Omissioni

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Quando - quella mattina - il padre aveva iniziato a spiegare Michael Foucault, Jacopo sapeva già dove voleva andare a parare e sapeva anche il perché lo stava affrontando. 
Credeva di star vivendo un dejavu, anche se sapeva che in realtà era solo perché lo aveva utilizzato anche con Simone quando - una sera di un anno prima - aveva detto ai suoi genitori di essere gay, durante una cena.

Jacopo - in realtà - era stato il primo a capire tutto, qualche giorno prima. Simone non aveva detto nulla eccetto <<Non doveva andare così. Non va bene, non vado bene>>. Gliel'aveva sussurrato non appena era tornato a casa dopo essere stato da una sua compagna di classe. Jacopo era sempre stato il suo opposto nelle relazioni: sicuro e per nulla impacciato. Era come se sapeva sempre cosa fare, cosa dire e come. Lui invece aveva visto solo il dolore negli occhi di Claudia, quando aveva realizzato davvero chi era e perché non gli interessasse nulla di ragazze.

<<Vai bene così come sei, Sim. Sei lo stesso di sempre, puoi e devi amare chi vuoi>> gliel'aveva detto stringendogli una mano. 

<<Anche se sarà uno come me?>> e Jacopo l'aveva abbracciato perché era l'unica cosa che potesse fare. Si era anche ripromesso di proteggerlo da quel mondo che non faceva altro che affossare le diversità.

Si ritrovava a maledirsi perché così non era stato, ancora una volta.
Non l'aveva protetto da quel mondo infame e dalla crudeltà dei loro coetanei, perché Jacopo - attraverso il vissuto di Simone - aveva compreso che a quindici anni si poteva essere davvero crudeli. E ora che di anni ne aveva sedici, sapeva già troppe cose riguardo cui avrebbe voluto rimanere ingenuo ancora per molto tempo.
 

Stavano camminando in giro per la palestra mentre Dante spiegava <<Era omosessuale. Alla metà degli anni '60 l'omosessualità non veniva accettata. Allora faccio la domanda a voi che siete giovani e state vivendo la vostra vita oggi>>. L'aveva sentito prendere una pausa per poi riprendere guardandoli tutti. Uno ad uno.

<<Oggi - l'omosessualità - è normale?>> Si era fermato nuovamente per poi riprendere a chiamare alcune sue compagne, per sentire cosa ne pensassero: <<Luna>>
<<Secondo me sì, è normale>> Jacopo stava attento a qualsiasi cosa avessero risposto gli altri ragazzi perché Simone non c'era e lui doveva capire se si poteva fidare ancora di ognuno di loro, ora che erano compagni di classe anche del suo gemello.

<<Laura?>>

<<Per me si può amare chi si vuole, l'importante è essere felici>>

Era in quel momento che aveva deciso di intervenire. Era tutto bello a parole, ma nessuno aveva ancora tirato fuori il nocciolo della questione. Quindi l'aveva fatto lui: <<Il problema è che molti non l'accettano ancora come una cosa normale e siamo ancora circondati da troppi ignoranti>>. Aveva sentito anche un leggero cambiamento nel suo tono di voce, ma non aveva fatto nulla per controllarlo.

Dante gli aveva sorriso prima di chiamare il compagno successivo <<Manuel?>> e lui voleva proprio sentire ciò che aveva da dire. 

<<Per me è normale. Vojo di' ognuno è libero di fare quello che je pare. Per me non bisogna mai rinunciare a noi stessi, qualunque cosa siamo>>

Seh, ce credo proprio. 
Era stato il suo primo pensiero e non era riuscito a fermarsi dal rispondergli. Perché come poteva esserlo se faceva battute del genere? Come poteva anche solo dirlo? O meglio come poteva dirlo con lui davanti che aveva assistito a tutto il martedì sera. Se ci fosse stato Simone l'avrebbe contenuto, lo sapeva, ma lui non poteva starsene zitto.

<<Per te è normale? Sei serio? Ma almeno le senti le cazzate che dici?>> perché a lui non sembrava che per lui fosse normale, altrimenti non avrebbe usato quella parola e soprattutto non avrebbe detto una frase del genere per rispondere ad una domanda così banale. 

Aspettando primaveraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora