Vicinanza

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" mi dispiace "

Avete mai pensato al significato di queste due parole?
Potrebbe sembrare sciocco da dire, ma è diverso da ciò che crediamo.
Dispiacere, nel linguaggio comune  dovrebbe stare a significare che, il soggetto che si dispiace di qualcosa, si è immedesimato nella situazione dolente di qualcuno e prova gli stessi sentimenti di tristezza.

Ma la verità è che diciamo spesso e volentieri " mi dispiace ", ma sono poche le volte in cui ci mettiamo nei panni di quella persona e addirittura sono rarissime quelle in cui riusciamo a provare la sua stessa angoscia.

Rare se non inesistenti.
Eppure lo diciamo sempre e lo dissi anche io.
Con la sola differenza che provavo veramente le sue emozioni. 

Sapevo cosa significasse soffrire a causa della propria famiglia, sapevo cosa volesse dire portare sulle spalle un peso enorme.
Ingombrante e logorante.
A tratti persino capace di spingerti con violenza a terra.

Eppure avevo imparato una cosa, tutte le volte in cui ero stata gettata al suolo da un qualche evento burrascoso della mia vita, in realtà,  ero stata piantata in un terreno che mi aveva permesso di ricrescere.
Non sempre è un male cadere.

Pensate ai semi caduti per terra che vengono a trovarsi in un terreno fertile, sono caduti, è vero, ma in realtà sono stati seminati e quella è la loro rinascita.

Eppure ogni volta che si va giù,  ogni volta che si cede alla forza di gravità,  vorremmo solo qualcuno che ci tendesse la mano perché è difficile vedere il bicchiere mezzo pieno della situazione.

E questo feci io.

Mi sedetti a terra e lo abbracciai. Gli feci sentire tutto l'affetto che ero in grado di dimostrargli, tutto l'amore e l' appoggio di cui nemmeno sapevo di disporre.

Con Christian stavo scomparendo, la vecchia me, lasciava spazio ad una Antonella diversa e che non mi dispiaceva.

Mi venne spontaneo chiedermi, se non avessi passato tutto l' inferno che mi è toccato, sarei mai stata così? Probabilmente no: quei semi sparsi al suolo avevano dato buoni frutti.

Fu molto inaspettato il gesto che seguì: Christian prese il mio viso fra le mani e iniziò a baciarmi.

Mi era mancato quel contatto, quelle labbra morbide al tatto ma cruente di passione.
Mi erano mancate le sue mani che con decisione sfioravano il mio corpo.
Mi era mancata persino la sua lingua che, seppur timidamente, chiedeva accesso alla  bocca per iniziare quella che sembrava essere una danza sulle note della passione e del bisogno reciproco.
Un bisogno disperato dettato dall' assenza di quei giorni.

La voglia di rientrare in intimità con lui era forte: l' amavo e lo desideravo sia nei momenti belli che in quelli di merda.
E questo era proprio un momento di merda.

E fu così che iniziai a passare le mani sotto la sua maglietta, disegnando con le dita il bordo degli addominali.
Sentivo la sua " pelle d'oca" dettata dall' eccitazione e il respiro diventare più profondo ad ogni mio gesto.

Ero vergine, è vero,  ma poco importava. Quando sai di aver trovato la persona giusta, le definizioni come "vergine" sono solo stupide parole.

Chiusi la porta non staccandomi dalle sue labbra, gli sfilai la maglietta e lo condussi verso il letto. Proprio là dove era iniziato tutto, là dove il nostro rapporto si era consolidato e ora stava per passare ad un livello ancora successivo.

" Anto" provò a dire, ma lo interruppi subito, lui aveva bisogno di me e io lo desideravo. Era la cosa più giusta da fare.
Gli morsi il labbro inferiore procurandogli un gemito seguito da un sorriso.

Era così bello vederlo sorridere.

Iniziai a spogliarlo, prima la maglietta , poi la cinta ed infine i pantaloni.
Speravo di togliere non solo i vestiti, ma anche qualche macigno che lo stava lentamente portando giù  e al tempo stesso speravo di sentirlo nuovamente vicino.

I miei vestiti, per opera sua, raggiunsero il resto degli indumenti a terra.

La passione lo pervase, mi bacio dapprima le labbra, poi il collo, e pian  piano sempre più giù  verso il seno.

" sei bellissima quando godi" mi disse sorridendo a causa dei gemiti che non riuscii a trattenere quando la sua lingua iniziò a torturare il mio seno.

" Antò non dobbiamo per forza" provò a dire ancora una volta.

Non parlai, non dissi niente, il nostro rapporto era iniziato in silenzio e doveva svilupparsi allo stesso modo. Le parole non servono poiché astratte, i gesti si, quelli sono indispensabili.
Mi sedetti cavalcioni su di lui e iniziai a toccare il cavallo delle sue mutante, il ragazzo sembrò capire il mio gesto poiché,  con un sorriso dolce, ribaltò la situazione ritrovandosi sopra di me.

" ti fidi di me?" mi chiese spiazzandomi

" si" gli dissi passando la mano fra i bellissimi ricci neri

" allora non ti farò male, te lo prometto. Ma devi rilassarti" disse guardandomi negli occhi.
Quello sguardo, in quel contesto, fu come buttare un fiammifero in un cumulo di paglia, mi incendiò di passione

" ti amo" mi disse prima di entrare dentro di me.

E forse fu strano all' inizio, inaspettata come sensazione ma meglio di ciò che potessi mai immaginare.
Era bello sapere che la connessione con Christian non era più soltanto mentale, ormai anche il nostro corpo era un tutt'uno e il suo movimento dentro di me mi ricordava che la vita può andare avanti e indietro, correre velocemente o rallentare, ma mai e poi mai avrebbe trovato il modo di separarci.
Mai e poi mai ci saremmo potuti dire addio.

Spazio autrice
Ciao ragazze come va? Spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo per la mia assenza di ieri, ma non è stato un giorno facile per un brutto infortunio al ginocchio.
Un abbraccio

Strappare lungo i bordi : CHRISTIAN STEFANELLI Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora