• CAPITOLO 7

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[JIMIN'S POV]

"But now the day bleeds into nightfall and you're not here to get me through it all. I let my guard down and then you pulled the rug I was getting kinda used to being someone you loved."

[-Trad: Ma ora il giorno sanguina al calar della notte e non sei qui per farmi superare tutto. Ho abbassato la guardia e mi hai fatto mancare il terreno (da sotto i piedi). Mi stavo abituando ad essere qualcuno che amavi.]

Furono le ultime parole che rimbombano nella mia mente prima di poter spegnere il motore dell'auto parcheggiata in garage. Mi poggiai bruscamente al sedile e, nel mentre, tolsi le chiavi dal cruscotto. Presi il mio Samsung Z Flip3 dalla tasca per poter controllare l'ora e quella del mio schermo fu l'unica radiazione luminosa che riuscì a rallegrare il buio da cui ero circondato. Restai abbagliato per qualche secondo, tant'è vero che prima di poter fissare il fascio luminoso voltai il cellulare dall'altra parte e serrai gli occhi per poi strizzarli ed emanare un piccolo verso di fastidio.
Era poco prima dell'una e mezzo di notte ed ero appena arrivato al dormitorio dopo aver lasciato Nancy al suo hotel. Uscì dall'auto ed entrerai in casa.
Alcuni dei membri chiacchieravano vivamente in salotto, ma per mia volontà scelsi di non aprir bocca e comportarmi come se in sala fossi solo. Posai le chiavi, appesi la mia giacca e nel mentre non poté fare a meno di notare come l'atmosfera da cui ero circondato fosse cambiata; tutti restarono in silenzio scambiandosi alcune occhiatacce, consapevoli dei miei strani atteggiamenti, ma nonostante ciò nessuno mi porse domande.
Quando uno di noi mostra atteggiamenti sospetti le condizioni sono due; o tutti si comportano come il personale antidoping, seguendo la persona passo passo fin quando questo non apre bocca, o tutti restano in silenzio per poi chiedere in seguito. Scelsi di cogliere l'occasione e dirigermi in camera quanto più in fretta possibile. Entrai e mi catapultai a letto immergendo la testa tra i cuscini proprio come se avessi voluto sprofondare via da questo posto.

Mi sentivo insoddisfatto, un po' come quando t'impegni molto, quando ci metti tutto te stesso, dai il massimo, ma poi il risultato finale non corrisponde alle tue aspettative.
Non ero felice e tutti sappiamo come l'infelicita sia legata all'essenza, alla realtà, e purtroppo avevo compreso troppo tardi questo aspetto della vita, avevo compreso troppo tardi di aver lasciato andare via l'unica persona in grado di farmi sentire compreso. Ho sempre pensato che la comprensione sia uno dei sentimenti più gradevoli ed attraenti perché entrare in sintonia con qualcuno in grado di accorgersi del tuo stato d'animo, in grado di mettersi nei tuoi panni e arrivare alla tua pelle, riesce a non farti sentire sbagliato e ad abbattere quel senso di solitudine che porti sulle spalle. Ma, attenzione, la comprensione non va mai confusa con la comunicazione perché possiamo dire tutto quel che vogliamo, piangere, disperarci o faticare per poterci raccontare, ma se qualcuno non è disposto a capire, allora, tutto il nostro impegno risulterà vano. Crescendo ho anche capito che la comprensione non è fatta solo tra individui, ma esiste anche una forma molto più complessa, ovvero la comprensione propria e non sussiste errore più grande del non ascoltarsi interiormente, del non comprendersi. Non bisogna mai reprimere le emozioni solo perché crediamo che siano sbagliate o poco considerevoli, nessuna di esse è sbagliata o insignificante e se siamo in grado di percepirla ci sarà un motivo che non bisogna sottovalutare. Siate sempre aperti al dialogo con voi stessi, prendetevi del tempo per comprendetevi e fate sempre ciò che volete, ciò che sentite, senza mai porvi limiti e confini, ricordando che se volete, potete. Sempre!

Girai di poco il capo e ancora gettato tra i mille cuscini iniziai a fissare la parete bianca. Dopo quella piccola riflessione la mia mente aveva finalmente iniziato a vederci chiaro, era finalmente arrivata ad una conclusione; dovevo fermarla!
Sobbalzai dal letto e corsi verso la camera di Taehyung, il quale era sotto le coperte vedendo qualche solito filmato divertente con le cuffie alle orecchie, inoltre riuscivo ad ascoltare la sua risata dal corridoio. Bruscamente aprì la porta, ma lui non s'accorse della mia presenza quindi, senza crearmi troppi problemi, mi avvicinai e gli urlai:

FORSE ERA DESTINO!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora