Presente

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POV CHRISTIAN
Ennesimo tampone positivo,  maledizione.

Questa dolce quarantena si era trasformato nel peggiore dei miei incubi con il ritorno di Sofia.

Oggi era tempo di nuove assegnazioni e per questo mi sentivo sempre peggio. I giorni passavano e il pensiero che Antonella mi odiasse era così opprimente da togliermi il fiato.

Ogni giorno a ora di pranzo mi affacciavo nel corridoio per vedere se avesse ritirato il suo.

Cercavo disperatamente di essere parte della sua vita anche senza farlo in maniera esplicita.
Una sorta di angelo custode.

Ieri, per esempio, la sentii dire al cellulare che aveva bisogno di tachipirina,  probabilmente la produzione tardava a portargliele a causa della registrazione della puntata e così le appoggiai la mia confezione fuori dalla porta.

Se non potevo esserci fisicamente,  ci sarei stato emotivamente: non mi ero dimenticato le mie promesse d sempre e comunque.
Non avrei potuta lasciarla da sola, non io.

Passavo le mie giornate imprigionato in un limbo di tristezza, Sofia stava rovinando tutta la mia vita. Non riuscivo neppure più a ballare, ogni passo, ogni movimento era rallentato dal peso sullo stomaco che mi portavo dopo aver perso la sola persona che mi avesse aiutato a ritrovare la felicità.

La notte mi capitava spesso di sognarla, era così bella con l'espressione spensierata che io le avevo strappato.
Che stronzo...

Se solo avessi potuto ridarle il sorriso.
Ma era tutto troppo complicato. Era tutto troppo da sopportare per un ragazzo di soli 19 anni che dovrebbe pensare soltanto ad essere felice, a ballare, ad innamorarsi.
Avrei voluto essere così,  avrei voluto essere il Christian di qualche mese fa.

Prima che tutto  succedesse...

Il giorno delle assegnazioni, uno alla volta, dovevamo recarci in una stanza isolata al fine di prendere il materiale oggetto di studio per  coreografie ed allenamenti. 
Io sarei dovuto andare alle 15 e lei alle 14 e 45.
Dovevo stare attento a non incontrarla oppure non avrei mai retto il suo sguardo colmo di delusione e forse anche con una punta di disprezzo.

Io stesso mi stavo disprezzando per aver permesso a quella donna di rubare la mia felicità,  o meglio la nostra.

Presi le ultime cose che mi sarebbero servite e uscii dalla stanza, rigorosamente 5 minuti in ritardo così da non incontrarla.

Quei corridoi che avevamo spesso percorso assieme ora lasciavano spazio soltanto al ricordo di ciò che eravamo stati e che probabilmente saremmo potuti essere.

Se solo non fossimo stati divorati da qualcosa di più grande di me...

Quanti abbracci ci eravamo scambiati per queste scale, quanti scherzi.
Si perché con lei riuscivo a scherzare, cosa che non facevo da tempo e soprattutto non avevo mai fatto con tutti.

La selettività dei rapporti era per me fondamentale.
Non ho mai capito le persone che ridono con tutti, ridere è qualcosa di troppo intimo da condividere con chiunque.
C'è bisogno di più riservatezza per ritrovare il lato bello dei piccoli gesti. Nulla è scontato, neppure una sciocca risata.

Arrivai alla stanza e per fortuna di lei nessuna traccia, presi le assegnazioni dopo aver salutato il mio prof e mi sbrigai a tornare in camera.
Là neppure i miei scheletri nell'armadio avrebbero potuto trovarmi.
Forse...

Fu proprio davanti alla porta della stanza che mi maledissi per aver dimenticato di prendere la sola ed unica cosa di cui necessitassi veramente: le chiavi della porta.

Non avendo con me il cellulare ed essendo positivo, non potevo mica presentarmi in reception come se nulla fosse.
Non potevo farlo...
Come non potevo neppure andare dai miei altri compagni positivi, non avevo idea di quali fossero le loro stanze.

Ora due sarebbero state le soluzioni: o restare nel corridoio per il resto della mia positività oppure, beffardo destino crudele e dolce al tempo stesso, chiedere ad Antonella di utilizzare il suo cellulare per chiamare la reception.

Ok sarei restato nel corridoio per sempre.
No, non lo potevo fare...
Ero positivo porca miseria !

Presi coraggio e mi avviai verso la sua camera.
Non sarebbe stato così difficile:
" ciao Antonella, sono venuto a sfruttare il tuo cellulare perché io sono un coglione, ma questo lo sai già " Ecco cosa avrei potuto dire.

Ma la verità è che, non appena apri la porta, davanti alla sua sofferente bellezza, persi ogni capacità verbale.
Ora capisco perché mi fece girare quel famoso giorno.
Quegli occhi, come potevo parlare guardando la sofferenza spuntarle da quelle bellissime iridi ? Non potevo, ma dovevo.

" Antò posso usare il tuo cellulare per favore? Sono restato chiuso fuori casa "
Restai fermo lì,  sull'uscio della porta.
Non avevo più il permesso di entrare nella sua stanza, non avevo più neppure il permesso di entrare nel suo cuore.
Quanto mi mancava però...

La ragazza non rispose, si limitò a prendere il cellulare  e a consegnarlo nelle mie fredde e tremolante mani con espressione apatica.

Tuttavia non mi sarei mai aspettato il gesto successivo: con un movimento veloce e spietato chiuse la porta lasciandomi là. 
Solo ed inerme con in mano soltanto uno sciocco cellulare.

" cazzo non odiarmi" dissi a bassa voce sentendo le lacrime rigare le guance

Seguirono attimi di silenzio stroncati  soltanto dai mie singhiozzi.

" non odiarmi Antò " ripetevo più a me che a lei

È così strano tagliare i rapporti con qualcuno, all' inizio fa male, malissimo, ma poi inizi a non sentire più nulla eccetto che la mancanza della stessa persona e così il tuo corpo inizia a vivere solo ed esclusivamente di ricordi, in funzione di un passato che non sempre può essere recuperato.

A me stava succedendo questo.

" perché mi hai fatto questo" sentii sussurrare fra le lacrime alla donna che non avrei mai voluto diventasse " passato" , ma un costante "presente".


Strappare lungo i bordi : CHRISTIAN STEFANELLI Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora