Danger. [Ziam]

Capitolo 18

"Liam James, alzati! Arriverai in ritardo a scuola!" Mia mamma entrò in camera come un uragano, la sua voce acuta rimbombava nelle mie orecchie infastidendomi.

Grugnii, girandomi sul fianco. "No." Mormorai, sprofondando la testa nel cuscino sperando di farla uscire fuori da camera.
Non ero in vena di vedere i ragazzi della mia scuola, di ascoltare le domande di Niall o di seguire le lezioni noiose. Volevo solo dormire dato che ero stata assente per gli innumerevoli incontri con Danger alias Zayn.

"Liam!" Urlò togliendomi di dosso la coperta esponendomi all'aria fredda.

Non avrebbe funzionato lo stesso.

"Cinque minuti, ti prego." Mormorai, prendendo il cuscino e portandomelo sopra la testa.

Forse adesso se ne sarebbe andata.

"Liam!" Tolse il cuscino, tirandomelo in testa.

O forse no ...

"Dio, mamma!" Mi tirai su di scatto, infastidito e stanco. "Sono sveglio!" Sbottai, strofinandomi gli occhi.
"Non ti azzardare a nominare il nome di Dio invano." Strillò con un acuto.
Quasi alzai gli occhi al cielo. Rispettavo il nome di Gesù e restavo fedele alla mia religione ma dannazione, mia madre era ad un altro livello.
"Dovresti vergognarti di te stesso, Liam James." Continuò con il suo discorso scuotendo la sua testa, borbottando. "Vestiti e muoviti, non abbiamo tutto il giorno."
"Ho bisogno di farmi una doccia prima, mamma." Mi alzai in piedi, pronta ad andare in bagno quando mi fermò.
"No, non la farai. Io e Dennis non abbiamo tempo per la tua doccia di un'ora. Dobbiamo andare o faremo tardi solo per colpa della tua irresponsabilità nell'andare a letto presto." Mi puntò un dito contro. "Lavati il viso, i denti, vestiti e vieni al piano di sotto."
"Ma mamma, non mi faccio la doccia dalla notte --"
"Che sei stato beccato mentre ritornavi a casa?" Finse un sorriso. "Sì beh, non è colpa mia. Nessuno ti ha chiesto di essere così smemorato e negligente." Iniziò ad andarsene.
"Oh e non pensare di aver finito la punizione, signorino.Voglio che ritorni a casa dopo scuola. Capito?"
"Sì, come vuoi." Mormorai distogliendo lo sguardo.
Sospirò, non volendo iniziare un'altra discussione. "Sarà bene che tu sia pronto per quando avrò messo tutte le cose in macchina."
Agitai una mano dietro di me in modo sbrigativo verso la sua direzione mentre mi diressi verso il bagno. Una volta che sentii chiudere gentilmente la porta, lasciai fuoriuscire un gridolino dalle mie labbra.

Amo mia mamma ma può essere così ossessionata nel controllarmi. Mi fa impazzire.

Aprendo il rubinetto del lavandino, mi lavai la faccia prima di lavarmi i denti per poi asciugarmi faccia e bocca con un asciugamano. Spazzolandomi il ciuffo maledii la mia vita -- faceva schifo. Grazie a Dio non sembrava oleoso. Non erano così male come pensavo ma complessivamente non era attraente o affascinante.
Uscii dal bagno.
Camminando verso il mio armadio, strinsi le labbra, chiedendomi cosa avrei indossato.
Decisi per un semplice paio di jeans neri stretti, una maglietta bianca e un giubbino di pelle.
Una volta che trovai lo zaino. Lo misi in spalla pronto per andare. Quando mi diedi un'ultima occhiata allo specchio notando che avevo le occhiaie.

Merda.

Corsi giù per le scale. Mi guardi intorno e arrivai alla conclusione che mia mamma e mio fratello erano già partiti.

Perfetto.

Uscendo dalla porta di casa, mi sentii riavere come vidi mia mamma e mio fratello seduti in macchina. Grazie a Dio non erano partiti altrimenti avrei dovuto camminare. Stavo per aprire la portiera del posto del passeggero, accanto al guidatore, quando vidi mio fratello già seduto lì. "Che diavolo?" Urlai piano. "Quello è il mio posto, idiota! Alzati!"
"No." Mi fece la linguaccia come un bambino. Se avessi potuto tirargli un pugno senza pagare le conseguenze, l'avrei fatto.
"Alzati." Dissi serrando i denti.
"Oh, taci Liam e sali in macchina." Girai la testa per vedere mia madre che con occhi luccicanti mi fissava a bocca aperta.
"E' ingiusto!" Sbattei i piedi contro il pavimento. Non mi interessava se sembravo un bambino viziato. Lo privilegiava sempre e dato che io mi mettevo sempre nei casini, mi trattava come se io fossi la feccia e lui la cosa più innocente nel mondo.