Anno nuovo, vita nuova.
Era così che si diceva, no? E Simone ci sperava con tutto se stesso che quel detto fosse vero. In quel momento più che mai.
Soprattutto dopo l'anno che aveva passato.
L'estate gli era servita per staccare. Era riuscito a rimettere insieme i suoi pezzi, un po' a fatica, alcuni si perdevano ancora per strada eppure andava bene così. C'erano stati un sacco di cambiamenti, quell'estate. Aveva chiuso con il passato - e con ciò che l'aveva fatto cadere - quando aveva avuto la conferma di poter cambiare scuola. Dante era anche riuscito a farlo mettere in classe con Jacopo, il suo gemello. Di solito tendevano ad evitare situazioni del genere ma Dante aveva avuto modo di convincere la preside - complice il fatto che insegnava filosofia in quella scuola e che si conoscevano sin da giovani - e Simone aveva tirato un enorme sospiro di sollievo.
Il secondo grosso cambiamento era stato il fatto che loro padre - durante un caldo mercoledì di agosto - se ne era uscito con "Anita, una mia amica, ha problemi con la casa. È un problema se lei e il figlio vengono a stare da noi per un po'?" . Il che stava a intendere che - non appena li avessero risolti - sarebbero tornati a casa loro.
Le cose erano andate così, anche se tra Dante e Anita c'era qualcosa di molto di più, che lui cercava di nascondere, ma i suoi figli non avevano proprio le fette di salame sugli occhi. Il figlio di Anita, Manuel, era invece un suo alunno. Era stato bocciato quell'anno quindi - da settembre - sarebbe stato in classe di Jacopo.
Non era stato un cambiamento facile da accettare, o meglio, Simone l'aveva vissuto passivamente.
Talmente passivamente che non aveva nemmeno reagito, per poi sfogarsi con la psicologa da cui andava da tre mesi a quella parte. Jacopo invece era stato come una tempesta, aveva detto qualsiasi cosa gli era passata per la testa in quel momento. Non era mai stato riflessivo, diceva tutto, indipendentemente da chi aveva davanti. Simone, più di una volta, avrebbe voluto essere come lui sotto quel punto di vista perché tenersi tutto dentro lo faceva lentamente implodere.Anche se, tutto sommato, poi, le cose non erano nemmeno state tremende come il previsto. Anita era parecchio simpatica, anche se sembrava stare sulle nuvole la maggior parte del tempo. Manuel, invece, era una testa calda ma che era riuscito a ritrovare la strada per non far casini, a detta di Dante. Jacopo già lo conosceva. Due anni prima aveva frequentato insieme a lui il corso per il patentino del motorino. L'avrebbe definito un "Cazzaro" - se qualcuno glielo avesse chiesto - perché era il termine che gli si addiceva di più, secondo lui.
Era stato lui quello che aveva trovato il modo di far entrare in contatto anche il fratello con Manuel, il quale era rimasto impassibile anche nel momento in cui erano arrivati da loro. Avere un altro ragazzo, all'incirca della loro età, in giro per casa, non lo aiutava per nulla. Lui non lo avrebbe assolutamente detto a nessuno - era già abbastanza difficile così - anche se Jacopo sembrava aver già capito tutto. A Jacopo e Simone bastava uno scambio di sguardi, a differenza di Dante che non sembrava proprio sulla giusta frequenza radio. Floriana, loro madre, ci riusciva di più. Peccato che era in un altro stato da quasi un anno, più o meno da poco dopo la separazione con Dante. Aveva ricevuto un'offerta di lavoro importante e non aveva potuto rifiutare anche se ne avevano parlato attentamente tutti e quattro.
*
Simone non aveva chiuso occhio quella notte, per nulla. O meglio, chiuderli li aveva chiusi, il problema era stato dormire. Per quello ora si ritrovava già pronto, accanto al letto di Jacopo, mentre cercava di svegliarlo.
<<'Aco, muoviti, faremo tardi>>. 'Aco. Simone amava troppo chiamarlo così. Quando erano piccoli non riusciva proprio a pronunciare il nome del fratello, la lingua gli inciampava sulla j, quindi tutto quello che riusciva a dire - per chiamarlo - era un semplice 'Aco. A Jacopo non dispiaceva lasciarsi chiamare così, perché anche lui aveva un modo suo di chiamare Simone. Solo che, a differenza dell'altro, lui lo faceva solo quando erano soli o quando c'era qualcosa che non andava o che lo preoccupava.
Simone l'aveva visto girare la testa dalla parte opposta e <<Lasciame dormì cinque minuti in più, te prego>>.
Simone aveva sorriso e gli aveva spostato il lenzuolo. <<È il primo giorno, vado a chiedere a Manuel di darmi uno strappo>>. Perché in effetti poteva, visto che sarebbero stati in classe insieme, ma non l'avrebbe fatto perché non erano ancora in rapporti abbastanza buoni da fidarsi a chiedergli un passaggio.
<<Seh, credice. Quello arriva dopo de noi, t'o dico. Manco alle lezioni der patentino arrivava in orario>> Jacopo si era alzato e si era messo a sedere sul letto mentre cercava di capire chi era e che giorno fosse.
Era sempre traumatica la prima mattina.
Simone si era messo a ridere e <<Dove son capitato>> aveva detto portandosi le mani sui fianchi e scuotendo la testa.
<<Statte tranquillo che j'a famo. Semo a scola insieme da st'anno. Me risparmio dieci minuti de strada, ergo da domani sveglia dieci minuti dopo>>.
In effetti aveva ragione, ma era pur sempre il primo giorno e lui si ritrovava in una scuola diversa e in una classe nuova.
*
Simone era sceso dal motorino e si era slacciato il casco per poi aspettare che Jacopo scendesse a sua volta e potesse metterlo sotto la sella. Aveva alzato la testa per guardare la targa sul portone.
Liceo scientifico Leonardo da Vinci.
Aveva preso un profondo respiro prima di capire che aveva iniziato a tamburellare con la mano sulla coscia. Aveva sentito Jacopo avvicinarsi a lui e dirgli <<Moe, stai bene?>>. Si era girato di colpo e aveva abbozzato un leggero sorriso per poi mugugnare un leggero <<Mh>> annuendo con la testa.
Aveva sentito Jacopo prendergli la mano e stringerla, come a volergli dare forza e <<Andrà bene, ce sto io>>. Aveva sussurrato anche un leggero ce dovevo sta anche prima, che a Simone non era sfuggito, ma aveva evitato di rispondere anche a quello.
<<È okay, 'Aco. Penso sia normale, no?>> Aveva provato ad essere il più rassicurante possibile nei confronti dell'altro. Non aveva mai voluto che si sentisse in colpa per cose in cui non c'entrava minimamente, quindi era stato il più leggero possibile.
<<Sì, fratellì, andiamo>>. Simone si era ritrovato a sorridere di nuovo a quell'appellativo. Perché sì, erano gemelli, eppure Jacopo continuava a chiamarlo "fratellì" da quando aveva scoperto che era il più grande dei due. Non in fatto di orario di nascita, in quanto Simone era il primo ad essere nato bensì sul fatto che - essendo il gemello più grande - aveva aiutato Simone a nascere. L'aveva sempre fatto ridere questa cosa, sin dall'inizio, infatti ci scherzavano spesso.
Si sentiva pronto, Simone. Si sentiva stranamente a casa e quello sperava l'avrebbe aiutato più che mai.
Forse i pezzi li aveva rimessi insieme a fatica.
L'unico problema era che sapeva di essere ancora ben lontano dal mescolare la colla e la polvere d'oro da mettere nelle crepe.
Note:
Non so bene perché mi stia imbarcando nuovamente in una sottospecie di long - dopo anni - eppure sono qui. Come se non avessi una tesi da scrivere (ma questi sono dettagli, visto che questi due mi hanno fatta tornare mentalmente ai tempi della Sterek).
Non è niente di che, una cavolata senza pretese. Se trovate errori/orrori fatemi sapere tranquillamente.Grazie se siete arrivati fino alla fine di questa introduzione e se avrete voglia di continuare, ci risentiamo ai prossimi capitoli.
Grazie a cinzianspurce
perché sopporta le cavolate che scrivo e le anteprime a caso che le mando, oltre alle consapevolezze serali su Manuel.
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Aspettando primavera
Fanfiction[ Simuel|AU | What if | Jacopo vivo ] Di passati da elaborare, convivenze improvvise e futuri da allenare. "Forse i pezzi li aveva rimessi insieme a fatica. L'unico problema era che sapeva di essere ancora ben lontano dal mescolare la colla e la po...