3

981 73 42
                                    

Ma, da quando Senna non corre più
Ah, da quando Baggio non gioca più
Oh no no, da quando mi hai lasciato pure tu
Non è più domenica
Ma poi si dimentica
Non si pensa, non si pensa più

*

Manuel arrivò trafelato al lavoro con due leggeri minuti di ritardo, come al solito, avrebbe detto chiunque lo conoscesse. Si era ritrovato, per sua sfortuna o forse più grande fortuna, a lavorare con qualcuno che conosceva bene, dai tempi del liceo.

Luna era rimata la stessa, ma la sua essenza era cambiata in ogni modo possibile. Luna era cresciuta, era una donna in tutto e per tutto, era forte, indipendente ma anche tremendamente sensibile a ciò che gli accadeva intorno.

E in quel particolare caso, trattava Manuel con i guanti di velluto, quasi come fosse un piccolo giocattolino di cristallo in mani indiscrete.

Ogni volta che poteva stringeva al suo petto quel piccolo pezzettino di cristallo, trasparente e fragile nel disperato intento di donargli pace.

"Che è, hai corso la maratona?" Lo guardò tirare il suo zaino mezzo vuoto nell'armadietto di ferro quasi completamente arrugginito e quel piccolo gesto le fece capire che era una giornata no, peggiore probabilmente di quella prima.

"Ero in ritardo, me so svegliato male. C'è da scaricare qualcosa? Vado nel retro a vedere." Superò Luna, senza neanche darle tempo di ribattere in nessun modo, lasciandola a guardare il muro.

Manuel si stava di nuovo chiudendo a riccio. Non voleva permetterlo, non con lei.

Non con lei che era stata la sua spalla, non con lei che lo aveva tirato su da terra, letteralmente, e portato a casa. Non con lei che era rimasta la notte con lui, perchè la notte era il momento peggiore dell'abbandono e Luna lo sapeva bene.

Era l'attimo più cupo in cui tutto ciò che di giorno puoi illudere con degli scaltri giochetti, tornava prepotente a bussare alle porte fragili del cuore.

Si discostò da quei pensieri quando sentì la porta del bar aprirsi, capendo di dover tornare dietro al bancone, grata a chiunque fosse per averle tolto la testa da quella serata infernale.

*

Simone, per l'ennesima volta, era in una realtà completamente parallela. Gli capitava spesso, troppo spesso. Finiva nella sua bolla chiusa, tra libri, film e videogiochi. Qualsiasi cosa pur di estraniarsi da ciò che lo circondava.

E in quello specifico caso la cosa che lo circondava era Manuel. E questa brutta sensazione lo perseguitava da tempo. Una brutta sensazione che gli attanagliava lo stomaco ogni volta .

La consapevolezza che ciò che gli provocava Manuel ormai non era più lo stesso, era come se fosse stato tutto improvvisamente offuscato da una monotonia più pesante e in qualche modo spaventoso più ingombrante del sentimento che li legava.

E Simone si sentiva così maledettamente impotente di fronte a quel malessere che aveva cercato in ogni modo di non sentire.

Aveva negato a sé stesso, si era raccontato che era un momento e che sarebbe passato.

Aveva represso ogni pensiero negativo nei confronti del compagno, non riuscendosi a capacitare di come potesse essere arrivato a quel punto.

Però quel momento non era più passato e tutto ciò che prima era la normalità, in quel momento non lo sentiva più suo.

Non sentiva più sua quella casa, non sentiva più suo il letto che condivideva con il suo ragazzo ogni notte, ma soprattutto non sentiva più suo Manuel.

Marmellata #25Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora