Pensavo di esserne in grado? No, ma lo rifarei.
Perché sono stanco, e per quanto lo ami non riesco davvero più a sopportare l'idea che lui abbia tutto questo controllo sulla mia vita.
«Sei un pezzo di merda», urlo con tutto il fiato che ho in corpo sfogando la rabbia che ho accumulato per anni.
Lui reagisce istintivamente, è nella sua natura e nonostante l'assurdità della situazione resto affascinato dal modo in cui si gira e mi piazza una gomitata in pancia con una precisione che mi mozza il fiato.
«E allora vattene, Deku! Che cazzo vuoi da me?»
La mia gamba si muove da sola, perché è anche la mia natura. Siamo uguali, più di quanto entrambi vorremmo ammettere ora. Tiro un calcio alla sua caviglia con forza con l'intento di farlo cadere, lui stringe automaticamente le dita attorno ai miei vestiti per trascinarmi giù con lui in un turbinio di esplosioni e lampi verdi.
«Vorrei andarmene, non sai quanto vorrei!»
Urlo ritrovandomi a cavalcioni su di lui; tiene le mie mani con le sue, io gli blocco il bacino a terra con le gambe.
Nessuno dei due parla, ansimiamo forte e cerchiamo di riprendere aria senza mai abbandonare gli occhi dell'altro.
I fiori mi si incastrano lungo la trachea, pizzicano e so che a breve tirerò fuori anche l'anima.
Respiro ancora, ma dentro mi sento morire.
«Vorrei con tutto me stesso andarmene e lasciarti indietro senza preoccuparmene», mormoro abbassando la testa. «Vorrei fingere di non sapere cosa siamo stati, vorrei fregarmene come fai tu. Vorrei che tu non fossi importante nella mia vita. Vorrei smettere di giustificare il modo in cui mi tratti nella convinzione che tu sia più di questo perché è evidente che non lo sei. Non con me, almeno. Lo sei con i tuoi amici, lo sei con...»
Non riesco a dire il suo nome, mi sento a pezzi.
I miei occhi si riempiono di lacrime, a dirla tutta penso di essere durato anche troppo senza piangere.
Lui non reagisce, mi fa incazzare. Lui, che esplode alla minima occasione, sembra non avere armi per difendersi.
Anche perché probabilmente non pensa di doversi difendere da qualcosa.
Mollo la presa sul suo corpo e mi tiro su senza un minimo di grazia. Inciampo, sbuffo, lui non dice una parola mentre sente i miei polsi sfuggire alle sue dita.
Sembrano passare ore prima che si decida a spiccicarne una.
«Non lo penso.»
È il mio turno di rimanere in silenzio.
«Non l'ho mai pensato davvero», si muove per recuperare il cellulare caduto nello scontro. «Non vuol dire che... insomma è ovvio, ti odiavo. Dico solo che se tu lo avessi fatto davvero, non credo sarei mai stato in grado di perdonarmelo.»
È ovvio, mi odiavi.
«Questo si chiama senso di colpa, Kacchan. È umano, se tu non lo provassi sarei davvero preoccupato per te.»
Dubito che si aspettasse la freddezza nella mia voce. Nemmeno io me la aspettavo.
Gli do le spalle e riprendo a camminare soffocando qualche colpo di tosse contro la manica del costume.
«Che ti prende? Volevi una risposta, no? Te l'ho data.»
Non mi fermo, non ha senso. Sono il solito cretino, credo nelle favole e mi ritrovo a scavare merda a mani nude. Perché cosa mi aspettavo, in fondo?

STAI LEGGENDO
If the world was ending
Fiksi PenggemarIzuku non ha mai avuto problemi ad esprimere i propri sentimenti. Lui ama, lo fa incondizionatamente e non ha mai pensato che questo possa essere un ostacolo fino al giorno in cui amare è diventato il motivo per cui rischia la vita. Ha scoperto che...