Chiusi gli occhi e aspettai che l'oblio arrivasse, ma avevo troppi pensieri per potermi lasciar andare. Se Lyp non era ancora arrivata non significava nulla di buono. David era contrario al cambio di piano? Lei aveva solo finto di essere dalla nostra parte per sviarci e confonderci le idee? O magari volevano metterci l'uno contro l'altro. Forse non volevano attirare Tempo, ma qualcun altro, o forse non era neanche vero che dovevo fare da esca. Eravamo arrivati facilmente al nocciolo della questione e la soluzione era pressappoco trovata. Possibile che fosse tutto così facile? Eppure tutto quadrava. Poi era impossibile mentirmi sulle emozioni. Ero più che certa che Lyp era stata sincera. Non sapeva le conseguenze della morte di Tempo e lei stessa aveva ammesso che era quello il loro piano.
Non potevamo esserci sbagliati. Ma non potevo continuare a rimuginare senza fine sugli stessi pensieri. Avevo bisogno di ricordare perciò provai a dormire, ma non riuscii ad avere neppure una brevissima visione. Non sognai, non ebbi nessuna sensazione, ne un brivido. Era come se fossi svenuta. Avevo passato la giornata dormendo e mi ero stancata di non fare nulla. Camminai in circolo nella mia cella cercando almeno di sgranchirmi le gambe. Iniziavo a capire come si sentivano i leoni in gabbia. Avevo un bisogno feroce di uscire, correre e fare qualsiasi altra cosa che mi consentisse di muovermi liberamente. Volevo prendere a pugni qualcosa o qualcuno, dovevo sfogarmi. Iniziai a saltellare sul posto, ma all'improvviso non riuscii a trattenermi, mi avvicinai a una parete e tirai un pugno urlando per la frustrazione. Subito Caso e Ranahsh mi chiesero cosa stesse succedendo e se stessi bene, ma io non risposi. Ormai ero completamente fuori di me. Continuai a sfogarmi con il muro mentre avevo come sottofondo le voci sempre più preoccupate dei mie compagni di prigionia. Molto probabilmente divenimmo talmente rumorosi da attirare l'attenzione di una guardia dei piani superiori, infatti sentii dei passi veloci percorrere le scale, lo schermo bianco davanti la cella scomparve e potei vedere che di fronte a me c'era Caso, che vedendomi a sua volta urlò il mio nome pieno di sollievo, ma subito dopo, accorgendosi delle mie mani e il muro insanguinati, inorridì e proprio quando fu sul punto di parlare, comparve una guardia.
"Cosa sta succedendo qui?" Chiese l'ometto basso infastidito e trafelato per la corsa.
"Finalmente si vede qualcuno. Aspettiamo Lyp da oltre una settimana. Per attirare la vostra attenzione e ricordarvi della nostra presenza è necessario soltanto fare un po' di baccano?" Mi avvicinai quanto più potevo all'uomo, si irrigidì, forse intuì il rischio di un possibile pericolo. Sorrisi all'idea che quel pericolo avrei potuto essere io. Era divertente, perché fino a pochi istanti prima sarei stata il luogo più sicuro per qualsiasi essere vivente. In quel momento invece..
"N.. non sono autorizzato a parlarvi della prigioniera 127." Rispose la guardia piena di paura e quando si rese conto di averci fornito troppe informazioni con quella semplice frase, si corresse dicendo con tono perentorio, seppur ancora visibilmente scosso. "Ripeto la domanda un'ultima volta, rispondete o sarò costretto a prendere provvedimenti. Cosa sta succedendo qui sotto?"
Mi aggrappai alle sbarre, le mie mani iniziarono a bruciare, ma non mi interessava.
"Avvicinati e te lo mostrerò." Sussurrai sibillina.
Il povero sventurato venne veramente verso di me. Mise un piede davanti all'altro molto lentamente, come se volesse guadagnare tempo. Guardò le mie mani e non appena cercò di chiedermi qualcosa al riguardo, lo agguantai subito per la gola. Nel frattempo Ranahsh e Caso, che avevano assistito alla scena, continuarono ad invocare il mio nome, ma per un attimo non sentii nulla.
Ogni rumore era svanito, la cella, le sbarre e l'uomo si erano dissolti. C'ero soltanto io nell'oscurità più cupa e pericolosa. Avvertii di nuovo il senso di rabbia iniziale che mi aveva spinto a pendere a pugni il muro, ed ebbi come la sensazione di essere nel giusto, che c'era una strada da percorre e che i miei passi erano esatti. Era tempo che dimostrassi che Morte e Vita spesso coincidevano e che io effettivamente avevo il controllo su entrambe
Finita quella minuscola visione, guardai attentamente l'uomo il cui collo era ancora intrappolato tra le mie mani.
"Io non sono come voi." Dissi liberandomi da ogni emozione. "Non guadagno nulla dalla vostra morte o dalla vostra vita. Sono insensibile alla vostra esistenza. Non ho bisogno di voi." Rafforzai un po' di più la stretta. "Non ti ucciderò, ci saranno conseguenze, gravi punizioni, ma non vi toglierò la vita." Allentai lentamente la presa e mi accorsi che il suo viso era diventato completamente bianco. Non sembrava aver visto un fantasma, sembrava lui stesso uno spirito dell'oltretomba. Si allontanò un po' da me, ma non scappò via, sapeva che non avevo ancora finito.
"Dì ai tuoi amici che è arrivato il momento di separarci, non seguiteci o vi ucciderò uno ad uno senza lasciar tracce neppure delle vostre anime." Non sapevo in quel preciso istante come avrei potuto mettere in atto quella minaccia, ma l'istinto mi diceva che ne ro in grado. A quel punto lo guardai, se ne andò veloce come la luce, dimenticandosi riattivare lo schermo bianco.
"Cos'è appena successo?" Chiese Ranahsh, lui era nella cella accanto a Caso.
"Vi spiegherò tutto più tardi. Ora pensa a disfarti di queste sbarre." Risposi senza lasciar trapelare nulla dalla mia voce mentre mi girai per dargli le spalle e tenere le mie emozioni per me.
Il ricordo appena avuto aveva risvegliato qualcosa in me. Dovevo tornare al vulcano, sapevo che era la cosa giusta da fare, anche se non sapevo perché. Non volevo perdere tempo. Volevo risolvere la faccenda il prima possibile, sapevo che una volta capito e risolto il problema, anche io avrei trovato la mia pace. Nella mia lunga esistenza molte persone mi avevano giudicato male per questo mio desiderio. Non ho mai desiderato suicidarmi. Non volevo semplicemente smettere di vivere. Non avrebbe avuto senso essendo io stessa Morte, ma il mio desiderio era più complesso e profondo. Felicità, una volta la incontrai. Era in un altro mondo tanto tempo prima. Come io, nonostante il mio ruolo non sia morta, lei non era sempre felice. Era come un qualsiasi essere umano, aveva preoccupazioni, pensieri, turbamenti.. e un sorriso bellissimo. Ogni volta che scopriva quei suoi denti perfetti tutto il mondo sembrava fermarsi incantato. Le chiedevo ogni giorno il suo segreto e lei mi rispondeva ridendo. Un giorno mi domandò se il segreto della vita fosse la morte. Non volli più sapere la ricetta della felicità. Non la cercavo più ormai da molto tempo, perché imparai che non bisogna mai commettere l'errore di rincorrerla, ma che quando vuole viene da sola, sempre senza invito. Passi un eternità e ti rendi conto che gli oggetti non hanno importanza, non ti danno calore psicologico e hanno una brevissima durata, si possono facilmente rimpiazzare e dimenticare, le persone non riescono ad attirare la tua attenzione, perché con una settantina di anni svaniscono e passano tutto il loro tempo mentendo e cercando dimostrare sempre qualcosa a qualcuno.
Anche la vita perde di significato.
Eppure esisto.
Non respiro.
Non mangio.
Non bevo.
Non dormo.
Esisto. Ma non vivo.
Cammino, vago, corro, ma per andare dove?
Ho attraversato fiumi, laghi, mari e oceani.
Sono arrivata in cima a montagne, colline e muretti.
Non importava quale fosse la vista e la compagnia, il risultato era sempre stato lo stesso. Un senso di disagio e un bisogno impellente di sistemare qualcosa di cui non conoscevo neppure l'esistenza. Non ero disperata. Non ce n'era bisogno. Ero arrabbiata e piangevo per la rabbia. Sapevo perché stava accadendo tutto quello, il motivo era seppellito da qualche parte nella mia memoria, ma era qualcosa di così terribile che non potevo ricordarlo. Ma era arrivato il momento di aggiustare tutto, di mettere ordine dove ormai regnava solo il caos. Gli Anaiys e tutti i Magici sarebbero dovuti sparire più di mille mondi prima, eppure erano ancora tutti lì. Una volta risolto questo problema forse avrei capito il motivo per cui non trovavo pace e una volta arrivata a quel punto avrei saputo cosa fare della mia esistenza. Era una promessa a me stessa.
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Una dolce Morte
Fantastik"Vivere" è una parola molto grande. Implica azioni e sentimenti. Vivere per sempre è una gran fatica, ma esistere per sempre non lo è. Il problema sorge quando si capisce di essere in una notte senza fine e di voler vedere l'alba. In questa storia l...