, a parte lui e l'autista che lo aveva appena svegliato.

"Siamo arrivati al capolinea, deve scendere".

Jimin puntò di nuovo gli occhi sul ragazzo in piedi accanto a lui, che lo guardava dall'alto in basso con un'espressione indecifrabile.

Era un ragazzo particolarmente bello, con i capelli castano scuro che gli ricadevano in ciocche setose sulla fronte e gli occhi neri che si nascondevano dietro di esse. Aveva un naso abbastanza pronunciato e un piercing al sopracciglio.

"Mi scusi, mi scusi tanto!" mormorò Jimin afferrando il suo zaino, alzandosi e dirigendosi verso le porte che erano aperte, nonostante il veicolo fosse fermo.

Quella situazione era davvero imbarazzante. Jimin non si sarebbe mai immaginato di potersi addormentare su un autobus, non gli era mai successo. Doveva essere davvero stanco per aver ceduto.

Dopo avere rivolto altre parole di scusa all'autista e avergli scoccato una rapida occhiata da capo a piedi, Jimin scese dall'autobus.

Sospirò frustrato, rendendosi conto che si trovava ben oltre il punto dove sarebbe dovuto scendere, e si passò una mano tra i capelli biondi.

Nonostante cercasse di non farci caso e guardare da un'altra parte, sentiva su di sé lo sguardo dell'autista che lo aveva svegliato.



The Bus Driver || JikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora