Capitolo 7: Macchinari

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Capitolo 7: Macchinari
~E L L I O T~

Come nell'edificio precedente, aria fredda accarezza le mie braccia sudate e mi porta a rabbrividire. Mi concedo un attimo di sollievo prima di iniziare a guardarmi intorno.

La stanza in cui mi trovo mi ricorda molto quella di un dottore. Ha pure lo stesso odore; sterile e leggermente al gusto di menta. C'è una panca al lato estremo della stanza; ammassati tra di loro trovo armadietti e oggetti tecnologici dall'aria costosa. Un altra porta si trova dalla parte opposta della stanza. Harry sta in piedi nel mezzo della stanza, con la pistola fissata alla cintura, e un oggetto piatto nella mano.

"Ciao." Harry dice lentamente. Mi aspetto da parte sua un accenno al nostro piccolo gioco. Quando invece non fa niente di tutto ciò, penso che me lo debba essermelo sognato. Il caldo mi deve aver dato alla testa. Nessun Correctore lo farebbe.

Mi fissa per un momento, come se si aspettasse una risposta da parte mia. Cosa dovrei dirgli?

Quando è oramai ovvio che io non abbia intenzioni di aprir bocca, clicca la cima della sua penna e guarda in basso verso l'oggetto celato dalla sua mano. I suoi occhi verdi sono momentaneamente oscurati dalle sue ciocche, le quali lui sposta al lato del viso in un istante. Scorre la penna sul dispositivo come se fosse un foglio di carta. Sicuramente l'inchiostro lo danneggerebbe, no? Allungo il collo per avere una migliore vista sullo strano marchingegno.

Sono stata sempre affascinata dalla tecnologia. Infatti, credo di avere già visto questo dispositivo un paio di volte a casa mia. Jade -il supervisore di Norton, ne aveva uno. Puoi toccare lo schermo con le dita. Quando ero piccola mi lasciava scrivere il mio nome sui fogli virtuali del macchinario. Mi chiedo dove sia finita Jade.

Harry continua a scrivere sul dispositivo. Ogni tanto alza lo sguardo dallo schermo. Cammino nervosamente. Che cosa sta scrivendo?

Sembra che riesca a percepire il mio nervoso agitarsi perché ha alzato lo sguardo dal marchingegno. "Non c'è bisogno di essere nervosa. Non succederà niente di male. Nessuno ti recherà danno." La sua voce si abbassa alla fine. Il tacito 'per ora' è collegato al termine della frase.

Deglutisco. "E cosa è, allora?" Apro bocca per la prima volta da quando sono entrata nella stanza. La mia voce suona più debole di come avevo intenzione di farla uscire fuori. Non ho parlato granché da quando siamo usciti dal treno. Sembra che siano passate delle ere. Lui è sorpreso che abbia parlato, tanto che mi da un occhiata strana prima di rispondermi.

"Chiamiamolo un controllo." Harry spiega, fissa di nuovo lo schermo. Ho compreso parzialmente, annuisco. Meglio di essere all'ignaro. "Identificazione?" Tutto quello che deve fare è mormorare la parola e il mio braccio sinistro vola in avanti, con il palmo all'insù. È un istinto al quale sono stata abituata. Dando uno sguardo al mio polso, noto la pelle ancora rossastra attorno al codice a barre tatuato poche ore fa. Harry appoggia il dispositivo sulla panchina prima di iniziare a camminare verso di me, dove io sto impalata con i piedi incollati a terra.

Harry prende gentilmente il mio gomito con la sua mano. È larga e calda; le sue dita callose premono teneramente sul mio avambraccio. Esamina il mio numero di identificazione per un momento -più di quanto avesse dovuto. Lo guardo curiosamente mentre scorre gentilmente il suo pollice sul marchio nero sulla parte piana del mio polso. Sembra esserne impressionato anche se sono sicura che sia stato tutto il pomeriggio a guardarli.

Dopo essere stato a esaminare il mio polso più del necessario, Harry si schiarisce la gola. Scuote leggermente la testa e si scrocchia le nocche. Afferra un macchinario sulla sua cintura e lo posiziona sopra al codice a barre. Il familiare cono di luce rossa viene proiettato sulle linee nere. La macchina fa un trillo e lui mi lascia andare. Il mio braccio rimane immobile al mio lato.

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