fotografie e ricordi.
Jaemin richiuse la porta dietro di se. Era tornato a casa dopo essersi separato da Jeno e senza dire una parola si era chiuso in camera sua.
La sua era una stanza di dimensioni modeste, ma luminosa e ben arredata. C'era un letto dalle coperte candide, una finestra dalle tende di un luminoso giallo e una scrivania ben organizzata. Un'armadio beige occupava buona parte di una parete e una libreria dalla forma simile ad un libro aperto occupava un angolo. Accanto all'armadio beige c'era la porta del bagno, annesso, che Jaemin ringraziava di avere, così che non fosse costretto ad uscire dalla sua camera, e un tappetino rotondo color latte ornava il centro vuoto della stanza.
Dei piccoli cactus spuntavano da una mensola situata sopra il letto e sulla parete sopra la scrivania, c'erano delle lucine e alcune foto di lui e i suoi amici. Foto che ritraevano per la maggiore lui e Jeno.
Foto di quando le loro mamme li avevano fotografai al parco, quando si stavano spintonando perché Jeno non voleva giocare a nascondino con lui e il piccolo Jaemin stava piangendo, momento di fatti ripreso nella fotografia. O altri momenti come il compleanno dei 10 anni di Jaemin, dove Jeno gli teneva le spalle nel momento in cui soffiava la candelina, o ancora la foto che Jeno aveva scattato mentre Jaemin dormiva e con cui l'aveva preso in giro.
La sua era sua camera piena di ricordi e dall'aria piacevole e accogliente, per questo non usciva così spesso. Gli bastava buttarsi sul divertente pouf a forma di avocado vicino alla libreria, e leggersi un buon libro e tutto il resto non aveva più importanza.
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Il ragazzo si era subito buttato sul letto esausto e con la fronte rivolta al soffitto aveva sospirato profondamente.
Non riusciva più a starsene zitto. Jaemin aveva paura che prima o poi gli sarebbe scappato qualche confessione e che Jeno non gli avrebbe mai più rivolto la parola.
Cominciava a essere sempre più consapevole dell'effetto che gli faceva stare con l'amico e questo lo spaventava.
Come se non avesse potuto fare altrimenti pensò ad alcuni episodi accaduti anni prima che lo avevano portato a farsi tutte queste preoccupazioni. Preoccupazioni che erano diventate il perno centrale della sua stessa vita.
-La famiglia Na cenava tranquilla, al tavolo rotondo del salotto, chiacchierando animatamente riguardo le loro giornate.
Di tanto in tanto le bacchette d'argento battevano sui piatti.Jaemin aveva appena sette anni e ascoltava i genitori parlare dei rispettivi lavori mentre addentava un boccone. Nella testa del bambino sostava un pensiero già da un po' di tempo e quello gli sembrò il momento giusto per farne parole con i propri genitori.
<Eomma, appa...>, aveva richiamato la loro attenzione.
<Si tesoro?>, lo incitò a continuare la madre, dai lunghi capelli neri, lo sguardo brillante e amorevole.
Il bambino esitò un attimo guardando il proprio piatto, poi alzò lo sguardo sui due adulti che lo guardavano curiosi.
<Eomma, appa è normale che ai bambini piacciano gli altri bambini?>, chiese guardandoli.
La madre lo guardò confusa.
<Bé, sì. Perché? Ti piace forse una bambina a scuola?>, chiese poi sorridendogli.
Jaemin scosse la testa.
<Credo mi piaccia Jeno-hyung>, aveva bofonchiato ingenuamente.
La madre si irrigidì improvvisamente e aprì la bocca incredula.
<Jaemin-ah>, parlò ora il padre che era rimasto in silenzio fino a quel momento.
<Sei sicuro?>, gli chiese piano mettendogli una mano sulla spalla.
Jaemin confuso annuì, l'atmosfera serena di poco prima sembrava essere del tutto svanita. La donna si alzò repentinamente provocando un forte rumore con la sedia, che venne spinta all'indietro e con falcate nervose lasciò il salotto.
Jaemin sussultò sorpreso, non capendo bene cosa stesse succedendo; guardò turbato il padre in cerca di spiegazioni. L'uomo sulla trentina si alzò dalla sedia e gli si fece vicino mettendogli una mano sul capo.
Gli scompligliò un poco i capelli e gli sorrise.
<Non ti preoccupare ci penso io>, e senza dire nient'altro seguì la moglie.
Jaemin rimase a tavola da solo guardandosi la mani appoggiate sulle gambe.
Aveva fatto qualcosa di sbagliato? Ma più ci pensava più non capiva, e quando si era reso conto che la madre lo evitava pensò di aver combinato un bel guaio e decise di non farne mai più parola con nessuno.
A lui non poteva e non doveva piacere un'altro maschio. Questo aveva capito.
Suo padre un giorno lo prese da parte e gli spiegò un paio di cose.
<Sai Jaemin, purtroppo le persone lo trovano strano>, aveva detto l'uomo.
<Strano che cosa?>, chiese il bambino.
<Una ragazza che sta con una ragazza e un ragazzo che sta con un'altro ragazzo...>, aveva spiegato grattandosi la nuca.
<Tutti.. lo pensano?>
L'uomo gli sorrise.
<No.. per fortuna no>
<Però Jaemin-ah, stai attento a chi lo dici...>, gli aveva detto solamente il padre, non volendo entrare nei dettagli di cosa comportava rivelare certe verità nella società in cui vivevano.
Jaemin annuì.
<Mamma mi odia?>, chiese il bambino facendo sussultare l'uomo.
<Non è che ti odi.. è solo che ha bisogno di tempo per accettarlo>, aveva detto facendo attenzione alle parole da usare, cercando di rassicurare il figlio, ma era evidente che fosse preoccupato riguardo l'atteggiamento della moglie.
<E tu?>
<Mh?>
<Tu l'hai accettato?>, chiese nervoso Jaemin. Il padre lo osservò a lungo, tanto da far rimanere col fiato sospeso il figlio.
<Io..- si schiarì la voce -Nel mio caso non penso ci sia qualcosa da accettare, sei semplicemente tu, Jaemin, mio figlio e questo non cambierà mai>.
Jaemin non capiva del tutto il discorso che gli stava facendo il padre, ma i suoi occhi cominciarono a grondare di lacrime e subito il padre lo racchiuse in un abbraccio.
-Jaemin si mise su un lato, si coprì con la coperta e si strinse nelle spalle. Affondò le dita nel cuscino bianco e cercò di dormire strizzando gli occhi, nel vano tentativo di scacciare i propri pensieri.
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Promise- Nomin ff REVISIONE
Fanfiction«facciamoci una promessa» «che?» «se entro i trent'anni entrambi non saremo occupati in una relazione seria, ci sposeremo».