Coglione

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POV CHRISTIAN

" Ok Christian riflettiamo" dicevo fra me e me camminando freneticamente lungo l' anticamera.

"Tornerà presto ne sono certo. Siamo in isolamento dopotutto,  dove vuoi che vada...
Non può uscire dalla struttura, sarebbe sciocco essere espulsi per una cosa così"

Ma la verità è che più volte mi ripetevo queste parole osservando l' orologio compiere giri di 360° e più esse perdevano di significato.

Più h passavano e più la mia angoscia cresceva.
Cosa poteva mai esserle successo ?

Purtroppo sapevo bene che le mie paranoie erano fondate: poteva esserle capitato qualcosa.

La disgrazia di essere simili caratterialmente, mi permetteva di prevedere le sue mosse e io, in caso fosse successo qualcosa di brutto, avrei sicuramente tagliato la corda.

Provai a contattarla ovunque, persino sui social, ma niente. Tutto calmo, di una tranquillità logorante.

Un mare piatto in cui stavo annaspando.

Non potevo chiamare la produzione,  sarebbe significato denunciare la sua scomparsa e farla espellere.

Non potevo fare questo, ma neppure volevo le accadesse qualcosa.
Che casino...

" pensa Christian, pensa..."

Nonostante provavo in tutti i modi a trovare, nelle nostre passate conversazioni, un indizio su dove potesse essere finita, i miei sforzi erano vani.

Nulla...

L'incessante rumore delle lancette che scandivano il trascorrere delle ore e dei minuti, era assordante.

Per un momento incominciai a sentire le stesse sensazioni che provavo prima di un attacco di panico. Perché si, ne avevo avuti parecchi in passato.

Non potevo controllarli, ma sapevo riconoscerli.

Quando ero più piccolo la mia vita non era stata facile.  I miei compagni di scuola non nutrivano una spiccata simpatia nei miei confronti.
Ogni volta che mi vedevano ballare mi additavano come " Christian la femminuccia ".
E probabilmente per questo motivo  non portai avanti gli studi di danza classica.

Magari la Celentano ora avrebbe un altro parere su di me. Chissà...

Chiusi gli occhi e cercai di coprirmi le orecchie con le mani: in quel silenzio utopico riuscivo ancora a sentire le loro stronzate.

" Christian dove hai lasciato il tutù"

"Christian se vuoi ti presento il tuo nuovo fidanzato"

"Spostati uomo calzamaglia"

Quelle parole facevano ancora male.

Per non parlare degli attacchi di panico che ebbi in moltissimi allenamenti.  Ero da sempre stato un buon ballerino, " buon sangue non mente" direbbe mia madre. Ma si sa, più si è bravi in qualcosa e più si è destinati a soffrire.

E a me succedeva questo ogni volta che i miei compagni boicottavano le mie esibizioni spingendomi o mandandomi fuori tempo.

Tirai le ginocchia al petto abbassandovi sopra la testa. Potevo sentire le lacrime raggiungere i miei occhi.

" piangere è da deboli" mi ripetevano sempre i miei compagni di classe, ma cosa c'è di sbagliato nell' essere deboli?
O meglio, cosa c'è di sbagliato nell' essere veri?
Si perché non ha senso mentire a noi stessi...
È inutile trattenere le lacrime quando sentiamo il bisogno di piangere. Perché reprimere la verità?

E fu così che iniziai un pianto liberatorio che durò parecchio.

Forse piansi per tutte le volte che in passato non ero riuscito a farlo.
Un pochino per paura e un po' per vergogna.

Non mi sarei mai più vergognato dei miei sentimenti.

"Amici" mi aveva cambiato da questo punto di vista: ero riuscito a ritrovare la bellezza di essere me stesso senza filtri, senza barriere di polistirolo costruite spacciandole per forti muri d'acciaio inossidabile.

Magari Antonella si era stancata di me, forse era così scocciata dalla mia presenza da prendere tutto ed andare via.

Istintivamente mi guardai intorno. Non aveva preso niente, era tutto al suo posto...

Non era scappata da me.

Le h continuavano a passare, saltai il  pranzo e non feci nessun compito poiché pervaso dall'angoscia di non rivederla mai più.

Piansi, piansi e piansi ancora.

Piansi così tanto da non notare che qualcuno stava cercando disperatamente di aprire la porta.

Per un momento mi bloccai: e se fosse stato qualcuno della produzione?
Non potevo aprire, l'avrei messa nei guai per non essere in stanza.

Fu quando però mi avvicinai alla porta che la riconobbi, sentii il suo sospiro scocciato e immediatamente spalancai la porta tirandola dentro.

"CHRISTIAN MA CHE CAZZO" disse ad alta voce poiché,  probabilmente,  spaventata dalla mia improvvisa comparsa.

La abbracciai come si abbraccia qualcosa che pensi di aver perso per sempre. La abbracciai come per distruggere i castelli mentali di paranoie che mi ero fatto per ore.

" Christian che succede? Perché sei qui?" Mi chiese confusa ancora nella morsa del mio abbraccio

Passarono alcuni minuti prima che riuscii a rispondere, avrebbe capito dalla voce che avevo pianto. Ma non mi importava, dopotutto dovevo mostrarle ogni parte di me.
Compreso il Christian paranoico e fragile.

" sono venuto da te e tu, tu non c'eri e la tua porta era aperta. Ho temuto ti fosse successo qualcosa" ammisi

" hai pianto Chri?" Mi chiese subito

"Si" dissi

Si strinse ancora di più a me cercando di rassicurarmi.

" Christian avevo l'ennesimo tampone questa mattina. Non hai letto la mail?" Cercò di spiegare

" quale mail ?" Chiesi confuso

" alcuni tamponi sono usciti alterati e ci hanno chiesto di ripeterlo. Ancora positiva. Tu lo hai domani mi sembra di aver letto"

Che stupido...

Mi ero sommerso la testa di inutili paranoie...

" ti ho mandato molti messaggi e chiamato più volte" le dissi guardandole le labbra

" ho il telefono sigillato in una bustina anti contagio" rispose ridendo

" e la porta aperta?" Chiesi in cerca di spiegazioni

"Caro Stefanelli, devi sapere che, oltre ad essere timida, sono anche una gran ritardataria e distrattona. Probabilmente nella fretta sarò scappata via senza rendermi conto di dover chiudere"

Più lei spiegava e più  sentivo dentro di me risuonare l' eco dei miei pensieri. Un eco che diceva una sola ed unica parola: COGLIONE









Strappare lungo i bordi : CHRISTIAN STEFANELLI Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora