•CAPITOLO 8

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[NANCY'S POV]

Ormai era già trascorsa una settimana da quando quel dannatissimo aereo atterrò sul suolo italiano. Era già trascorsa una settimana da quando ero rientrata nella triste e monotona realtà. Era già trascorsa una settimana da quando tutti i miei problemi ripresero vita dopo averli lasciati in archivio per alcuni giorni.
Sembrerà assurdo, ma dopo una settimana dal rientro ancora sentivo ripercussioni negative, sia fisicamente per quanto riguarda lo stress lavorativo e il fuso orario a cui non ero ancora del tutto abituata, che mentalmente in quanto vi era ancora una sorta di rifiuto da parte del mio cervello ad accettare di non trovarmi più a Seoul.
L'ingresso in casa fu estenuante in quanto mi ritrovai la stanza piena di mazzi di rose rosse. Onestamente speravo in un ritorno sereno e tranquillo ma invece diedi di matto dopo neanche cinque minuti dal varco della soglia della porta. Imprecai contro Monica, la nostra domestica di fiducia, in quanto prima della partenza le avevo esplicitamente espresso che non avrei voluto avere niente a che fare con persone ininfluenti e sleali o con tutto ciò che gli riguardasse. Entrata in camera sentivo di non riuscire a sopportare la vista di quella roba futile e decisi di rimediare riportando il tutto al luogo più adatto e consono; la pattumiera. Monica tentò anche di spiegarmi che bisognava gettarli con moderazione in quanto gli operatori ecologici avevano chiesto di non lasciare rifiuti al di fuori dagli appositi contenitori, ma io non volevo sentir ragione che teneva, la mia camera non doveva essere contaminata da quella sporcizia.
Feci qualche trasferta con l'aiuto di Monica per poter riporre tutto all'esterno e dopo aver posato al suolo l'ultimo mazzo di rose rilasciai un grosso sospiro di sollievo. Nel mentre arrivò anche mia cugina Kendall che, immediatamente, mi strinse tra le sue braccia.

"Immaginavo che fossi tornata, ti sentivo imprecare contro la povera Monica fin da camera mia." Vidi mia cugina lanciare un piccolo cenno con il capo per poter salutare la donna che, dopo aver ricambiato il gesto, rientrò in casa.

"Ma se ti avevo lasciato un messaggio." Dissi ridacchiando e sciogliendo il nostro abbraccio mentre la vidi rispondermi con una buffa smorfia.

"Ah, quindi l'hai scoperto?" Aggiunse dopo pochi secondi indicando le rose che avevo lasciato poggiate al suolo accanto i contenitori.

"Sì e ancora non capisco perché tenermi all'oscuro di tutto ciò se prima prima o poi sarei ritornata e soprattutto rientrata nella mia camera.. la trovo una mossa davvero poco astuta."

"Hey piccola vacci piano, così mi offendi." Portò la sua mano sotto il mio mento per farmi notare il broncio che aveva appena preso forma sul suo viso, di conseguenza la mia espressione divenne più confusa che mai, in risposta le sue labbra si curvarono dando spazio ad una piccola risata e subito dopo proferì parola.

"Ero con Monica e ho assistito alle lamentele degli operatori ecologici. Sono stata io a proporre di gettarli giorno per giorno e nel mentre lasciare gli altri fasci in camera tua." Affermò con molta naturalezza. "Insomma, quel coglione del tuo ex è instancabile, era capace di spedire anche tre mazzi di rose al giorno. Io e Monica eravamo esasperate."

"Si, è incontenibile, ma voi avreste potuto gettarli agli scarichi ecologici." Sospirai "Come hai potuto non prendere in considerazione la rabbia al mio ritorno?" 

"Onestamente non credevo che saresti tornata, mi aspettavo che ti convincessi a restare lì o meglio che qualcuno ti convincesse." Disse marcando il tono di voce sulle parole finali e inarcando un sopracciglio.

"No." Sbottai con vigliaccheria, calai il capo e deglutì ripensando a quel qualcuno.

Per le mie intere dodici ore di viaggio non feci altro che pensare agli ultimi messaggi che stavo scambiando con lui prima di decollare, notai che stava ancora digitando ma fui costretta a stoppare il tutto bruscamente impostando il cellulare in modalità aereo e restando con l'amaro in gola fino al mio atterraggio. Non appena l'aereo posò le ruote al suolo italiano presi il cellulare per poter leggere quel dannatissimo messaggio che tanto mi aveva fatto esasperare ma mi si formò un nodo alla gola non appena vidi che erano stati cancellati, sospirai e gettai di nuovo il cellulare in borsa per poi recarmi al di fuori di quel mezzo di trasporto volante.
È da quel giorno che non ho più sentito Jimin. Non ho più ricevuto sue notizie, un suo messaggio o una sua chiamata e ne tanto meno da parte mia ci fu la forza di farlo. Ammetto di aver trascorso l'intera settimana fissando la sua chat come una vigliacca chiedendomi se anche lui facesse lo stesso e se mi pensasse allo stesso modo. Digitavo, anche più volte al giorno e mai nulla di chissà quanto particolare, ma non ho mai avuto la tenacia di inviare quei messaggi, quasi mi disperavo provando moltissima rabbia nei miei confronti. Mi facevo prendere dal panico e da pensieri assurdi, mi facevo paranoie su paranoie, temevo di disturbarlo, di disturbare le sue giornate con dei miei stupidi messaggi in quanto non si poteva andare oltre quelli e temevo, anzi ero più sicura, che prima o poi si sarebbe stufato della nostra amicizia virtuale troncando il tutto senza preavviso e facendomi sentire un vero strazio. Detto in parole povere; la paura di perdere l'ennesimo amico mi fotteva.

FORSE ERA DESTINO!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora