Capitolo 10: Domande

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A/N: Se non avete ancora visto il trailer, dovreste dargli una occhiata. È veramente fantastico.
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Capitolo 10: Domande
~E L L I O T~

Mi chiedo a cosa possa star pensando mentre ci osserva sollevare i barili da dietro il gazebo. È impossibile capirlo. Il capitano rimane nella posizione nella quale ogni soldato dovrebbe stare. Con le mani riposte dietro la schiena, i piedi distaccati l'uno dall'altro, il collo diritto, e con il mento leggermente all'insù. Le due strisce bianche sulla parte sinistra della sua uniforme brillano con la luce del sole. La luce che incombe sopra la sua figura aumenta l'ombra sulla sua faccia. L'ombra creata delle sue sopracciglia nasconde i suoi occhi.

"Elliot." Distacco lo sguardo dal capitano enigmatico quando sento il mio nome. Davie sorride ansiosamente. "Vuoi condividere un albero con me?"
Provo a sorridergli. "Va bene."
I barili sono molto più pesanti di quanto sembrino. Io e Davie ne trainiamo uno verso uno dei tanti alberi. Il frutteto è veramente bello. Macchie di sole passano attraverso la densa tettoia di foglie e cascano sulla terra scura. Il rifugio di legno e il sentiero sterrato rendono il tutto più pittoresco. E poi c'è Harry in mezzo alla scena, con i suoi occhi ridotti a due fessure, la sua pistola splendente e la fronte umida. Sembra essere uscito da un documentario sulla guerra.
"Penso sarebbe meglio toglierci le scarpe per salire," Dico, dando la schiena a Harry e voltandomi a guardare la cima dell'albero.
Davie assente, strisciando le punta delle dita sulla corteccia. "Ottima idea." Mi tolgo le scarpe, il suolo è freddo sotto ai miei piedi. Muovo le dita dei piedi mentre cerco un aggrappo.

La prima volta che vidi Davie era nella clinica a Norton. Quando era piccolo aveva sempre un modo di fare agitato, nervoso. I miei genitori erano amici con i suoi fino a che non furono reclutati. Iniziò a vivere da solo a la età di quattordici anni e da lì inizio ad andare tutto a rotoli. Veniva in clinica tutte le settimane, lamentandosi di qualche dolore inesistente. Jace gli diceva che non poteva lavorare con le pistole a causa dalla sua irascibilità, di cui non si è sbarazzato fino a tutt'oggi. È una delle tante persone che sono talmente tese da essere disturbate anche dal più piccolo dei cambiamenti. Questa dunque non è una delle migliori situazioni nelle quali potrebbe trovarsi. Sono sbalordita che non abbia già avuto un infarto.

Casco dall'albero un paio di volte. Le gambe mi bruciano dalla corsa di ieri e i miei bicipiti protestano a causa dello sforzo improvviso. Finalmente, riesco ad aggrapparmi ad uno dei rami e a tirarmi su di peso. Mi sposto su un altro ramo così che possa salire anche Davie. L'odore delle mele è penetrante. (A/N: ...Non ci provate)

Quando ero piccola, io ed Oliver spesso andavo nei boschi ad arrampicarci. Andavamo oltre il brutale, e uno di noi finiva sempre per terra. Quando avevamo dieci anni a Oliver venne in mente un gioco che consisteva nel combattere sui rami con degli stecchi. Il perdente era quello che cadeva per primo. All'inizio, vincevo sempre io. Tornavamo a casa pieni di graffi e lividi. Ho ancora una cicatrice sul gomito a forza di strusciarlo contro i tronchi degli alberi sui quali combattevamo. Man mano che crescevamo, Oliver iniziò a diventare sempre più forte, e io a perdere ripetutamente. Volendo provarli ciò per cui valevo, introdussi una nuova regola che imponeva di non usare più degli stecchi, ma di buttare il proprio avversario giù dal ramo con le proprie mani. Pensavo che essendo più bassa di lui, ciò avrebbe lavorato a mio vantaggio. Ma sottovalutai la sua forza, e finì con un naso rotto e una cicatrice sopra all'occhio che tutt'oggi lo prova. Oliver ha sempre rifiutato di combattere contro di me dopo quel giorno.

"Quindi, te lavori nella clinica, giusto?" Davie interrompe lo scorrere delle mie memorie. Dovrei comunque tentare di non provare nostalgia.

"Si. Da piccina andavo spesso in clinica e penso che Luna mi abbia preso a cuore." Sorrido compiaciuta mentre afferro una mela. Ho formato una conca con la mia maglietta nella quale mettere la frutta. La mia pancia è scoperta. Faccio diversi viaggi avanti e indietro per depositare i frutti nel barile quando sento di non poterne reggere di più. Siamo sul l'albero da più o meno un'ora e sorprendentemente abbiamo già riempito poco più della metà di un barile.

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