Cap 7

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Ci dividemmo ognuno secondo il piano prestabilito. Ci saremmo tenuti in contatto mandando lettere grazie ad una particolare specie di uccello. In caso di bisogno di aiuto saremmo andati in soccorso ognuno degli altri. I pericoli erano tanti per tutti.

Io e Tempo decidemmo di ritirarci su una collina a pochi giorni di cammino del vulcano, alla sorgente del fiume. Sembrava che l’acqua mi aiutasse a rilassarmi e a concentrarmi.

Non appena arrivammo mi tuffai e nuotai in lungo e in largo, a volte mi chiedevo se in realtà non fossi una sirena. 

“Come stai?” Mi chiese Tempo.

“Sto bene. Mi sento veramente bene.” Risposi galleggiando con gli occhi chiusi, cercando di assorbire l’energia del sole.

“Hai bisogno di parlare?”

“Sai tutto comunque. Credo che tu me lo stia chiedendo perché tu ne hai bisogno. Sbaglio?” 

“Io.. Sì hai ragione. Ho bisogno di parlare.” Uscii dal fiume e mi sedetti accanto a lui sulla riva. Era una splendida giornata.

“Non sono completo. C’è qualcosa che non va. Sento la mancanza di una parte di me.”

“Capisco.”

“L’avevi già capito?”

“Non ne ero sicura. Ma non so come potrebbe essere successo.”

“Neanche io. Credo che dovremmo evocare il Vulcano o Madre Natura per avere delle risposte. Sicuro loro sapranno cosa sta succedendo e come aiutarci.”

“O forse sono stati proprio loro a farci questo. Così come hanno provocato tutto questo inferno.”

“Non dire così, sai che Madre Natura non ci farebbe mai del male.”

“Non mi sorprende per niente vedere che difendi lei, ma non provi neanche a dire una parola per Vulcano.”

“Credi che lui ne sarebbe stato capace? Dividere la tua essenza sottraendo me, rendendoti più vulnerabile e confondendo le nostre vie?”

“Non sarebbe la prima volta che Vulcano porti più scompiglio di quanto ci sia bisogno. Ma concordo con te. Dovremmo parlargli.”

Tempo non commentò e così cadde la conversazione. Era tempo di meditare e trovare la mia anima perduta.

Mi sdraiai all’ombra di alcuni alberi, chiusi gli occhi, svuotai la mia mente dai pensieri negativi, quelli positivi, dalle lacrime, dai sorrisi, dalle paure, dalle speranze, dagli schemi e dai sogni. Dentro era vuota e mutevole, pronta per cercare la luce. Mi concentrai sui dei raggi bianchi senza inizio e senza fine, tiepidi e morbidi, forse erano anche pesanti, in contrasto con la sensazione di leggerezza che mi davano. Erano resistenti per sostenere tutte le anime nel loro viaggio. la visualizzai, quasi mi sembrava di toccarla, ma era solo un ricordo. Io dovevo diventare la luce, non doveva essere di fronte a me nella mia memoria. Diventando nervosa persi la concentrazione e l'immagine sparì in un lampo, come un elastico che tirato all’inverosimile, quando si lascia andare schiocca, quel rumore lo percepii nella mia mente con una fitta acuta.

Strinsi gli occhi cercando di arginare il dolore, con scarso successo.

Massaggiai le tempie lentamente fino a quando non mi sentii meglio. Tempo mi aveva osservato e mi suggerì di preparare un rituale per aiutarmi a concentrarmi e a ricordare. Dovevamo cercare nel bosco le piante e il necessario, ma non sarebbe stato facile. La salvia, la camomilla, il sale e il gelsomino erano essenziali, se avessimo trovato della lavanda, una rosa bianca e dei smeraldi sarebbe stato perfetto, ma non ci contavamo molto, quindi ci concentrammo negli ingredienti principali. In un paio d’ore li trovammo, ma Tempo credeva che dovesse essere molto più potente, perciò si offrì di cercare la rosa e gli smeraldi, io avrei provato con la lavanda.

Il giorno dopo ancora non era tornato, non ero preoccupata, ma avevo bisogno di meditare di nuovo, quindi unii tutti i fiori trovati, inclusa la lavanda, li tritai finemente tra una roccia liscia, usata come piano di lavoro, e un sasso rotondo. Quando creai una poltiglia, misi tutto in una foglia di fico come contenitore e lo mischiai con una bustina di sale. Quando eravamo alla prigione in cerca di indizi, trovai delle bustine colorate sparse su una scrivania. Quando le mostrai a Caso mi disse che contenevano sale e generalmente venivano date in omaggio quando si ordinava cibo da asporto. Mi incuriosiva molto la faccenda quindi ne presi un paio e conoscendo il loro potere negli incantesimi ero sicura che non sarebbero andate sprecate in ogni caso. Ero felice di averne prese alcune, come avevo pensato, si erano dimostrate utili. In quel momento mi resi conto che Caso mi mancava. Avevo passato con lui mille esperienze ancora più anni. Lui portava spensieratezza e drammi dove spesso non c’era proprio nulla. Ma non era quello il momento giusto per pensarci.

Formai di cerchi concentrici con il preparato e mi sedetti nel più piccolo, al centro. Chiusi gli occhi e liberami di nuovo la mente da ogni contaminazione. Invece di visualizzare la luce, cercai di farla mia, di impersonificarmi. Non avevo più braccia, gambe, il busto o la testa. Ero un involucro luminescente, abbastanza freddo da non scottare e abbastanza caldo da far sentire al sicuro. Non avrebbe dato fastidio agli occhi vedermi, ma avrei illuminato con la mia sola presenza un intero palazzo. Ero ghiaccio che vaporava con il fuoco e fuoco che si spegneva con il ghiaccio. Nulla poteva prevalere, la natura della mia essenza era in perfetto bilancio tra tutti gli stati della natura. Sentii la mia pelle prender la giusta temperatura, ma non riuscii a staccarmi dal corpo e prendere una forma incorporea. Come la prima volta che provai, per risultato ebbi solo un emicrania.

Non ero ancora abbastanza forte. Avevo bisogno della rosa e dello smeraldo.

Aspettando Tempo giocai con dei fiori di camomilla che il giorno prima avevo staccato da un prato vicino. Mi ricordai di Ranahsh, della margherita che avevo fatto rivivere e mi chiesi se fosse scampata all’incendio, anche se le speranze erano poche considerando come era ridotta la struttura.

Volevo provare a stabilire una connessione con il fiore e capire se era già il suo momento oppure no. Tutto possedeva una luce interiore e io dovevo solo trovarla, ma non riuscivo a connettermi, a sapere quanto tempo fosse rimasto. Forse questa scissione era più debilitante del previsto. Cosa potevo fare da sola? Potevo provare a restituire la vita almeno. Se fosse attecchita avrei scoperto che era ancora troppo presto per lei per morire, se fosse scivolata via, era il momento giusto per loro di morire. 

Raggruppai tutti i fiori e concentrandomi uno a uno evocai la vita per ognuno di loro, alcune rifiorino, altre rimasero appassite.

La notte era vicina , il Sole era tramontato quasi del tutto, eppure di Tempo non vi era traccia. Speravo non si fosse cacciato nei guai.

Quando nacqui cantavo spesso per onorare la natura intorno a me. In quel momento iniziai a cantare per chiedergli di proteggere i miei amici. Avevo paura che potessero ferirsi, che sarebero potuti cadere in inganni, che la tristezza  lo sconforto li abbattessero ancor prima del nemico. Cantai per ogni foglia, ogni petalo, stelo, dalla creatura più piccola alla più imponente. Pregai l’acqua, il fuoco, il vento e ogni granello di terra. Implorai le stelle, le nuvole e il Sole. Tutto avrebbe potuto aiutarli. La natura rispondeva alle mie richieste manifestando la sua magia. Le lucciole danzavano sulle mie note, il vento divenne una leggera brezza, piccoli fuochi controllati sis accesero in cerchio intorno a me, le cicale e le foglie degli alberi mosse dall’aria allegra componevano un coro dolce e deciso, la pioggia lentamente scendeva e faceva rinascere tutto ciò su cui si poggiava.

Mi sentivo piena di energia e una strana euforia mi pervase, sorrisi sempre di più fino a quando dall labbra sgorgò una vera risata.

Anche il Vulcano e Madre Natura avevano risposto al mio richiamo.

Una dolce MorteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora