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Ɇgoıstα

𐐪𐑂

Dopo il pianto, dopo i singhiozzi sotto le coperte, immobile, mi sento come svuotata. Sono sola, mamma non è più venuta qui.
Fisso il tetto e sento come... anzi, non sento proprio nulla.
Il nulla indica la mancanza o l'assenza completa di qualcosa di rilevante o di significativo.
Ideare il nulla conduce all'errore logico di reificazione, ovvero al considerare reale ciò che è astratto. Il nulla, può essere considerato uno stato della mente. Quindi, dovremmo avercene il controllo in teoria.
Un arciere che tende un arco, cerca di annullare la sua mente in modo tale da focalizzarsi meglio sul tiro e sul bersaglio.
In questo caso può essere controllato.
Io la vedo diversamente.
Il nulla non può essere manovrato e non è uno stato della mente, ma è qualcosa di sentito nell'animo.
Il nulla è sentirsi soli in mezzo a un'infinità di persone.
Il nulla non si vede ma si percepisce pesantemente, come un macigno nel petto.
Ti schiaccia.
Ti fa smettere di respirare.
Ti fa bruciare la gola, lo stomaco.
Ti fa morire dentro.
Ti fa contorcere le viscere.
Il nulla è il vuoto più assoluto.
Il buio più totale.
Quello che sento mi destabilizza, fa vacillare le mie certezze, i miei scudi. C'è un limite al dolore che una persona può sopportare.
Lo credo davvero, poiché siamo esseri umani ed essendo tali sentiamo i colpi, l'esplosioni che commettono le parole, gli eventi, gli incidenti. Siamo umani, quindi sentiamo tutto.
Una parola può essere uno schiaffo.
Un incidente, un evento può essere un pugnale nel petto, una mano nella gola fino a non farti respirare più. Ma possono capitare poche volte nella vita.
Se dovessero essere ripetitivi, per noi è finita. Possiamo essere forti quanto vogliamo ma è impossibile, restare da soli, davanti ad un dolore atroce, davanti al proprio rodimento dell'anima. Perché siamo umani ed esserlo significa anche crollare a terra, affondare sempre più giù, nell'abisso e, a volte, capita di non riprendersi più.
Capita di restare fermi a fissare il vuoto, assenti.
Ci estraniamo del tutto.
Siamo con il corpo li, lo sentiamo, ma con la mente siamo altrove.
E capita di vederci come se la nostra vita fosse un film messo a rallentatore.
Quindi, mi vedo seduta immobile, con lo sguardo perso e gli occhi... Dio mio, gli occhi distrutti, annientati, spenti.
E l'anima, è sospesa nel vuoto.
Non sa dove reggersi.
Non sa come andare avanti.
Credo... Credo di non voler più superare questo dolore, perché più ci provo più ci sto male.
Quindi, che senso ha?
Che senso ha cercare qualcosa di Steve, in Dorian?
È come aggiungere al fuoco altra benzina, alimentandolo e facendolo ardere ancora di più.
Perciò mi lascio andare a nessuno aiuto, perché tanto è inutile.
Mi lascio sola, con me stessa, rimanendo a galla nel mio cruccio quel poco che basta e non volendo più spostarmi da lì, ormai stanca.

Dᴏʀɪᴀɴ

Mi sento un stronzo senza cuore. Quando mi sono avvicinato a lei, per posare il fascicolo insieme agli altri, l'avevo fissata dritta negli occhi. Forse con l'intento di ferirla come lei aveva ferito me. Ma, quando stavo per andarmene, avevo scovato come un tremolio nei suoi occhi e, subito, mi ero sentito una persona orribile. Avevo avuto, quindi, la necessità di stare alla larga da lei, il più lontano possibile. Per tutto il pomeriggio sono stato al piano inferiore, dove tutti i fascicoli revisionati da lei, arrivavano qui. Poi, una volta visto che Clary era passata ad avvisare che il suo orario di lavoro era finito, avevo chiesto di lei.
Non avevo potuto farne a meno.
Mi aveva risposto che ancora stava dando un'occhiata alle varie sinossi.
Più tardi, mentre tutti andavano via, mi ero deciso a raggiungerla e in quel momento mi ero sentito scomparire la terra dai piedi. Mi era venuta addosso, con la testa chinata. E quando aveva parlato, la sua voce era incrinata, spenta e lì, il cuore mi era diventato minuscolo. Non c'avevo pensato due volte, che l'avevo raggiunta in ascensore. Volevo parlarle, dirle la qualsiasi cosa, ma non le dissi niente. Poi, dannazione... Poi, premendo il tasto per scendere, l'ho vista trasalire, sussultare come spaventata da un mio imminente tocco.
Che le succedeva? Era stata la mia domanda. Non avevo potuto fare a meno di domandarle se stesse bene e di afferrarle il mento per guardarla in viso.
Non l'avessi mai fatto, cavolo.
I suoi occhi erano stracolmi di lacrime, pronte a sgorgare fuori come un diluvio invernale. Si vedeva che si stava trattenendo e che mancava davvero poco per scoppiare.
Mi sono sentito una vera merda, con i sensi di colpa che pulsavano nella mente.
Sono stato io. Mi ripetevo.
La colpa è la mia.
Poi, era scappata via da me, come se fossi un pericolo da cui tenersi alla larga.

Hold me while you waitDove le storie prendono vita. Scoprilo ora