Capitolo 8: Fame

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Capitolo 8: Fame

~E L L I O T~

L'attesa è il tipo peggiore di tortura. Avere le farfalle nello stomaco è peggio di ogni dolore fisico al quale potrei essere sottoposta. Ovvero, spero che non esista un dolore peggiore a quello di aspettare la propria morte. L'incertezza mi fa rizzare i capelli in testa.

Esco all'aria aperta dopo essermi lasciata l'edificio misterioso alle spalle. Non ho il coraggio di lamentarmi del sole accecante o della polvere che mi va negli occhi. Ci sono ben'altre cose sono più importanti del mio conforto.

I Typos di Norton sono riuniti dietro all'edificio, seduti per terra sul terreno sabbioso. Sono tutti vestiti con la stessa uniforme arancione. Riconosco alcune facce; faccio un sospiro di sollievo sapendo che ce l'hanno fatta. Un bambino è acciambellato per terra. Le ginocchia su fino al mento, gli occhi chiusi. Gli occhi sono coperti dai capelli. Respira pesantemente. Sicuramente non ha più di nove, dieci anni. Sta piangendo e nessuno è lì per fargli forza.

Mi siedo per terra con Leo ed Oliver. Ripeto il suo nome un paio di volte e gli sfioro la spalla prima di riuscire a catturare la sua attenzione. Ci scambiamo due parole, ma lo sguardo distante nei suoi occhi mi dice di lasciarlo stare. Io e mio fratello facciamo una partita di filetto mentre Oliver ci osserva con una espressione indecifrabile. Leo insiste nell'essere la 'O'. Discuto con lui di mala voglia. Lui si giustifica dicendo che gli porta fortuna.

"In effetti, abbiamo bisogno di più fortuna possibile, huh?" Faccio una battuta e segno una 'X' nel mezzo. Leo vince praticamente sempre.

Mia madre e mia sorella ci raggiungono poco dopo. Stesse uniformi. Stesse espressioni affaticate. Batto mia madre per cinque volte consecutive a filetto, Blair appoggia la testa sulle mie gambe.

Passa una mezz'ora, il retro delle magliette dei Typo si impregnano di sudore. Il flusso di Typos che fuoriesce dall'edificio si ferma. Il mio cuore sussulta quando identifico tra la mischia le persone assenti.

Harry è ultimo ad uscire dalla struttura. Lo so non perché l'ho guardato, ma perché è stato un altro soldato a chiamarlo. Segno distrattamente una 'X' quando mi passa accanto. Il cadetto lo segue a qualche passo di distanza, ridendo tra sé e sé su qualcosa che sembra trovare estremamente divertente. Camminano verso lo spiazzo di ombra dove i Correctori si riposano. Tutti i loro occhi sono puntati su di noi -tutti quanti. Ci guardano come se stessimo per piombarli addosso. Riesco quasi a udire la sfilza di insulti che hanno sulla punta della lingua. Gli sorpassiamo in numero, ma il numero di armi che possiedono li portano in netto vantaggio.

Perdo un'altra partita di filetto.

"In piedi!" Urla l'uomo dall'aria arrabbiata che all'inizio del viaggio bussava alla mia porta. Una scottatura dall'aria dolorosa gli copre la pelle; rendendo i suoi lineamenti ancora più intimidatori. La ragione per la quale ci sbrighiamo a metterci in piedi è il bruto al suo lato. Un uomo alto, muscoloso e armato. Rimuovo la polvere dai miei pantaloni.

"Stiamo per separarvi in gruppi di ottanta!" Il tenente urla. Senza alcun ordine, il bruto fa un passo in avanti. Prende una ragazza per l'avambraccio e la trascina al suo lato. La ragazza si ribella leggermente ai movimenti violenti dell'uomo. L'uomo ne prende un altro, un uomo vecchio, e lo getta verso la ragazza. "Questo sarà il numero di persone con le quale riposerete stanotte nel vostro 'quadrante'." Il tenente spiega. Come d'incanto tutti sembrano essere volenterosi di seguire gli altri.

Riposo. Sonno. Per favore fai che il sorriso sulle sue labbra non significhi che sta mentendo. Fateci riposare.

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