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Ȼαrpe dıem

𐐪𐑂

All'uomo non è dato sapere di conoscere il futuro, né tantomeno di determinarlo.
È questa, forse, la sua vera condanna. Perché, se sapesse come fare, come conoscerlo, non saprebbe individuare l'ansia, la curiosità, l'attesa, il timore.
Solo sul presente l'uomo può intervenire e solo sul presente, quindi, devono concentrarsi le sue azioni, senza farsi condizionare dalla paura per il futuro.
Insomma, dovrei in qualche modo non vivere più nell'angoscia di poter dimenticare Steve e, forse, dovrei iniziare ad interrogarmi su che cosa avrebbe voluto che io facessi in sua assenza. Sicuramente non mi vorrebbe vedere così.

In sostanza, parlo del carpe diem, del cogliere l'attimo.
Cosa che, io, fino a quel momento non avevo fatto.
Cogliere l'attimo pone la libertà dell'uomo al centro di tutto, facendogli scegliere come gestire la propria vita. Lo sappiamo tutti che l'esistenza è limitata e transitoria, e che può essere bruscamente interrotta da qualsiasi accidente.
Questa parte, l'ho vissuta sulla mia pelle.

"Guarda cos'ho comprato?" Spunta dal nulla, poggiandomi qualcosa sul viso.
"Steve, così non vedo nulla però!" Ridacchio. "Allontanalo!"
Afferro le sue mani e le tolgo dal mio viso. Spalanco la bocca alla loro vista.
"Ah! Le fragole!" Sorrido, con lo sguardo poggiato su quest'ultime. Faccio per prenderle ma le allontana bruscamente. Smetto di ridere, lui invece sogghigna soddisfatto, consapevole dell'effetto che mi provocano.
"Non ho finito." Cantilena. Adesso, si trattiene dal ridere mordendosi il labbro. Posa le fragole dietro di lui, poi, fa comparire in una mano la panna e nell'altra il cioccolato fondente. Spalanco ancora una volta la bocca. Mi esce successivamente un gridolino di felicità.
"Il pasticcio!" Mi esce dalle labbra automaticamente. In fretta, le tolgo dalle sue mani, prendendo anche le fragole.
"Ehi! Nemmeno gli animali che non vedono cibo da settimane fanno così!" Ride. Batto le mani.
"A lavoro!" Esclamo entusiasta.
Ho sempre amato il pasticcio, come l'ha soprannominato lui.
Si tratta semplicemente di fragole sminuzzate e immerse in un quintale di cioccolato sciolto e tanta, ma tanta panna sopra.
Una squisitezza che non è altro però che una bomba calorica. A detta di Steve fa venire la nausea.
"Questa volta metti più fragole che altro, che così mi diventi una cicciona!" Mi stampa un bacio sulla guancia.

Sorrido al ricordo. Bastava davvero poco per rendermi felice e lui lo sapeva.
Quando ritornerò ad essere quella Scarlett?
Mi giro verso destra e guardo il ragazzo accanto a me. Dorme profondamente e non posso far altro di pensare che è bellissimo.
Per essere felici bisogna trovare la pace, si dice. Oppure scendere a patti con sé stessi pur di sopravvivere, in qualche modo.
Ma per essere davvero felici bisogna non avere nemmeno un briciolo di sofferenza nel corpo, il dolore deve essere totalmente assente.
Sospiro, mentre percorro con gli occhi il suo viso. Credo che lui sarà la mia salvezza, la mia ancora. Mi pento per averlo capito soltanto adesso. Avrei risparmiato di farlo soffrire per colpa mia...
Capisco soltanto adesso che tutto il mio logoramento è stato inutile.
Inutile, perché, di certo non mi avrebbe riportato indietro Steve.
Gli occhi chiusi mi permettono di vedere le sue ciglia lunghe e nere. Scendendo, mi soffermo sul naso all'insù, poi sulle sue labbra, quelle che nemmeno due ore prima mi hanno baciato e che nemmeno due ore prima ho baciato io, con tanto di lingua.
Al pensiero il cuore accelera i suoi battiti. È stato così intenso, profondo e forte. Mi è entrato dentro, nell'animo, come una freccia che ha aperto, finalmente, la sua breccia. Ma la cosa che mi ha riportato alla riva, decidendo così di non galleggiare più nel dolore, sono state quelle parole.
Ha dettato quella formula da cui non si può più tornare indietro, quella sentenza che è entrata nel mio essere, nel mio Io, nella mia essenza.
Come ho potuto aver preso una decisione così drastica?
Steve non me l'avrebbe mai permesso. Dorian non l'avrebbe mai permesso. Infatti è stato così.
Come ho potuto farmi questo?
Semplicemente ho seguito la mia testa anziché il cuore.
E dove mi ha portato?
Nel baratro più totale.
Va bene essere razionali, ma quando si tratta di sentire forti sentimenti, che ti consumano fino alle ossa, la mente diviene malata ed io mi sono lasciata trascinare facilmente, non riuscendo così ad essere lucida.
Ho appreso che la nostra mente è un'arma potente e mi fa così paura adesso, perché da sola riesce a mettersi in viaggio, va in posti improponibili e non si ferma mai. È come un motore, potente, veloce nel pensare. Ma basta qualche passo falso per difettarsi per sempre e li, non è facile poi riprendersi, sprofondando così nell'abisso. La mente, dunque, sarà la nostra pena, il nostro carcere. Anche quando cerchiamo di spegnerlo... Semplicemente non si può. Funziona così.
Non c'è una spiegazione o un libretto delle istruzioni.
È complessa, non si comprende il moto in cui gira... Ma va avanti.
Eppure è anche interessante per la sua fazione opposta. Riesce, a volte, a mettere da parte traumi troppo forti e violenti per noi, traumi insuperabili e riesce a farceli dimenticare. Così, la mente decide di proteggerci.
Perché con il mio supplizio questo non è avvenuto? Con il mio trauma, la mente invece ha fatto l'esatto opposto, mi ha distrutto.
La risposta alla mia domanda nasce spontanea: quello che ho passato, che ho vissuto, è il frutto di un amore durato sette anni e non si possono dimenticare sette anni della propria vita.
Pertanto, dobbiamo convivere con il nostro rodio.

Hold me while you waitDove le storie prendono vita. Scoprilo ora