Nella sua camera di caos più totale, Terey era seduto sul letto, a gambe aperte, fissando il piccolo MP3 che aveva tra le mani. La testa non sembrava battergli più di tanto ormai.
Accennò un sorriso e una risatina, al sol pensiero degli insulti che gli avrebbe lanciato la Capelli Nocciola il giorno dopo. Pensò che potesse essere un'occasione per capire un po' i gusti di Weddie, così arrabattò un paio di cuffiette nei suoi cassetti incasinati e lo collegò al lettore. Le canzoni si alternavano fra composizioni al pianoforte e poche registrazioni in cui lei cantava. Terey però non capiva perché la voce fosse lontana dal microfono, come se qualcuno la stesse registrando senza che lo sapesse. Ma perché farlo? E soprattutto, se l'MP3 è suo, doveva sapere per forza che in memoria ci fossero delle sue registrazioni...Terey bloccò per un attimo i suoi pensieri; lentamente si stese sul letto e chiuse gli occhi, ascoltando con più attenzione l'MP3 poggiato sul letto.
Quanto gli piaceva il suono del pianoforte.
Quanto gli piaceva il suono della sua voce.Terey ridacchiò, non poteva credere al fatto che una ragazza così fredda potesse avere una voce così calda.
Mentre la musica lo cullava e lui, con gli occhi serrati, muoveva mani e dita in aria come se stesse suonando lui un pianoforte, improvvisamente udì la porta d'ingresso sbattere.
"TETE', SONO A CAAAAASAA!"
La magia era finita, interrotta bruscamente dal ritorno della madre, che in tre settimane non si era fatta vedere.
Terey lasciò cadere le braccia sul letto, sbuffando. Aprì gli occhi, e dove lui vedeva con gli occhi chiusi un pianoforte ora c'era il soffitto ammuffito agli angoli della stanza.
Alzandosi dal letto per mettere in ordine il caos della sua camera dalla strana carta da parati color urina, il ragazzotto per un attimo pensa come Weddie potesse immaginare ciò che dovrebbe vedere."Sai che figata, non poter vedere la realtà..." sorrise amaramente, pensando al suo sogno di un pianoforte ormai svanito.
"TEREY ROWENCE DEALER, CI SEII?"
Terey sbuffò, strappandosi letteralmente gli auricolari dalle orecchie. Che odio che provava, quando veniva chiamato per nome intero. Scese velocemente le scale, notando sua madre che lanciava i tacchi neri davanti alla scarpiera nell'ingresso.
"Mi chiamo Terey, mamma, togli quel Rowence..." sospirò, non riuscendo però a nascondere un piccolo sorriso.
Poteva essere lontana, lavorando e non prestandogli mai attenzione, ma in fondo alla signora Dealer amava suo figlio. Come del resto, lui amava lei.
Lui e la mamma erano uguali, in tutto e per tutto, non solo fisicamente. Terey sembrava vedere il suo riflesso in uno specchio quando vedeva la madre, notando prima i capelli biondi arruffati e gli occhi color ambra sprizzanti di vita. Poi, andando più a fondo, c'era la personalità selvaggia e irrispettosa che Terey trovava anche in sé. Eppure non capiva il perché si fosse sposata e avesse trovato un lavoro così impegnativo: sua madre sembrava un leone infilato a forza in un abito "giacca e cravatta". Terey credeva che le responsabilità l'avessero resa così, ma a lei sembrava non dispiacere. Mah, chissà.
La cosa più importante per Terey era che gli fosse affianco sempre, non una volta al mese, e il fatto che né lei né il padre non capissero questo lo lasciava con l'amaro in bocca."Oh, Tete' bello! Da quanto tempo, omaccione di mamma!" Gli sorrise, tirando via il codino dai capelli corti dapprima legati.
"Se sono un omaccione non dovresti chiamarmi con un nome da moccioso, no?" ridacchiò, allontanandosi dall'ingresso con le braccia piegate dietro la nuca.
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Qui con te, per sempre.
Romance" 'È triste invece, è triste... [...] Siamo nati con due mani per toccare, due narici per odorare, due orecchie per ascoltare. E due occhi per vedere. Ma se non puoi vedere, perchè dovresti avere gli occhi?' 'Perchè ciò che contano sono i sentiment...