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Ora vivo da solo in questa casa buia e desolata
Il tempo che davo all'amore lo tengo solo per me
Ogni volta in cui ti penso mangio chili di marmellata
Quella che mi nascondevi tu
L'ho trovata

*

Passarono 3 giorni da quella domenica in cui la casa di Manuel, che un tempo era anche di Simone, era stata svuotata dalla sua linfa.

Era rimasto Manuel, la sua solitudine, i suoi pianti incessabili, i suoi occhi gonfi e stanchi.

C'era stata Luna a cercare di raccogliere i pezzi che rimanevano di Manuel, a cercare di essere una spalla per tutti i suoi pianti, a cercare di stendere un sottile velo e celare per qualche momento i ricordi che impazzivano tra le mura della testa del ragazzo.

La verità era che nessuno poteva aggiustare i cocci rotti di Manuel, perchè sarebbe per sempre rimasto un puzzle incompleto, con pezzi mancanti, portati via dall'unica persona in grado di aggiustarlo.

Era stremato, rimanenze della persona che un tempo era stato. Ogni volta che Manuel pensava di essere arrivato al limite, di aver finito le lacrime, un ricordo faceva capolino nei suoi pensieri e nuovamente i suoi occhi si riempivano di lacrime. 

Si guardava intorno, una casa vuota e priva di vita. La sera in cui Dante era andato a riprendere la roba di Simone lo aveva richiamato in lacrime pochi minuti dopo, singhiozzando. Gli aveva chiesto di riportarla, che non si sentiva più a casa. Lo aveva implorato.

Sotto ordine del figlio, il professore, era stato irremovibile. Aveva cercato di rassicurarlo, per poi mandare Anita a casa di Manuel, non capendo come comportarsi. In fin dei conti, Dante, non aveva mai fatto il padre e non avrebbe iniziato in quel momento con Manuel.

Anita al richiamo di Dante era corsa alla porta di Manuel, finendo per passare un'ora nel pianerottolo, accoccolata alla porta attraverso la quale sentiva suo figlio singhiozzare. Accarezzava la superfice della porta porosa, come se il ragazzo dall'altra parte riuscisse a poterle sentire.

Quando finalmente Manuel aprì la porta, Anita si sforzò di mantenere una faccia solida, di essere una presenza forte di fronte alla debolezza che si trovava davanti. Lo abbracciò di slancio, sussurrando parole che sperava uscissero come conforto. In verità Anita avrebbe soltanto voluto unirsi al pianto del figlio, consapevole fin troppo di quanto l'amore riesca a logorare l'anima delle persone che lo provano.

Ed era esattamente quello che provava Manuel, si sentiva logorato. Se fino a qualche mese prima l'amore gli aveva portato ciò che di bello la vita ha da offrire, in quel momento gli aveva prosciugato ogni tipo di sentimento positivo, L'amore gli aveva strappato un pezzo di anima, un pezzo che non sarebbe tornato indietro.

Aveva passato la serata accoccolato alla mamma, come un bambino piccolo. Manuel, che neanche da bambino aveva mai accettato l'idea di apparire debole, che non si era mai rifugiato tra le braccia di nessuno, se non in quelle fatte di amore di Simone.

Non gli provocava neanche vergogna. Ne aveva bisogno, aveva bisogno di ogni tipo di calore riuscisse a trovarsi intorno.

Così, il giorno dopo quando Anita partì per andare al lavoro, Manuel chiamò Luna. E quando Luna aveva impegni, chiamava Matteo. E ormai tra tutti era diventato un tacito accordo: la priorità era Manuel.

Passarono 3 giorni prima che Manuel lasciasse che la luce del sole lo toccasse senza un vetro a separarli. E quando la luce gli toccò la faccia, si sentì andare a fuoco. Gli occhi gli bruciavano, circondanti da profondi solchi di pelle arrossata. Gli pizzicava il naso per l'aria, che dopo giorni non era la stessa aria viziata della sua camera.

Marmellata #25Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora