Guardava le stelle immersa nei suoi pensieri. Erano accaduti così tanti avvenimenti che non sapeva da dove partire. Aveva quattrocentosettantatre anni e da quasi duecento conosceva David. Possibile che l'avesse imbrogliata per tutto questo tempo? Ci si può conoscere da così tanto e riuscire ancora a mentirsi? Le era sembrato così sincero quando l'aveva incontrato.
Era il 1829 in una qualsiasi notte piovigginosa di fine luglio in un vicolo qualsiasi della solita Parigi. Lo ricordava perché era stato un evento unico che aveva segnato la sua vita per sempre. Camminava guardando per terra cercando di coprirsi il più possibile, non tanto dalla pioggia, quanto dal fastidioso vento. Casa non era lontana, aveva preso da poco un piccolo appartamentino in una strada secondaria proprio al centro della città. Era un alloggio temporaneo, come molti altri avuti da quel momento d'altronde. Si era appena trasferita dall'Inghilterra. Aspettava che la sua congrega le desse qualche informazione per la tappa successiva, ma dopo tre settimane non aveva ancora ricevuto notizie, ne un bigliettino, ne un messaggero, ne un segnale. Niente. C'era stato solo un silenzio di tomba. Quella mattina aveva provato a mettersi lei in contatto con loro, ma non era riuscita a trovare nessuno. Sapeva che i capi erano impegnati in una missione speciale. Dicevano di avere qualcosa di grosso per le mani, di aver trovato la soluzione a tutti i loro problemi. Non avrebbero più dovuto spostarsi da un luogo a un altro ogni cinque anni. Non avrebbero più dovuto fare missioni pericolose, non sarebbero più stati costantemente sotto copertura con la paura di allacciare rapporti con gli umani. Non ci sarebbero più state stupide cacce alle streghe. Finalmente potevano vivere una vita che gli si addicesse, a contatto con la natura, in serenità. Infatti spesso il loro umore condizionava quello degli spiriti e se non erano tranquilli potevano causare non pochi problemi agli umani o agli altri Magici. Ma infondo cosa avevano mai fatto per loro gli altri? Li avevano sempre tenuti in disparte. La prima categoria si sentiva troppo in alto per confondersi con la marmaglia perciò vivevano isolati circondati da polverosi libri e elaborando risposte ai grandi problemi del Mondo, ma che si tenevano per se, rendendo inutile tutti gli sforzi per cercarla. La terza categoria viveva in piccoli gruppi di artisti itineranti oppure aprivano taverne in cui ovviamente la categoria a cui apparteneva Lyp non era la benvenuta. Infine la quarta categoria si integrava con gli umani e cercava il più possibile di dimenticarsi di quei poteri tanto scomodi. Se si accorgevano che c'era un Magico nei paragi, subito si dileguavano. Ma spesso erano stati utili. Prendendo i vizi e i pregi degli umani, anche loro avevano imparato ad amare il denaro e nel caso in cui era necessario ritrovare qualcuno, avevano sempre prestato i loro servigi sotto un cospicuo ricompenso. Ma tornando a quella sera, stavo rientrando a casa dall'atelier. All'epoca come lavoro di copertura facevo la sarta. Era troppo buio per poter combinare qualcosa, ma avevamo una consegna da fare in soli due giorni per una cliente molto influente, perciò a costo di usare cinque candele soltanto per illuminare una piccolissima parte di abito, ero rimasta fino a tardi e il giorno seguente, avrei dovuto fare solo gli ultimi ritocchi. Camminavo con gli unici desideri di tornare a casa e potermi riposare e di ricevere notizie rassicuranti. Proprio nel vicolo già descritto in precedenza, mi imbattei in David. Era la prima volta che lo vedevo, ma capii subito che non solo era un Magico, ma apparteneva alla mia stessa categoria. Infatti sentivo la presenza di uno spirito che si muoveva agitato attorno a lui e lui reagiva parlandogli, incitandolo a stare tranquillo. Forse era un uomo inviato dal mio gruppo, anche se era un po' troppo indiscreto. Lo avvicinai chiedendogli chi fosse, lui si mise sulla difensiva capendo di non essere stato attento. Ma lo calmai. Mi presentai e gli spiegai che anche io ero come lui e che poteva fidarsi di me. Si rilassò visibilmente dopo queste mie parole.
"Mi dispiace aver risposto in modo così rude, ma ultimamente bisogna stare molto attenti. Ci sono persone molto pericolose." Disse guardingo, aspettandosi un agguato da un momento all'altro,
"Lo so." Risposi semplicemente. Non c'era bisogno che aggiungessi altro, entrambi sapevamo che era un periodo pericoloso e qualsiasi altro commento sarebbe stato una forzatura, giusto per riempire il silenzio imbarazzato che si formò.
Ripresi a camminare per la mia strada. Non avevamo nulla da dirci io e quello sconosciuto. Gli passai accanto e lui rimase impassibile. Arrivata a casa ero troppo stanca per pensare che fosse strano che lo spirito fosse agitato e che lui fosse in grado di tranquillizzarlo.
La mattina dopo prima di andare in quel terribile luogo dove creavo abiti stupendi, mi recai al porto. Lì, vicino a un'innocua bettola per pescatori, c'era il centro di comando di Parigi. Fino a quel momento mi ero astenuta dall'andarci, perché essendo il luogo più importante per noi per la città, era strettamente vietato recarcisi se non in caso di reale necessità. Il centro era nascosto al Mondo e doveva continuare ad esserlo ancora per molto. Serviva un codice segreto per entrare, che veniva cambiata ogni due mesi. Quello era l'ultimo giorno disponibile in cui avrei potuto usarla, arrivata la mezzanotte non avrei più potuto accedere, a meno che non mi avessero mandato quella nuova, ma considerando come si stavano svolgendo la situazione in quel momento, credevo di avere poche speranze di riceverla. Entrai dalla piccola porta, attraversai un corridoio polveroso decorato con delle ragnatele. C'era poca luce e quando alla fine arrivai alla porta opposta, quasi non vedevo più. Tastai la parete per cercare il punto esatto dove premere. Trovai il lievissimo avvallamento vicino alla porta, infilai la mano in una minuscola fessura tra lo stipite e la porta e spinsi vari rilievi in un ordine ben preciso. Alla mia sinistra si aprì un varco. Subito si illuminò grazie a delle torce appese al muro che si accendevano con uno strano e complicato meccanismo e un incantesimo. Lo percorsi tutto fino ad arrivare in una stanza usata come deposito di documenti e per riunirsi. C'era sempre almeno una persona a far di guardia o a portare o prelevare informazioni, ma quando entrai non c'era nessuno.
Avrei potuto credere che fosse stato abbandonato, se non ci fossero state macchie di sangue sul muro e sul pavimento, tanto da far pensare che non solo qualcuno lì dentro era morto in modo violento, ma che era avvenuta una vera e propria carneficina. Ma non c'era traccia di corpi. Non sembrava che fossero stati trascinati fuori e nessun indizio poteva indicare che li ce ne fossero mai stati. Nessuno spirito inquieto si aggirava nella stanza per lasciar trapelare la verità.
Mi trovavo lì proprio per capire cosa stesse accadendo e soltanto prendendo i documenti riposti in quella stanza forse potevo trovare una risposta a tutte le mie domande.
Dovevo trovare tutti i documenti e scappare prima che arrivasse qualcuno.
Cercai nell'archivio tutto ciò che avrebbe potuto essermi utile, ma dove avrebbero dovuto essere le mappe e tutti gli schemi per i piani progettati, non trovai nulla se non una lettera macchiata di sangue con ancora il sigillo intatto. Era un po' nascosta, forse chi aveva provocato quella strage e rubato i fogli, non sapeva che anche quella lettera segnata distrattamente da una linea verde aveva a che fare con le spedizioni. Era poco, ma poteva contenere informazioni fondamentali per risolvere il mistero e compiere la missione.
La presi e la nascosi in un tascone della gonna voluminosa. Ero sconvolta, inorridita e impaurita. Cosa poteva essere accaduto ? E perché? E chi poteva essere stato? E come aveva fatto?.. Più ci pensavo e osservavo la scena e più mi chiedevo quando fosse avvenuto l'accaduto. Il sangue era fresco, non sembrava passata neanche un'ora.. eppure i guardiani non si facevano sentire da troppo tempo.
Quella camera avrebbe potuto spiegare il motivo di quel silenzio, ma il misfatto era troppo recente.. A meno che..
Sentii dei passi che si avvicinavano frettolosamente alla stanza, poi delle voci. Erano delle guardie. Se mi avessero trovata in quel luogo, in quel momento, mi avrebbero arrestata sicuramente pensando che fossi io la colpevole. Dovevo fuggire o la caccia alle streghe si sarebbe riaperta.
Mi nascosi dietro una pila di casse, aspettando inevitabilmente che tutti entrassero. Attesi pochi secondi e corsi disperatamente fuori con la speranza che non fosse rimasto nessuno fuori appostato a controllare l'entrata. Mi inseguirono per il corridoio urlando di fermarmi. Ero quasi giunta all'uscita, ma mi bloccarono prendendomi per un braccio.
Cercai di liberarmi, ma erano in troppi, mi circondavano ed ero sul punto di perdere tutte le forze e soccombere, quando all'improvviso mi sentii liberata da tutte la mani che mi bloccavano e mi malmenavano e vedi l'uomo della sera precedente. Mi agguantò per un braccio e mi trascinò fuori ormai inerme, guidandomi per vicoli e nascondigli fino a quando non fummo sicuri che nessuno seguiva più le nostre tracce.
"Mi dispiace per la rudezza, ma era l'unico modo per scampare alla situazione" disse appena ci fermammo.
Ancora con il fiatone e frastornata da tutti gli eventi non risposi per un po'. Sentivo di potermi fidare, così finalmente al sicuro, aprii la lettera. Al contrario di quel che mi ero aspettata, trovai solo un bigliettino breve e preciso. Per tutta la sua grandezza era stata disegnata una semplice 'A' rossa. Sapevo perfettamente il suo significato. L'ultima volta che ne avevo vista una simile, era prima della caccia alle streghe. Una nuova e sconvolgente guerra stava per scoppiare, o forse era già iniziata.
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Una dolce Morte
Fantasy"Vivere" è una parola molto grande. Implica azioni e sentimenti. Vivere per sempre è una gran fatica, ma esistere per sempre non lo è. Il problema sorge quando si capisce di essere in una notte senza fine e di voler vedere l'alba. In questa storia l...