Vincent si alzò, sudato e infreddolito. Gli erano cadute le coperte, o probabilmente la sera prima la sua sorellina gliele tirò per vendetta poiché non le aveva dato il cioccolato che le aveva promesso. Aveva fatto un brutto sogno, ma non se lo ricordava. Era una fortuna, almeno non ci avrebbe pensato tutto il giorno.
Ancora assonnato, afferrò il cellulare. Guardò l'ora.
Lo riposò sul comodino di mogano. "Porca iella, è tardissimo! MAMMA!"
Si alzò di fretta e furia, ma il suo piede sinistro lo tradì. Inciampato su una scarpa, dalla cucina al piano di sotto la madre sentì un tonfo. "TESOROO, TI SEI FATTO MALE!?"
Non rispose. Dolorante, si rialzò e si infilò i pantaloni al contrario. Se ne accorse, ma per un po' fece finta di niente. Era nervoso.
Si mangiò un'unghia, scendendo frettoloso le scale. Mangiò alla velocità della luce; per poco il pancake non gli rimase in gola, ma da bravo eroe della sua sorellina ingoiò il boccone e volò verso il bagno. Si sfilò i pantaloni e li indossò nel verso giusto. Per poco non scivolava battendo il muso verso il lavandino; i suoi piedi scalzi lo avevano tradito ancora una volta.
Uscì di casa in tempo, anche se con un po' di sudore in più. La ruota del motorino l'aveva bucata suo fratello il giorno prima. Sbuffò.
Camminando allungando le gambe quanto il collo di una giraffa, percorse un lungo tragitto e arrivò ad un portone rosso. Prese il cellulare, con il tic all'occhio premette alcuni numeri.
Uno, due. Tre squilli.
"Pronto? Tiffany, sono sotto casa tua, muoviti e scendi."
"Scusami Vin, ma oggi non mi sento bene, non vengo a scuola... puoi vedertela tu per quel fatto di Terry?"
"Come? Ma-"
"Grazie! Ciao-"
Lei riattaccò.
Vincent rimase immobile, fissando lo schermo ormai scuro del cellulare che ancora suonava i cupi 'tuu-tuu' di una telefonata non chiusa. Il vento fra i ricci scuri e i grandi occhi verde bottiglia sgranati; il ragazzo sorprese un brivido percorregli la schiena. Si sentì come abbandonato, nell'atmosfera claustrofobica di un buio presagio.
Tra quell'ammasso di edifici che lo accerchiavano, grigi come le nuvole della sua mente, Vincent aveva già capito che, da come era iniziata la sua giornata, qualcosa quel giorno sarebbe andato a finire male.
E alzando lo sguardo al cielo, intravedendo il dolce visino della bionda affacciata alla finestra che dietro la tenda lo osservava, si sentì tradito ancora.
"Pronto, Terey?"
"Hoi, ciao Vin! Che dici?"
"Dove sei? Andiamo a scuola insieme?"
"Uhm? A scuola?
... Aaah, già, oggi non è domenica!"
"M-MA SEI SCEMO TEREY? MUOVITI E VESTITI! Non sai nemmeno distinguere i giorni su un calendario?!"
"Hey, calma Vincent, cosa ti prende?"
"Ah, scusami, è solo che... niente va', sbrigati che fai tardi. Io mi avvio."
"Hm... okay. Grazie di tutto Vin."
"... Ciao."
"Ciao."
Terey chiuse la chiamata. Guardò, ancora disteso sul suo letto completamente sfasciato, prima l'orologio al polso e poi il calendario appeso alla parete.
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Qui con te, per sempre.
Romance" 'È triste invece, è triste... [...] Siamo nati con due mani per toccare, due narici per odorare, due orecchie per ascoltare. E due occhi per vedere. Ma se non puoi vedere, perchè dovresti avere gli occhi?' 'Perchè ciò che contano sono i sentiment...