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Se dovessi dire quel è la cosa che proteggerei a tutti i costi, sarebbe ovviamente la mia famiglia, anche se non penso che tutti farebbero questa scelta.
C'è chi sceglie il lavoro, e di conseguenza i soldi, per questo quando si conosce una persona, si deve capire prima da che parte sta: soldi o famiglia?
I miei genitori li conoscete già, mia madre sceglierebbe famiglia, a costo di morire di fame, mio padre, beh, non sceglie, se lo si minaccia con il lavoro ti fa passare l'inferno, se gli tocchi la famiglia, non voglio neanche pensarci. Ho sempre sognato un amore come il loro, ma mai ho pensato potesse essere così complicato far funzionare le cose; non sentivo Igor da quasi tre giorni. Non ne sapevo il motivo e non volevo neanche chiederlo, visto che non rispondeva ai miei messaggi.

Ero annoiata a morte, quindi, prima di addormentarmi, decisi che il giorno successivo sarei andata a scuola; fosse stato sicuro o meno, se rimanevo chiusa in quella casa a fare niente sarei diventata io una minaccia per gli altri. Ero già nervosa per la situazione con quello che credevo fosse il mio ragazzo, sommato al fatto che era in programma una festa, tipo fidanzamento, organizzata dall'uomo che aveva messo al mondo quel cornuto di Igor, e che si era rivelato l'animale più crudele.

Mi addormentai alle tre di mattina, e quando mi risvegliai erano già le sette emmezza.
Mi feci una bella doccia calda, mi lavai i denti, e poi mi vestii, indossando una tuta nera semplice, con gli stivaletti di prada, appena comprati, è un bel cappottone teddy marroncino. In una borsa di stoffa preparai quello che mi sarebbe servito: il mio computer, con cuffie, quaderno, penna e soldi. Staccai il mio telefono dal caricatore prima di uscire dalla stanza.

Ero in cucina a prepararmi da mangiare quando mi raggiunse mio padre; -non mi hai ascoltato- notò facendomi annuire, -non ce la faccio più a fare nulla, ho bisogno di distrarmi- spiegai preparandomi una bicchiere di caffè, -distrarti da cosa, Igor neanche lo vedi- rispose ma mi girai a guardarlo, -distrarmi dal fatto che se lo vedo gli tiro un pugno, dritto sul naso, glielo spacco e gli impedisco di sistemarselo- sbottai facendolo annuire divertito, -ha da fare- lo scusò ma guardai male anche lui, -io vado- lo avvisai subito dopo, prima di scendere in garage.

Dalle nove alle due seguii le lezioni, poi, dopo aver pranzato alla mensa, rimasi in biblioteca dalle tre, fino alle sei. Appena uscita dalla porta, che dava sui parcheggi, notai qualcuno appoggiato alla mia macchina; rimasi ferma per qualche secondo, poi presi coraggio, dirigendomi verso la mia auto. -Ti sembra saggio metterti davanti alla mia macchina dopo che hanno provato ad uccidermi?- domandai facendolo girare verso di me, -no, domanda migliore, ti sembra normale presentarti qui dopo che non mi hai dato retta per quattro fottutissimi giorni?- urlai dopo, guardandolo incazzata nera. -Hai ragione, dovevo scriverti, ma sapevo già doveri- rispose mostrandomi che sul suo telefono aveva la mia posizione; lo guardai prima di spaccarglielo a terra. -Se per te basta stalkerarmi sul tuo telefono di merda quando puoi schiacciare due tasti e chiamarmi, allora non so che dirti- parlai nervosa facendolo annuire; era troppo carino, gli stavo rispondendo male e lui che annuiva semplicemente, senza magari inventarsi qualche scusa. -Non servirà a niente magari, ma in tre giorni avrò dormito dieci ore, non ho smesso di lavorare, dovevo gestire sia i miei affari che quelli di mio padre, dovevo aiutare Valentina ad andarsene e in più ho litigato con quel cretino perché ha organizzato una festa- spiegò guardandomi serio, -e perché non mi hai mandato un messaggio, o non hai risposto ai miei?- gli chiesi ma mi guardò prima di sorridere, -scusa- sussurrò avvicinandosi a me, prima di abbracciarmi. Sospirai prima di perdonarlo dopo aver sentito la mancanza di quel meraviglioso profumo; -cosa credevi?- domandò infilando le mani dentro la mia tuta, -che fossi un pezzo di merda schifoso- risposi facendolo sorridere, -sei una stronza- sussurrò contento, prima di diventare serio. -Cosa ne pensi della festa di mio padre?- chiese, -che mai e poi mai vorrei partecipare, ma ci andrò se tu vuoi andarci- spiegai accarezzandogli una guancia, -vieni da me a dormire?- domandò dopo facendomi annuire subito, ma prima che si dirigesse verso la sua macchina lo fermai, -mi sono arrabbiata perché volevo che mi rendessi partecipe di quello che ti sta succedendo, lavori tanto e non posso dire niente, ma se c'è qualcosa che non va bene me lo puoi dire, io sono qui solo per te- ammisi allacciando le braccia al suo collo, -mio padre crea tanti problemi, e dice cose brutte- mi avvertì ma sorrisi, -non ti devi preoccupare pure per me- lo avvisai facendolo annuire.

-Ho appena fatto pace con Igor, sto venendo a casa per prendere il cambio- risposi alla chiamata di mia mamma; -dovevamo andare a prendere il vestito per la festa ora- mi ricordò, -cazzo, mi ero dimenticata, se ne metto uno che ho nell'armadio?- chiese ma negò subito, -no, nonostante tutti i contro è sempre una festa, per te, e per lui- mi ricordò, -a lui non frega niente di come vado vestita- ammisi sicura, -lo so che ti scoccia per i soldi- parlò ma sentii mio padre ridere sotto, -si, ho comprato degli stivali da 1.500, se devo comprare una altro vestito che costerà di più e che metterò una sola volta, mi scoccia- sbottai sorpassando il cancello di casa.
Chiusi la chiamata e appena parcheggiata l'auto aspettai Igor; entrata in casa sentii i miei discutere. -Siete uguali- annunciò mio padre guardarmi appena entrai in cucina, -si lo dici sempre, avete un problema con i soldi, e menomale, pensa se la mamma era una sanguisuga che comprava di tutto, ed io ero uguale, altro che ricco, era in rovina adesso- sbottai girandomi poi verso la donna, prima che si aggiungesse anche Igor.

I due iniziarono subito a parlare, mentre io mi diressi subito verso il frigo, dal quale tirai fuori il prosciutto e il pane.
-Andiamo a prenderlo il vestito, vengono anche Sophie e Sveva- disse sicura mia madre facendomi sorridere, -mangiamo in quel ristorante di pesce buono?- domandai girandomi poi verso mio padre che annuì, prima di andare non so dove con il ragazzo.
-Tutto bene?- chiesi guardando la donna, che annuì leggermente prima di parlare, -tuo padre l'altra sera mi ha detto che voleva un altro figlio- annunciò ma la guardai con gli occhi spalancati, -non voglio i dettagli se c'è qualcosa di strano, anzi, non voglio sapere cosa avete fatto dopo, parlami solo di dialoghi, niente azioni- la fermai subito facendola annuire divertita, -non è niente di tutto ciò, era triste perché voi due siete cresciuti, e sicuramente gli dispiace- spiegò facendomi sorridere dolcemente, -avete ancora noi, avrete sempre noi, poi c'è Noah, ora che sarà anche lui indipendente avrete settant'anni- ragionai facendola annuire, -gliel'ho detto, aggiungendo anche che potremmo anche diventare presto nonni- aggiunse facendomi annuire. -Io madre- pensai ad altavoce, -volevo parlarti anche di questo, state attenti, non credo sia il momento adatto per voi- mi avvertì facendomi annuire, -volevo andare dalla ginecologa per la pillola- ammisi facendola subito annuire in accordo.

Finito il discorso andai in camera mia e preparai un borsone che riempii con dei vestiti, intimo e un paio di scarpe con i tacchi, che poi avrei lasciato da lui. Entrai poi in camera dei miei genitori per vedere se Noah fosse sveglio, e lo trovai a muovere quelle piccole gambette. Lo presi in braccio, appoggiando la sua testina alla mia spalla, prima di lasciarli un bacio in fronte; lo portai giù andando poi a cercare i due uomini.
-Parlate sempre di lavoro?- domandai entrando nello studio del più vecchio, che sorrise appena vide che avevo in braccio il figlio, -ha mangiato?- chiese ma scossi la scossi testa ignara, -allora vai da tua madre- mi ordinò, -di che stavate parlando?- chiesi stranita, facendo scuotere la testa ad entrambi: li guardai seria prima di uscire.

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